Il prospective overruling e i procedimenti in itinere

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Consiglio di Stato, 6 sez., Pres. Lageder, Est. Caputo, sentenza 3.12.2018, n. 6858

Le pronunce dell’Adunanza Plenaria, specialmente nel caso in cui la stessa enunci un principio di diritto, hanno natura essenzialmente interpretativa e, analogamente alle sentenze di annullamento e a quelle di incostituzionalità, hanno efficacia nei giudizi in corso.

Certezza del diritto

In taluni casi tuttavia, la medesima esigenza di certezza del diritto che muove all’enunciazione del principio può indurre l’Adunanza Plenaria a stabilire che la propria decisione produca effetti unicamente pro futuro, escludendone la retroattività mediante il ricorso al c.d. prospective overruling, istituto frutto di una elaborazione del diritto nordamericano degli anni trenta proprio per mitigare gli effetti della naturale retroattività̀ dei revirement delle corti supreme.

A far data da Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2011 n. 15144 (e numerose altre successive, tra cui 21 maggio 2015, n. 10453; 17 dicembre 2014, n. 26541; 4 giugno 2014, n. 12521, 13 febbraio 2014, n. 3308 e, da ultimo, Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2017, n. 21194) si è costantemente affermato che, per configurare il c.d. prospective overruling, sia necessaria la concomitante presenza dei seguenti tre presupposti: 1) l’esegesi deve incidere su una regola del processo; 2) l’esegesi deve essere imprevedibile ovvero seguire ad altra consolidata nel tempo tale da considerarsi diritto vivente e quindi da indurre un ragionevole affidamento; 3) l’innovazione comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa. Tale impostazione è stata pedissequamente seguita anche dal giudice amministrativo (Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9 e Cons. Stato, sez. III, ordinanza 7 novembre 2017, n. 5138).

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Prospective overruling

La Plenaria n. 13/17 ha ritenuto tuttavia di estendere la portata del prospective overrulling ad una decadenza procedimentale dell’Amministrazione (decadenza delle misure cautelari di salvaguardia). L’identità con la ratio sottesa alla decadenza processuale e l’inderogabile necessità di tutelare un valore costituzionale, qual è il paesaggio, inducono a ritenere che le Soprintendenze possano legittimamente concludere nel termine di legge di 180 gg. (decorrente dalla pubblicazione della sentenza della Plenaria) i procedimenti di vincolo avviati prima dei correttivi al codice dei beni culturali e mai conclusi, con salvezza delle misure di salvaguardia.

Diversamente, i procedimenti in itinere sarebbero irrimediabilmente travolti dall’effetto retroattivo della pronuncia che ne ha accertato la cessazione. L’istituto del prospective overruling opera quindi in ordine alle norme sul procedimento (Ad.Plen.1/18), perché anche nell’ambito del procedimento amministrativo (nel caso in esame, di conclusione del procedimento di vincolo), come in ambito processuale, la modifica del precedente orientamento non può che comportare che la parte (nella specie, l’Amministrazione) incorra in decadenze fino allora non prevedibili. Nondimeno, nella prospettiva di garantire sia il principio di effettività che quello del giusto processo di cui agli artt. 1 e 2 cod. proc. amm., l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo dovrà considerare la scansione cronologica del procedimento impositivo del vincolo protrattosi in un lasso di tempo tale da consolidare l’affidamento della ricorrente nell’esecuzione dell’opera progettata.

