Il chirurgo plastico che sbaglia l’operazione risponde di lesioni solo se il danno estetico ha causato alla paziente una sindrome ansioso-depressiva

Redazione 11/12/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 47265 del 6 dicembre 2012 la Cassazione ha accolto il ricorso di una donna, costituitasi parte civile nel processo penale contro un medico, reo di averle deturpato seno ed addome.

Il giudizio quindi proseguirà dinanzi al giudice del risarcimento, per la reintegrazione economica dei danni estetici subìti, ma il chirurgo riesce ad evitare la condanna per lesioni: il reato, infatti, avvisa la Cassazione, non può essere integrato dagli inestetismi scaturiti dall’intervento.

A configurare una “malattia”, necessaria affinchè scatti il reato di lesioni, potrebbe essere, in questo caso, un depressione che sia stretta conseguenza dell’operazione riuscita male: la paziente tuttavia non fonda il proprio ricorso su questo, e perciò il medico viene assolto dalla responsabilità penali.

Eppure di danni il chirurgo ne aveva fatti: aveva realizzato da solo un intervento che avrebbe reso necessaria la presenza di una equipe, collocando protesi mammarie in maniera così asimmetrica da risultare nell’immediato un corpo estraneo. Il pessimo risultato dell’operazione, che riguarda anche l’addome, tuttavia, continuano i giudici, configura soltanto un illecito civile, con l’obbligo di risarcire la parte lesa.

Diverso sarebbe invece il caso in cui la deturpazione fisica avesse causato una reazione negativa nell’organismo della paziente favorendo l’insorgere di un disturbo psichico di tipo ansioso-depressivo.

Il reato viene invece integrato sicuramente per i danni riportati con la tumefazione dell’addome e con le perdite di sangue che hanno reso necessarie le trasfusioni: tali danni infatti rientrano nel concetto di malattia ex art. 590 del codice penale.

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