Il principio della corrispondenza tra preavviso di rigetto e provvedimento finale (nota a sent. Tar Campania sez. Salerno n. 477 del 04.03.15).

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La comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, di cui all’art. 10 bis della l. n. 241.90, introdotto dalla legge n. 15.05, svolge un ruolo ineludibile in funzione della garanzia del contraddittorio procedimentale e non può essere vanificato per effetto dell’adozione di un provvedimento di rigetto fondato su ragioni non esplicitate in sede di preavviso.

E’ quanto emerge dalla sentenza del Tar Campania sez. Salerno n. 477 del 04.03.15 che ribadisce che la PA non può fondare il provvedimento finale su ragioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle che sono state già rappresentate all’istante con la comunicazione ex art. 10 bis. L’inserimento, nel diniego, di motivi, assenti nel cd. preavviso di rigetto frustra lo scopo partecipativo dell’istituto e priva l’interessato di una fondamentale garanzia, tipica del “giusto” procedimento, ovvero della possibilità di articolare valide controdeduzioni alle argomentazioni ostative. In siffatta ipotesi viene, infatti, impedito all’istante di accedere alla facoltà di fornire alla PA procedente un utile contributo partecipativo, atto a mettere a  disposizione della stessa ogni elemento valido anche ai fini di una eventuale rideterminazione dell’agire amministrativo.

Nel caso all’attenzione del Tar campano, la PA, pur formalmente inserendo, nel provvedimento, delle rubriche che apparentemente si riferivano ai motivi ostativi, in realtà ha introdotto delle ragioni di diniego completamente nuove e diverse. Osserva il Collegio che le nuove motivazioni di diniego, rappresentate per la prima volta solo nel provvedimento finale, viziano inesorabilmente l’atto conclusivo del procedimento, in quanto privano l’istante della garanzia partecipativa. All’accertamento della circostanza che il provvedimento si basa su ragioni fondanti non esternate nella comunicazione ex art. 10 bis, consegue l’annullamento per violazione del principio del contraddittorio e della partecipazione al procedimento.

Resta in ogni caso valido il consolidato orientamento interpretativo secondo il quale la motivazione del preavviso va redatta in maniera succinta, per essere poi le ragioni del diniego pienamente sviluppate in sede di provvedimento finale. Per l’integrazione del vizio, le ragioni esplicitate per la prima volta solo nel provvedimento finale devono, tuttavia, assurgere ad elementi effettivamente fondanti del provvedimento di rigetto, ovvero atti a determinare in maniera decisiva l’operato della PA. Tale caratteristica emerge dal puntuale richiamo operato in sentenza al consolidato orientamento per il quale “Pur non essendo richiesta una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il preavviso ex art. 10 bis, l. n. 241 del 2000 ed il provvedimento conclusivo, è però necessario che detto atto di diniego si inscriva nello schema delineato dal preavviso, non essendo consentito all’Amministrazione fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, tanto da frustrare la funzione partecipativa propria del preavviso stesso” – T. A. R. Piemonte – Sez. I, 7/02/2007, n. 503).

Quid iuris ? Il procedimento non può che retrocedere alla pregressa fase nella quale la PA dovrà reiterare in maniera esaustiva le ragioni del diniego ed assicurare la piena garanzia partecipativa dell’istante. Ciò consentirà una piena cognizione delle ragioni del richiedente da parte della PA, la quale, nel pieno esercizio della discrezionalità amministrativa – questa volta non condizionato da una partecipazione procedimentale parziale – potrà anche addivenire ad una rideterminazione del proprio operato.

Guida Francesco

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