Il reato di autoriciclaggio può ritenersi configurabile anche quando il delitto presupposto sia stato commesso prima dell’entrata in vigore dell’art. 648 ter.1 c.p.

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Commento a Cass. pen., sez. II penale, sentenza ud. 15 dicembre 2015 (dep. 27 gennaio 2016), n. 3691, Pres. M. Gentile, Giud. estens. L. Imperiali.

La sentenza qui in commento rappresenta una delle prime decisioni con cui la Cassazione ha trattato il reato di autoriciclaggio ossia una figura delittuosa che, come è noto, preveduta dal’art. 648 ter.1 c.p., è stata recentemente introdotta nel nostro ordinamento giuridico per effetto dell’art. 3, comma III, della legge, 15.12.2014 n° 186[1].

In particolare, il tema giuridico, trattato nella pronuncia in argomento, è se il delitto di autoriciclaggio sia configurabile anche qualora quello presupposto sia stato commesso prima dell’entrata in vigore di questa normativa.

Ebbene, focalizzando l’analisi di questo commento proprio su questo precipuo aspetto giuridico, si osserva come il Supremo Consesso, nella pronuncia in commento, abbia ritenuto ciò possibile sulla scorta del seguente iter argomentativo.

Nel dettaglio, i giudici di legittimità ordinaria hanno ritenuto irrilevante la “realizzazione, in epoca antecedente l’entrata in vigore di tale normativa, delle condotte di cui all’art. 4 D. Lgs. 74/2000 assunte ad ipotesi di reato presupposto” dato che, per un verso, quello presupposto, “in epoca antecedente l’entrata in vigore della I. 15/12/2014 n. 186, (…) comunque (…) era già previsto come tale dalla legge”, per altro verso, “l’elemento materiale del reato di cui all’art. 648 ter risulta posto in essere (…) successivamente all’introduzione della predetta normativa”.

Orbene, tale approdo argomentativo si stima condivisibile per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, si osserva che già nel passato, per il delitto di ricettazione (ossia un illecito penale similare a quello in commento trattandosi anch’esso di un delitto contro il patrimonio mediante frode), venne parimenti rilevato in sede nomofilattica che, proprio sul piano delle successioni di leggi penali(art. 2 c.p.), la rilevanza del fatto “deve essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui è intervenuta la condotta tipica di ricezione della cosa o di intromissione affinché altri la ricevano[2].

           In particolare, sempre secondo la giurisprudenza, seppur di merito (o quanto meno una parte di essa), nel formularsi la stessa valutazione giuridica appena menzionata, venne altresì fatto presente, una volta rilevato che l’ “elemento oggettivo del reato (di ricettazione ndr.) è dato dalla condotta consistente nel ricevere la cosa di provenienza delittuosa[3], come il momento consumativo fosse configurabile “non appena l’agente abbia conseguito in qualsiasi modo il possesso materiale della cosa proveniente dal delitto principale[4].

Va da sé dunque che, anche sotto questo versante giuridico, gli ermellini, nella decisione in argomento, siano giunti alla medesima conclusione giuridica facendo in egual misura coincidere il momento consumativo con il compimento di una delle condotte materiali prevista dall’art. 648 ter.1 c.p..

In secondo luogo, a sostegno di questa tesi giuridica, milita quell’orientamento nomofilattico, formatosi dopo la modifica dell’art. 648 bis c.p. avvenuta per effetto della legge, 9 agosto 1993, n. 328, con cui è stato asserito che, allorquando costituisca oggetto di imputazione una condotta continuata consumatasi a cavallo dell’entrata in vigore della legge 9 agosto 1993, n. 328 (ossia quella che, come appena esposto, ha introdotto l’attuale versione vigente del delitto di riciclaggio), «non rileva se parte dell’oggetto materiale dell’attività di sostituzione sia pervenuto nella disponibilità del reo anteriormente alla novella legislativa e provenisse da reati diversi da quelli all’epoca espressamente previsti in via esclusiva (rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione e produzione o traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope), ciò in quanto, ai fini dell’individuazione della norma da applicare, occorre avere riguardo al momento perfezionativo della fattispecie, che si ha non già nella fase della ricezione del provento delittuoso, ma nel momento in cui i beni vengono effettivamente sostituiti»[5].

