Il provvedimento finale non può essere basato su ragioni nuove o diverse rispetto a quelle esplicitate nell’avviso ex art. 10 bis L.n.241/90

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La  seguente decisione , in applicazione dei principi della correttezza del contraddittorio procedimentale e della tutela dell’affidamento, afferma che il provvedimento finale non può essere emanato su motivazioni diverse da quelle già esternate in sede di preavviso di diniego, previsto dall’art.10 bis della L.n.241/90.

Il caso  esaminato dalla sentenza  riguarda  l’impugnazione del diniego di concessione  di una quinta proroga del termine di conclusione dei lavori edili, assentiti con permesso di costruire , proroga richiesta a causa del protrarsi di un contenzioso civile collegato, attivato dall’impresa costruttrice nei confronti della titolare del titolo abilitativo a costruire.

L’ulteriore dilazione del termine per la conclusione dei lavori assentiti era stata chiesta dalla ricorrente a seguito della persistente pendenza del contenzioso civile , implicante lo svolgimento di indagini peritali complesse.

Tale ragione, secondo costante giurisprudenza, può integrare un causa di “forza maggiore”, indipendente, quindi, dalla volontà del titolare del permesso a  costruire, nonché idonea a legittimare la proroga in questione ai sensi dell’art.15 D.P.R. n.380/2001 . [Avv. ************]

 

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-Sezione Staccata di Salerno (Sezione Prima);Presidente *************; Estensore Consigliere **************.

SENTENZA  n°107 del 14 gennaio 2014

sul ricorso proposto da:
****, rappresentata e difesa dagli Avv. ti  ***;

contro

Comune di Battipaglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. ***;

