Impronte digitali e privacy: la sentenza della CGUE

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La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJUE) nel caso C-61/22, riguardante la contestazione di un cittadino tedesco al rifiuto della città di Wiesbaden di rilasciargli una nuova carta d’identità priva delle sue impronte digitali, apre un’interessante discussione sul delicato equilibrio tra sicurezza, privacy e protezione dei dati personali.

Indice

1. Il principio di diritto stabilito dalla Corte: impronte digitali e privacy


La Corte ha dichiarato che l’inserimento obbligatorio di due impronte digitali nelle carte d’identità è compatibile con i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, sostenendo che tale misura è giustificata dalle finalità di lotta contro la fabbricazione di documenti falsi e l’usurpazione d’identità, nonché di garanzia dell’interoperabilità dei sistemi di verifica.
Questo approccio riflette una consapevolezza crescente delle sfide poste dalla criminalità e dal terrorismo moderni, evidenziando l’importanza di strumenti di identificazione affidabili per la sicurezza collettiva e la libertà di circolazione all’interno dell’UE.
Tuttavia, la sentenza rivela anche una complessità giuridica significativa, poiché il regolamento che prevede l’obbligo di inserire le impronte digitali è stato dichiarato invalido dalla Corte a causa dell’adozione su una base giuridica errata. Questo aspetto solleva questioni fondamentali sulla procedura legislativa e l’esercizio dell’autorità nell’UE, mettendo in luce la tensione tra la necessità di misure di sicurezza efficaci e il rispetto dei principi democratici e giuridici che governano l’elaborazione delle leggi a livello europeo.
Un giudizio di bilanciamento tra le due opposte esigenze si rende più che mai necessario e non è la prima volta che all’atto pratico ci si trova dinnanzi a questo dilemma (si pensi ai casi di contrasto tra diritto alla privacy ed esigenze di sicurezza nazionale che gli Stati Uniti si sono spesso trovati ad affrontare ed alle conseguenze che queste scelte hanno portato in termini di trasferimento dei dati dall’Europa oltreoceano, dopo Schrems e Schrems II).
La decisione della Corte di mantenere gli effetti del regolamento fino alla fine del 2026 offre una soluzione temporanea, consentendo al legislatore europeo il tempo necessario per adottare un nuovo regolamento sulla corretta base giuridica. Questo periodo di transizione pone però interrogativi sulla gestione dei dati raccolti sotto il regolamento attuale e sulla protezione dei diritti dei cittadini nell’interim.

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2. Considerazioni sul caso


L’importanza del caso va oltre la questione specifica delle impronte digitali nelle carte d’identità, toccando temi più ampi relativi alla governance dell’UE, alla legittimità delle sue istituzioni e procedure, e al delicato equilibrio tra sicurezza e libertà individuali. La decisione evidenzia l’importanza di basi giuridiche solide e procedure legislative appropriate per l’adozione di misure che incidono sui diritti fondamentali dei cittadini europei, sottolineando il ruolo cruciale della Corte di Giustizia nell’interpretazione e applicazione del diritto dell’UE.
Questo caso rappresenta inoltre un esempio significativo del meccanismo di rinvio pregiudiziale, che permette ai giudici degli Stati membri di interpellare la Corte di Giustizia Europea su questioni di diritto dell’Unione. Tale meccanismo è essenziale per garantire l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto dell’UE, rafforzando il principio di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione.
In conclusione, la sentenza nel caso C-61/22 solleva questioni cruciali riguardanti la protezione dei dati personali, i diritti alla privacy, la sicurezza, e la procedura legislativa nell’Unione Europea. Essa riflette la continua tensione tra la necessità di misure di sicurezza efficaci e il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi democratici.
Mentre l’UE si muove verso l’adozione di un nuovo regolamento, sarà fondamentale trovare un equilibrio che rispetti sia la sicurezza collettiva sia i diritti individuali, nel contesto di un processo legislativo legittimo e trasparente.

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Avv. Luisa Di Giacomo

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