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Il provvedimento in calce

Pubblicato il 03/12/2018
N. 06858/2018REG.PROV.COLL.
N. 07787/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7787 del 2018, proposto da
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
***, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Popolo n. 18;
Comune di Isernia, Regione Molise, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), n. 117/2018, resa tra le parti e concernente: diniego di autorizzazione paesaggistica;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di *** S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello e l’avvocato Salvatore Di Pardo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del T.A.R. Molise, n. 117/2018, d’accoglimento del ricorso proposto dalla *** Srl avverso il provvedimento (prot. 00013547 del 17 marzo 2014) di rigetto della richiesta di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 142/2004.
Impugnazione estesa all’allegato parere negativo vincolante della Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici del Molise MBAC- SBAP- MOL UAMB 0006143 del 5 marzo 2014 C1. 34.19.07/1.851, e al preavviso di provvedimento negativo della Soprintendenza e ogni ulteriore atto preordinato consequenziale e/o comunque connesso.
2. Nell’atto introduttivo la ricorrente ha premesso che:
– in data 22 novembre 2013, la società *** presentava al Comune di Isernia una SCIA, prot.n. 30369 avente ad oggetto la demolizione dell’immobile sito in via Leopardi nella zona di P.R.G. B73.2 (zone residenziali consolidate) e la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione;
– il Comune di Isernia trasmetteva l’istanza alla Regione per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sul presupposto dell’insistenza dell’immobile in un’area paesaggisticamente vincolata;
– con provvedimento n. 0037328/13 del 19 dicembre 2013, il Direttore del Servizio Pianificazione e Gestione territoriale e Paesistica (Gestione paesaggio Zona di Isernia) comunicava alla *** che la Commissione Regionale per il Paesaggio aveva espresso parere favorevole all’intervento e contestualmente aveva trasmesso alla Soprintendenza per i beni Architettonici e paesaggistici del Molise l’istanza di autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004 e la relativa documentazione.
– la Soprintendenza con nota n. 0006143 del 5 marzo 2014 C1. 34.19.07/1.851 esprimeva parere negativo vincolante recepito dalla Regione con provvedimento n. 00013547 del 17 marzo 2014, in quanto “il territorio del Comune di Isernia è sottoposto a tutela paesaggistica ai sensi dell’art 157 d.lgs. 42/2004 con proposta di vincolo, affissa all’Albo Pretorio del Comune di Isernia dal 15 aprile 2003 al 15 luglio 2003”.
3. Con ricorso n. 214 del 2014 proposto innanza al TAR Molise la *** chiedeva l’annullamento, previa sospensione cautelare, dei predetti provvedimenti, nonché l’accertamento e la declaratoria della nullità ed inefficacia “del vincolo paesaggistico derivante dalla proposta di dichiarazione di notevole interesse dell’intero territorio di Isernia presentata dalla Soprintendenza e pubblicata all’Albo Pretorio del Comune di Isernia dal 15 aprile 2003 al 15 luglio 2003”.
3.1. Nelle more del giudizio, il Comune di Isernia comunicava alla ricorrente il provvedimento n. 12919 prot. 30369/3661- s.c.i.a. a firma del Dirigente del Servizio Edilizia Privata dello sportello unico per l’Edilizia del Comune di Isernia, recante l’inibizione della SCIA.
3.2. La *** srl impugnava con motivi aggiunti il predetto provvedimento.
3.3. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali si costituiva in giudizio e ribadiva la legittimità del suo operato.
3.4. Con ordinanza n. 71 del 2014 il TAR Molise respingeva la domanda cautelare.
4. Con la sentenza appellata n. 117/2018, il TAR Molise accoglieva il ricorso nel merito ponendo a fondamento della propria decisione il principio espresso dalla Adunanza Plenaria n.13 del 2017, secondo cui “Il combinato disposto – nell’ordine logico – dell’art. 157, comma 2, dell’art. 141, comma 5, dell’art. 140, comma 1 e dell’art. 139, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo – come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 – cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni”.
4.1. Principio che – precisavano i giudici di prime cure – sarebbe applicabile al caso di specie avente ad oggetto un procedimento iniziato con una proposta risalente ad 11 anni prima rispetto al diniego impugnato e mai concluso; sicché alla data di presentazione della richiesta l’autorizzazione paesaggistica il vincolo preliminare risultava ormai decaduto ed il bene immobile oggetto dell’intervento non più soggetto alla disciplina di tutela ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004.
4.2. Nondimeno il TAR si discostava dall’Adunanza Plenaria, laddove la pronuncia circoscriveva pro futuro l’operatività degli effetti del decisum: aderendo a tale impostazione, la proposta di vincolo relativa al Comune di Isernia avrebbe dovuto ritenersi assistita dalla perdurante efficacia del vincolo preliminare e quindi soggetta al potere di autorizzazione ai sensi dell’art 146 d.lgs. n. 42/2004 sino al 22 giugno 2018.