E’ evidente, argomentando a simili, che lo stesso principio di diritto dovrebbe valere anche nel caso di specie visto che l’unica differenza, tra il delitto di riciclaggio e autoriciclaggio al di là del richiamo in quest’ultimo anche alla condotta consistente nell’impiegare il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto(art. 648 ter.1, co. 1, c.p.), riguarda il fatto che, se nel riciclaggio il soggetto agente non commette o non concorre a commettere il delitto presupposto, viceversa, in quello di autoriciclaggio, ciò è richiesto espressamente dall’art. 648 ter.1 c.p..

Del resto, ad avviso di chi scrive, il fatto che nel delitto di autoriciclaggio è necessario che l’autoriciclatore deve essere anche colui che ha commesso il delitto presupposto, non vale a determinare un reato connotato da due condotte materiali (ossia una consistente nella commissione della condotta richiesta per la commissione del delitto fonte e l’altra consistente nella commissione di una delle condotte richieste per la commissione del delitto di autoriciclaggio) quanto piuttosto a qualificare il delitto di autoriciclaggio come reato proprio e non comune[6].

Difatti, essendo l’illecito penale in esame essere commesso non da chiunque ma solo da chi ha commesso o ha concorso a commettere un delitto non colposo i cui proventi criminali sono stati successivamente autoriciclati, ne discende che detto reato, ad avviso di chi scrive, sia annoverabile tra quelli propri, e segnatamente tra quelli propri non esclusivi.

Se però il delitto fonte si contraddistingue solo per qualificare il delitto di autoriciclaggio come reato proprio, ne deriva, come principale conseguenza, che il primo rileva unicamente per detto fine non incidendo in alcun modo sulla configurazione del secondo che potrà quindi ritenersi consumato solo nel momento in cui una, tra le condotte previste dall’art. 648 ter.1 c.p., verrà posta in essere.

Ragionare in diverso modo, a opinione dello scrivente, difatti, dovrebbe comportare delle considerazioni giuridiche difficilmente giustificabili sul piano logico – sistematico.

Ad esempio, nell’esaminare i reati propri quali previsti nel nostro ordinamento, ove si dovesse seguire la tesi ermeneutica secondo cui il delitto di autoriciclaggio si dovrebbe stimare consumato solo a partire dal momento in cui viene posta in essere una delle condotte inerente il delitto fonte, questa, proprio per esigenze di coerenza e unitarietà sistematica, dovrebbe valere anche per gli altri reati annoverabili tra quelli propri.

Se però si ragionasse in questo modo, ciò vorrebbe però significare che, ad esempio, per il delitto di peculato, tale illecito penale dovrebbe stimarsi consumato, non nel momento in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio si sia appropriato di una cosa che costui aveva in possesso per ragioni d’ufficio o servizio, ma in quella in cui l’autore del reato abbia assunto la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio.

Una ipotesi giuridica di questo genere, tuttavia, verrebbe a determinare un’anticipazione della configurabilità di questo illecito penale del tutto slegata da quanto invece stabilito dall’art. 314 c.p. il quale, come è risaputo, invece, si limita a richiamare soltanto il compimento della condotta appropriativa a partire della quale si verifica un interversio possessionis.

 Invece, l’assunzione della qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dovrebbe rappresentare piuttosto la condizione che legittima la commissione del reato in questione anzichè una delle modalità delittuose attraverso cui si configura questo illecito penale.

Pertanto, anche nel caso di specie, sarebbe difficilmente giustificabile, proprio sul piano logico – sistematico, anticipare la consumazione del reato di autoriciclaggio nel momento in cui viene commesso il delitto fonte il quale, anche in questo caso, sembra rappresentare piuttosto la condizione attraverso la quale si realizza questa figura delittuosa (senza il delitto fonte, difatti, non vi sarebbe un provento criminoso da autoriciclare), quanto piuttosto un modo attraverso il quale si incomincia a configurare il reato di cui all’art. 648 ter.1 c.p..

D’altronde, la stessa Cassazione, nella pronuncia in commento, ha evidenziato un’autonomia strutturale del reato presupposto rispetto a quello di autoriciclaggio in quanto, sottolineando come il primo fosse già previsto dalla legge come reato anche prima che venisse introdotta questa nuova figura delittuosa, non ha potuto non rimarcare, seppure implicitamente, una indipendenza concettuale e giuridica della prima figura delittuosa rispetto alla seconda.

Da ultimo, la tesi ermeneutica sostenuta in questa pronuncia sembra rispondere alla finalità che contraddistingue la norma in commento.

