Il fattore “Tempo” nell’edilizia

Rumma Fabrizia 09/06/16
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Oggetto della presente riflessione sono due recentissime decisioni con le quali il tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo e quello della Campania, se pur in riferimento a due casi diversi, hanno evidenziato in modo differente il peso che il trascorrere del tempo tra un’attività amministrativa ed un’altra possa avere sul legittimo affidamento riposto nel privato e/o sull’efficacia del provvedimento finale emanato dalla PA.

Procediamo con la sentenza n. 287 del 12.05.2016, con cui il giudice amministrativo abruzzese si è pronunciato sulla fondatezza del ricorso presentato avverso il provvedimento di riesame di una dichiarazione di inizio attività, perfezionatasi due anni prima enunciando la seguente massima: “In materia edilizia il potere di autotutela deve essere esercitato dall’Amministrazione competente entro un termine ragionevole e supportato dall’esternazione di un interesse pubblico, attuale e concreto, alla rimozione del titolo edilizio tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso ha riposto, con la realizzazione del progetto, un ragionevole affidamento sulla regolarità dell’autorizzazione edilizia.”

La dia (oggi scia) è disciplinata dall’art. 19 L. 241/1990 che investe l’Amministrazione di un circoscritto potere di controllo sull’attività compiuta dal richiedente; i provvedimenti che può adottare sono di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi provocati (di natura esclusivamente sanzionatoria ed inibitoria, quindi). Ciò nel termine perentorio di 60 giorni, oltre il quale il titolo si consolida definitivamente.

L’Amministrazione che adotta provvedimenti inibitori e/o sanzionatori dopo il decorso dei 60 giorni, può agire solo in autotutela nel rispetto dei limiti predisposti dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. 241/1990.

L’art. 21 nonies, rubricato annullamento d’ufficio, prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Nel caso in esame, però, l’atto impugnato emanato dall’Amministrazione comunale non ha tenuto in considerazione nessuno dei suddetti elementi, anzi, il tempo trascorso dalla presentazione della dia e l’assenza di qualunque atto inibitorio o sanzionatorio ha ingenerato nel privato un ragionevole affidamento sulla regolarità dell’autorizzazione edilizia.

Altra decisione interessante (del tar Napoli n. 2532 del 17.05.2016), invece, ha ritenuto la legittimità del provvedimento con il quale il Comune, a seguito del rigetto della domanda di condono, ha ordinato la demolizione di un immobile realizzato abusivamente oltre vent’anni prima da un precedente proprietario.

È opportuno soffermarsi sulla rilevanza che il giudice campano ha dato, in tal caso, al fattore temporale riportando a tal uopo un passo della sentenza: “Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale che pur escludendo, in linea generale, che il tempo costituisca fattore ex se sufficiente a legittimare la conservazione di una situazione di fatto abusiva (Tar Lecce n. 240/2011), attribuisce rilievo al tempo decorso tra la realizzazione delle opere e la contestazione della loro abusività in quelle fattispecie nelle quali emergano circostanze specifiche ed ulteriori idonee ad evidenziare la sussistenza di una posizione di legittimo affidamento del privato”.

Nella fattispecie, però, tali circostanze specifiche non emergono dalla documentazione presentata dal ricorrente, affiorando dal contratto di vendita la piena consapevolezza da parte del ricorrente dell’abusività delle opere e l’assenza di un titolo idoneo a legittimarle.

Inoltre, i giudici hanno statuito che: “Non è suscettibile di un positivo apprezzamento, inoltre, la censura con la quale parte ricorrente ha lamentato il notevole lasso di tempo intercorso tra l’adozione del provvedimento demolitorio ed il provvedimento di acquisizione. Il Collegio rileva, infatti, che, in disparte gli sviluppi procedimentali emergenti dalla documentazione in atti, gli abusi edilizi hanno natura di illecito permanente, con la conseguenza che l’amministrazione non perde il potere di provvedere e ciò vale sia per il provvedimento demolitorio sia, a maggior ragione, per quello acquisitivo che costituisce la sanzione ulteriore prevista dall’ordinamento per la mancata ottemperanza dell’ingiunzione nei termini stabiliti”.

Alla luce di queste brevi considerazioni sono opportuni alcuni chiarimenti: nel primo caso esaminato, il petitum è costituito dal riconoscimento della illegittimità del provvedimento di riesame, in materia di scia, che il Comune ha emanato oltre i 60 giorni dal perfezionamento del suo potere di controllo, a distanza di due anni, e senza il rispetto delle condizioni fissate per l’esercizio del potere di autotutela.

In questo quadro il principio del legittimo affidamento assume, sicuramente, un peso diverso rispetto alla seconda vicenda.

Qui ne fuoriesce un orientamento giurisprudenziale più cauto che attribuisce al decorso del tempo un rilievo solo in quelle fattispecie (relative ad abusi edilizi insanabili) nelle quali emergono circostanze specifiche della sussistenza di una posizione di legittimo affidamento in cui si trovi il privato, inconsapevole della situazione di attuale abusivismo.

Sentenza collegata

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