4.4. Il giudice di primo grado argomentava che “la limitazione pro futuro degli effetti della sentenza interpretativa dell’Adunanza Plenaria equivale alla creazione di una norma transitoria, in funzione para-normativa che non può vincolare il giudice di primo grado, in quanto recessiva rispetto al principio costituzionale di soggezione del giudice soltanto alla legge ex art 101 Cost.”, e ritenendo insussistenti nel caso de quo i presupposti elaborati dalla giurisprudenza ai fini della configurabilità del c.d. prospective overruling poiché “l’esegesi non incide su norma processuale ma su una sostanziale disciplina del procedimento amministrativo; l’innovazione non comporta effetti preclusivi del diritto di azione o di difesa; non si era formato un diritto vivente sul punto controverso (tanto che era stato necessario rimettere la questione alla Plenaria proprio per la presenza di un contrasto di giurisprudenza maturato in seno al Consiglio di Stato)”.
5. Avverso la suddetta sentenza propone appello il Ministero dei beni delle Attività culturali e del Turismo con ricorso n. 7778/2017 instando, previa sospensione dell’esecutività della sentenza gravemente compromissoria della tutela paesaggistica del territorio del Comune di Isernia, l’annullamento della pronuncia e, per l’effetto, il rigetto del ricorso introduttivo.
Alla camera di consiglio del 15 novembre 2018 deputata alla cognizione della domanda cautelare la causa, previa segnalazione alle parti della possibile pronuncia di una sentenza breve, è stata trattenuta in decisone.
6. Preliminarmente va dato atto che sussistono i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza ex art. 60 cod. proc. amm. Infatti, uniche cause ostative a tale definizione sono quelle, non sussistenti nel caso di specie, enunciate dalla disposizione del codice del processo ora citata, e cioè il difetto del contraddittorio e la non completezza dell’istruttoria, che spetta al collegio decidente apprezzare, nonché la dichiarazione della parte circa la volontà̀ di “proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”.
7. Con il primo motivo di doglianza l’appellante critica la sentenza impugnata laddove si discosta dal principio espresso dalla Adunanza Plenaria, ritenendolo non vincolante.
7.1. Il Ministero dei beni delle Attività culturali e del Turismo osserva in particolare come, escludendo la vincolatività per il TAR di un principio di diritto espresso dall’Adunanza Plenaria nell’espletamento della funzione nomofilattica che le è espressamente attribuita per legge, si rischia di “perdere i caratteri propri di uno strumento volto a una sostanziale reductio ad unitatem”, trasformando esso stesso in una “potenziale fonte di interpretazioni variegate e divergenti, con evidente nocumento del canone di certezza giuridica cui l’istituto, al contrario, è volto”.
8. Il motivo non è fondato.
8.1. Il riconoscimento dell’eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge – oggi scolpito nell’art 3 Cost. – è uno dei principi fondamentali di un sistema democratico e traduce l’esigenza primaria di assicurare parità di trattamento ai cittadini in situazioni eguali. Tale obiettivo può raggiungersi unicamente in presenza di un diritto connotato da un sufficiente grado di certezza e richiede da un lato che le norme giuridiche siano scritte in modo inequivoco e dall’altro che le stesse siano interpretare in modo uniforme e senza oscillazioni.
8.2. L’evoluzione del sistema ha determinato, anche nei paesi di civil law, la necessità di rendere più efficace la funzione nomofilattica delle magistrature apicali. Con riferimento alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato tale funzione è stata rafforzata dalle norme contenute nell’art 99 cod. proc. amm., in particolare nei commi terzo e quinto, che si pongono in continuità con le disposizioni degli artt. 363 e 374 cod. proc. civ.
8.3. Tali disposizioni hanno certamente modificato il peso del precedente costituito dalla pronuncia della Adunanza Plenaria la quale, da particolarmente autorevole in quanto proveniente dal massimo consesso della giustizia amministrativa, è divenuta in qualche modo vincolante per le sezioni semplici dei Consiglio di Stato.
8.4. Il vincolo del precedente espresso dall’Adunanza Plenaria non può ritenersi lesivo del principio di cui all’art 101, comma 2, Cost., secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, poiché la Sezione del Consiglio di Stato, ove non condivida il principio espresso dalla Plenaria, non è tenuta a decidere in modo difforme dal proprio convincimento, dovendo invece interpellare la stessa Plenaria con ordinanza motivata.
8.5. Diversamente l’art 99 cod. proc. amm. non spiega alcun effetto in via diretta nei confronti dei tribunali amministrativi regionali.