Difatti, posto che, come è emerso in sede di lavori preparatori, la «vera finalità sottesa all’introduzione del reato di autoriciclaggio sarebbe, pertanto, non quella di punire il mero “lavaggio” di denaro, quanto piuttosto l’inquinamento del sistema economico, imprenditoriale e finanziario attraverso l’utilizzo di denaro o beni di provenienza delittuosa»[7], va da sé che la condotta da tenersi in considerazione, affinchè il delitto di autoriciclaggio possa ritenersi effettivamente configurabile, non  può che essere quella a partire della quale si vengano a realizzare le condizioni perché questo inquinamento si verifichi.

Invero, nel momento in cui viene commesso il delitto presupposto, non potendosi stabilire a priori se, dal compimento di questo illecito penale, possa effettivamente conseguire un inquinamento del sistema economico, imprenditoriale e finanziario,  non può ritenersi la mera commissione di questo sufficiente per ritenere che tutti i bene giuridici protetti dall’art. 648 ter.1 c.p. siano davvero messi in pericolo.

Tra l’altro, se è vero che, con detta norma incriminatrice, si vuole tutelare il “patrimonio della vittima del reato presupposto” [8], è altrettanto vero che, sempre con questa disposizione legislativa, si vuole altresì proteggere “l’economia pubblica nel suo insieme[9] ossia di un bene che potrà ritenersi leso solo nella momento in cui i proventi criminosi vengano autoriciclati.

Tal che, anche sotto il profilo teleologico, non avrebbe senso, sotto il profilo del diritto intertemporale, fare riferimento alla commissione del delitto presupposto proprio perché, dopo il compimento e prima che venga commessa una delle condotte materiali previste dall’art. 648 ter.1 c.p., l’economia pubblica (nel suo insieme) non può ancora ritenersi messa in pericolo.

Di conseguenza, la sentenza in esame è perfettamente condivisibile in quanto consona: a)  al quadro ermeneutico già elaborato in riferimento a norme incriminatrici analoghe in materia di diritto intertemporale; b) alla struttura di questo nuovo delitto contro il patrimonio specie in ordine all’effettivo rapporto giuridico che dovrebbe intercorrere tra il delitto presupposto e quello di autoriciclaggio; c)  alla natura plurioffensiva che connota la norma incriminatrice di cui all’art. 648 ter.1 c.p. (con particolar riguardo al bene giuridico consistente nell’economia pubblica complessivamente considerata).

 


[1]Sull’argomento, vedasi: G. GAMBOGI, Riciclaggio e autoriciclaggio, Milano, Giuffrè editore, 2015; M. PIAZZA, C. GARBARINO, Voluntary disclosure e autoriciclaggio, Milano, Ipsoa editore, 2015; A. ARROTINO, Dal riciclaggio all’autoriciclaggio. Le scelte del legislatore, Frosinone, Key editore, 2015; A. DI TULLIO D’ELISIIS, Autoriciclaggio, Applicazioni e strategie difensive, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli Editore, 2015.

[2]Cass. pen., sez. II, sentenza ud. 2 ottobre 2007 (dep. 4 dicembre 2007), n. 45200, in Guida al diritto, 2008, 4, 89. 

[3]Trib. Napoli,  sentenza ud. 7 ottobre 2010 (dep. 15 ottobre 2010), n. 12334, in Redazione Giuffrè, 2010.

[4]Ibidem.

[5]Cass. pen., sez. II, sentenza ud. 28 settembre 2011 (dep. 13 ottobre 2011), n. 36913, in Diritto e Giustizia online, 2011, 15 ottobre.

[6]A favore della configurazione del delitto di autoriciclaggio come reato proprio: F. MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di riciclaggio, in www.dirittopenalecontemporaneo.it; per una posizione di “prevalenza” verso la tesi secondo cui il delitto di autoriciclaggio sarebbe configurabile come reato comune: G. GAMBOGI, Autoriciclaggio e reati fiscali: un rapporto tutt’altro che semplice, in Diritto & Giustizia, 21 maggio 2015.

[7]Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Brevi osservazioni sulle disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di auto riciclaggio (S. 1642), rese in occasione della seduta tenutosi presso le Commissioni riunite 2^ e 6^ (Giustizia e Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica il 20/11/2014, in www.senato.it.

[8]Intervento On. Sen. V. M. D. D’Ascola, seduta n. 365 del 4 dicembre 2014 del Senato della Repubblica, in www.senato.it.

[9]Ibidem.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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