per l’annullamento

del provvedimento di diniego n. 29/2011 del 20 ottobre 2011, adottato dai Responsabile A. P. O. – Servizio Edilizia Privata, notificato il 24 ottobre 2011, con il quale viene rigettata l’istanza di proroga del termine di ultimazione dei lavori relativo al permesso a costruire n. 25/2004, e di ogni atto antecedente, preordinato, connesso e consequenziale al suddetto provvedimento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Battipaglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il dott. **************;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente, proprietaria di un appezzamento di terreno in Battipaglia (SA), alla località ***** d’Amore, riportato nel N. C. T. di quel Comune, ricompreso in zona omogenea “E” del vigente P. R. G., rappresentava che, con concessione edilizia, prot. n. 57/00, e successiva variante, n. 69/01, rinnovata con permesso a costruire n. 25/2004, il Comune di Battipaglia aveva assentito la realizzazione, nell’ambito della predetta area, di un fabbricato rurale con struttura di conglomerato cementizio armato, composto di un piano interrato, di due piani fuori terra e di un terrazzo di copertura; che, in occasione del rilascio dei predetti titoli, aveva puntualmente provveduto al pagamento di tutte le somme dovute, a titolo di oneri di urbanizzazione; che i lavori erano stati affidati all’impresa ***, per il corrispettivo di £. 110.000.000 ed erano iniziati nel luglio 2001; che, subito dopo l’inizio degli stessi, aveva presentato un’ulteriore variante in corso d’opera, assentita dal responsabile del settore urbanistico del Comune di Battipaglia, con provvedimento n. 242/01 del 26/11/2001; ma che tuttavia, nel febbraio 2002, allorché la struttura in rustico del fabbricato era stata in gran parte realizzata, ad eccezione della copertura, s’era resa conto che l’esecuzione dei lavori, come appaltati all’impresa edile di cui sopra, presentava gravi difformità rispetto al progetto approvato e pertanto, contestati tempestivamente i vizi e le difformità, li aveva immediatamente sospesi; che, non riuscendo ad addivenire ad una composizione amichevole con l’impresa esecutrice, era stato dapprima esperito un accertamento tecnico preventivo, innanzi al Tribunale di Salerno, recante n. 1410 R. G. 2002, da cui s’era poi originato un ordinario giudizio di cognizione; d’essere stata quindi evocata in giudizio dall’impresa esecutrice, innanzi al Tribunale di Salerno, Sez. distaccata di Eboli, nel processo n.*****, tuttora pendente, in cui l’attore aveva chiesto la condanna al pagamento delle opere, asseritamente eseguite, anche in aggiunta rispetto a quelle contrattualmente previste; che, costituitasi in giudizio, aveva contestato la domanda avversa e, in via riconvenzionale, chiesto la risoluzione del contratto, per grave inadempimento dell’appaltatore, lamentando l’esecuzione difforme dal progetto e comunque vizi costruttivi, anche di carattere strutturale, con conseguente condanna al risarcimento dei danni; che, al fine d’assicurare la prova dei fatti, prima dell’accertamento da parte dell’ausiliario del Giudice, aveva sospeso i lavori, onde consentire la verifica, in sede giudiziale, dei vizi e delle difformità, anche strutturali, denunciati; che il Tribunale adito aveva disposto, all’udienza del 15/02/2006, una consulenza tecnica d’ufficio, per accertare, descrivere e quantificare i vizi e le difformità dell’opera, nominando quale ******** l’ing. ***, il quale in data 16/11/2007 aveva depositato la relazione tecnica, accertando l’esistenza di vizi e difformità e segnalando, d’altra parte, l’opportunità di eseguire ulteriori verifiche; che, in particolare, le anomalie riscontrate avevano indotto l’ausiliario del giudice a formulare riserve, sull’effettivo grado di sicurezza dell’opera, che andavano “doverosamente sciolte attraverso quindi ulteriori indagini da effettuarsi a campione mediante indagini strumentali (es. prove pacometriche) e/o saggi in sito per verificare la lunghezza dei ferri di ripresa dei pilastri del primo e secondo livello con metodologia da concordarsi con le parti in lite”; che, con ordinanza del 1/12/2008, il Giudice aveva affidato pertanto allo stesso consulente tecnico d’ufficio, un incarico suppletivo: “Ritenuto di accedere esclusivamente alla richiesta di indagini strumentali come sollecitate da parte convenuta in ordine ai danni eventuali indicati alla lett. D) (…) (con riferimento all’ipotesi di cui al n. 2 della medesima pagina ossia insufficienza lunghezza dei ferri di attesa nel pilastri del 1° e 2° ordine) avendo cura di verificare siti a campione, tenendo conto anche delle indicazioni delle parti e verificando il grado di sicurezza e stabilità del fabbricato”; ed aveva fissato l’udienza del 12/03/2009, per la convocazione del ********; che la relazione tecnica suppletiva era stata depositata, all’udienza del 30/10/2010, ma che era sorta l’esigenza, da parte sua, di chiedere ulteriori chiarimenti al C. T. U.; tanto premesso, lamentava che, con il provvedimento impugnato, il Comune di Battipaglia – Settore Programmazione e Governo del Territorio – aveva negato la proroga del termine di ultimazione di legge, in relazione all’art. 15 d. P. R. 380/2001 ed all’art. 4, comma 4, legge 28 gennaio 1977 n. 10; Violazione del principio del legittimo affidamento: la norma rubricata recita: “Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico – costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”; in base a tale norma non poteva essere opposto il decorso del termine decadenziale, a chi non poteva continuare l’edificazione, per un fatto sopravvenuto estraneo alla sua volontà, che, nella specie, era costituito dal divieto di immutazione dello stato dei luoghi, in fase di accertamento giudiziale (per di più subito dalla ricorrente, convenuta in sede civile); la pendenza di un procedimento giurisdizionale e la necessità di esperire una consulenza tecnica d’ufficio rappresentavano delle vere e proprie “cause di forza maggiore”, tanto più che al c. t. u. era stato affidato un incarico suppletivo, allo scopo di verificare lo stesso grado di sicurezza e stabilità del fabbricato; e le ben quattro proroghe concesse dalla P. A. (richiamate, del resto, nei motivi ostativi del 19/04/2011), assumevano, ad avviso della ricorrente, la valenza di un esplicito riconoscimento dell’esistenza delle predette cause di forza maggiore, ovvero dell’esistenza di una controversia giudiziaria in atto, involgente complesse e delicate indagini, anche strutturali, sul fabbricato de quo; ed avevano in ogni caso generato, nell’istante, un legittimo e ben fondato affidamento, circa il rilascio della proroga, non essendo del resto neppure mutate le previsioni urbanistiche, vigenti all’atto del permesso a costruire (modifica che avrebbe potuto, eventualmente, giustificare l’opposto diniego).