8.6. L’esigenza di dare certezza al diritto applicato che si pone alla base dell’art 99 cod. proc. amm. deve essere infatti bilanciata con la necessità di garantire forme naturali di evoluzione giurisprudenziale.
Il giudice di prime cure non sarà quindi obbligato a seguire il principio, ma dovrà evitare difformità per incuriam rispetto allo stesso.
8.7. Nel caso di specie il TAR Molise fa espresso riferimento alla decisione della Adunanza Plenaria e se ne discosta motivatamente. Tale contegno appare quindi ammissibile.
8.8. Nondimeno, non appaiono condivisibili le osservazioni svolte dal giudice di prime cure come correttamente evidenziato nell’ambito del secondo motivo di appello.
9. Con il secondo motivo di doglianza l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado che disapplica il principio di cui all’Ad. Plen. n. 13/2017, non ritenendo sussistenti, nel caso deciso dall’Adunanza, i presupposti per l’applicazione dello strumento del prospective overruling.
10. Il motivo è fondato.
10.1. Le pronunce dell’Adunanza Plenaria, specie nel caso in cui la stessa enunci un principio di diritto, hanno natura essenzialmente interpretativa e, analogamente alle sentenze di annullamento e a quelle di incostituzionalità, hanno efficacia nei giudizi in corso.
10.2. In taluni casi tuttavia, la medesima esigenza di certezza del diritto che muove all’enunciazione del principio può indurre l’Adunanza Plenaria a stabilire che la propria decisione produca effetti unicamente pro futuro, escludendone la retroattività mediante il ricorso al c.d. prospective overruling, istituto creato nel diritto nordamericano degli anni trenta proprio per mitigare gli effetti della naturale retroattività̀ dei revirement delle corti supreme.
10.3. A partire da Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2011 n. 15144 (e numerose altre successive, tra cui 21 maggio 2015, n. 10453; 17 dicembre 2014, n. 26541; 4 giugno 2014, n. 12521, 13 febbraio 2014, n. 3308 e, da ultimo, Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2017, n. 21194) si è costantemente affermato che, per configurare il c.d. prospective overruling, sia necessaria la concomitante presenza dei seguenti tre presupposti: 1) l’esegesi deve incidere su una regola del processo; 2) l’esegesi deve essere imprevedibile ovvero seguire ad altra consolidata nel tempo tale da considerarsi diritto vivente e quindi da indurre un ragionevole affidamento; 3) l’innovazione comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa. Tale impostazione è stata pedissequamente seguita anche dal giudice amministrativo (Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9 e Cons. Stato, sez. III, ordinanza 7 novembre 2017, n. 5138).
10.4. La Plenaria n. 13/17 ha ritenuto tuttavia di estendere la portata del prospective overrulling ad una decadenza procedimentale dell’Amministrazione (decadenza delle misure cautelari di salvaguardia).
L’identità con la ratio sottesa alla decadenza processuale e l’inderogabile necessità di tutelare un valore costituzionale, qual è il paesaggio, inducono a ritenere che le Soprintendenze possano legittimamente concludere nel termine di legge di 180 gg. (decorrente dalla pubblicazione della sentenza della Plenaria) i procedimenti di vincolo avviati prima dei correttivi al codice dei beni culturali e mai conclusi, con salvezza delle misure di salvaguardia.
Diversamente, i procedimenti in itinere sarebbero irrimediabilmente travolti dall’effetto retroattivo della pronuncia che ne ha accertato la cessazione. L’istituto del prospective overruling opera quindi in ordine alle norme sul procedimento (Ad.Plen.1/18), perché anche nell’ambito del procedimento amministrativo (nel caso in esame, di conclusione del procedimento di vincolo), come in ambito processuale, la modifica del precedente orientamento non può che comportare che la parte (nella specie, l’Amministrazione) incorra in decadenze fino allora non prevedibili.
11. Nondimeno, nella prospettiva di garantire sia il principio di effettività che quello del giusto processo di cui agli artt. 1 e 2 cod. proc. amm., l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo dovrà considerare la scansione cronologica del procedimento impositivo del vincolo protrattosi in un lasso di tempo tale da consolidare l’affidamento della ricorrente nell’esecuzione dell’opera progettata.
Segnatamente – nel bilanciamento dei contrapposti interessi – dovrà tenere conto del parere favorevole che la Commissione Regionale per il Paesaggio aveva espresso sull’intervento; parere tempestivamente trasmesso alla Soprintendenza per i beni Architettonici e paesaggistici del Molise.
12. Conclusivamente, l’appello è fondato ai sensi della motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, deve essere respinto il ricorso di prime cure.
13. La particolarità della vicenda dedotto in giudizio giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Bernhard Lageder, Presidente FF
Marco Buricelli, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Dario Simeoli, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Avv. Biamonte Alessandro

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