Si costituiva in giudizio il Comune di Battipaglia, difendendo la legittimità del provvedimento gravato.

Seguiva la produzione di memoria, in cui la ricorrente riepilogava e precisava le censure, espresse nell’atto introduttivo del giudizio.

Alla pubblica udienza del 5.12.2013, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Anzitutto, viene in rilievo la dedotta contraddittorietà della motivazione, espressa nel diniego gravato, rispetto alla comunicazione dei motivi ostativi, ex art. 10 bis l. 241/90.

Mentre quest’ultima prefigurava, infatti, l’opposto diniego, motivandolo in base alla concessione di altre quattro precedenti proroghe, per un totale di mesi 48, a causa del contenzioso civile di cui in narrativa, nel provvedimento finale detta ragione si scolorava, emergendo piuttosto, come diversa giustificazione dell’atto, la circostanza “che le motivazioni poste a base dell’istanza formulata attengono a vicende di natura privatistica ed a fatti non estranei alla volontà del titolare del permesso, indipendenti dalla mole dell’opera da realizzare o dalle sue particolari caratteristiche tecnico – costruttive”.

Orbene, onde non privare il preavviso di diniego d’ogni utilità, ai fini dell’instaurazione di un corretto contraddittorio procedimentale, occorre, com’è noto, che nell’atto finale non vengano poste in risalto ragioni nuove o diverse rispetto a quelle, esplicitate nell’avviso ex art. 10 bis l. 241/90.

Tra l’altro, detto ultimo atto, oltre ad essere, giusta quanto appena rilevato, in parte divergente dal provvedimento conclusivo del procedimento, si palesava insufficiente a disvelare le reali ragioni che avevano orientato il Comune nel senso di respingere la richiesta d’ulteriore proroga del permesso di costruire in oggetto, restando la motivazione, in pratica, affidata alla seguente criptica locuzione: “Considerato che è stata concessa più volte la proroga per la chiusura dei lavori, <questo Ufficio ritiene che non sussistano più le condizioni per il rilascio di una ulteriore proroga>.

In disparte tali profili formali, e trascorrendo al merito della questione, il provvedimento finale appare viziato sia dall’omessa considerazione delle ragioni, che si ponevano in concreto come ostative della conclusione dei lavori nei termini già prorogati, sia da una vistosa violazione del principio dell’affidamento.

Il capoverso dell’art. 15 del D. P. R. 380/01 stabilisce: “Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico – costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”.

Nella specie, l’ulteriore dilazione del termine per la conclusione dei lavori assentiti, da parte della ricorrente, è stata chiesta, in data 11.03.2011, a cagione della persistente pendenza del contenzioso civile descritto in narrativa, implicante lo svolgimento di indagini peritali complesse, la quale ragione ben può, secondo la giurisprudenza, integrare un causa di “forza maggiore”, indipendente, quindi, dalla volontà del titolare del titolo, nonché idonea a legittimare la proroga in questione (“Un contenzioso giudiziario riguardante il terreno oggetto di concessione edilizia può costituire causa di forza maggiore, che dà titolo alla proroga del termine per l’ultimazione dei lavori” – Consiglio di Stato – Sez. V, 13/05/1996, n. 535; con specifico riferimento alla disposizione del T. U. sull’Edilizia, sopra rportate, cfr. anche la seguente ulteriore massima: “Ordinariamente la decadenza disciplinata dall’art. 15, d. P. R. n. 380 del 2001 consegue all’inerzia dell’interessato; tuttavia questa deve essere esclusa se venga rappresentata la sussistenza di fatti sopravvenuti che possono legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi dell’art. 15 comma 2, d. P. R. n. 380 del 2001, e queste siano oggetto di valutazione e verifica in sede amministrativa. Tale situazione deve poi essere considerata in modo del tutto peculiare quando si tratti di ragioni di vera e propria “forza maggiore”, come nel caso di procedimento giurisdizionale. In tale prospettiva, la natura forzosamente estranea alla sfera del controllo del titolare del titolo abilitativo a costruire fa ritenere che il termine per l’ultimazione delle opere sia senz’altro da considerarsi sospeso a far tempo dal primo provvedimento giurisdizionale” – T. A. R. Lazio – Roma – Sez. II, 7/06/2010, n. 15939).

Si consideri, per di più, che le problematiche insorte nel corso dell’esecuzione dei lavori, quali emergono dalla narrativa che precede, con la necessità, emersa in corso di causa innanzi al G. O., di verificare lo stesso grado di sicurezza e stabilità del fabbricato, ben possono rientrare, ad avviso del Tribunale, nella nozione di “particolari caratteristiche tecnico – costruttive dell’opera”, le quali possono giustificare, ai sensi dell’ultimo alinea della disposizione di legge in commento, la protrazione dei termini, per il suo completamento (cfr. anche, in giurisprudenza, la seguente decisione: “I problemi insorti nel corso dell’esecuzione dei lavori già in precedenza assentiti possono integrare i presupposti della forza maggiore, sulla scorta della quale fondare il rilascio della proroga della concessione edilizia” – T. A. R. Liguria – Sez. I, 3/04/2003, n. 451).

Insomma, le suddette ragioni, espresse nell’istanza dell’11.03.2011, non si prestavano ad essere semplicisticamente liquidate come “di natura privatistica” (che, anzi, si legavano ad una vicenda eminentemente pubblicistica, quale la pendenza del riferito contenzioso civile), ovvero ad essere ritenute dipendenti da “fatti non estranei alla volontà del titolare del permesso” (espressione ambigua, perché se è ovviamente vero che la decisione di resistere in giudizio non è indipendente dalla volontà del convenuto, pur tuttavia la stessa rappresenta la manifestazione dell’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, dalla quale non possono quindi farsi discendere le conseguenze pregiudizievoli, legate alla mancata proroga del p. di c. in oggetto).

Né tali conclusioni possono essere revocate in dubbio, in virtù della considerazione, espressa nella memoria difensiva dell’ente, secondo la quale il c. t. u., nominato in sede civile, aveva ormai rassegnato la propria relazione conclusiva, e pertanto non vi sarebbe stato più spazio per ulteriori dilazioni: riguardo a tale profilo, la ricorrente ha evidenziato, in maniera pertinente, come comunque residuasse la necessità di convocare il consulente tecnico d’ufficio a chiarimenti, e come in ogni caso il tempo residuo di cinque mesi non sarebbe stato sufficiente a consentire il completamento dell’opera, nei termini già prorogati.

Riguardo, poi, alle precedenti proroghe, concesse dal Comune in favore della ricorrente, le stesse hanno indubbiamente creato, nella medesima, un legittimo e fondato affidamento a che altre istanze del medesimo tenore, a strumentazione urbanistica invariata, ben potessero, ed anzi dovessero, essere accolte, onde, anche sotto questo ulteriore aspetto, non si giustifica l’inedito ed inopinato “revirement” dell’Amministrazione Comunale, nella valutazione dell’ennesima domanda di tal genere.

In conclusione, il ricorso va accolto, con annullamento dell’impugnato diniego.

Sussistono peraltro, per la peculiarità della fattispecie, eccezionali ragioni per compensare integralmente, tra le parti, le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di diniego impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Avv. Iride Pagano

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