“I tratti essenziali dell’in house providing” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 2660 del 26.05.2015)

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La recente pronuncia in commento, avente ad oggetto una procedura affidamento diretto senza gara di servizi informatici, “ricostruisce” i tratti essenziali dell’istituto del c.d. “in house providing”, così come risultanti dalla prevalente giurisprudenza comunitaria e nazionale.

In primis, secondo la Sez. VI del Consiglio di Stato, l’affidamento diretto (senza gara e, quindi, senza ricorso a procedure di evidenza pubblica) è consentito tutte le volte in cui si possa affermare che “l’organismo affidatario presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un “ufficio interno” dell’amministrazione affidante”, poiché in questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale: non saremmo in presenza, pertanto, di un effettivo “ricorso al mercato” (c.d. “outsourcing”), bensì di una forma di erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell’amministrazione, attraverso strumenti propri (c.d. “in house providing”).

Detta equiparazione sarebbe predicabile esclusivamente in presenza di due specifici requisiti: i) il c.d. “controllo analogo”, vale a dire una situazione nella quale l’ente sia in grado di esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo stesso ente esercita sui propri “servizi interni” e ii) la necessità che la società svolga “la parte più importante della propria attività” con l’amministrazione affidante.

Più specificatamente, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che il sopradetto controllo analogo richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, posto che la partecipazione di soggetti privati al capitale di una società “esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi” (cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle).

La partecipazione pubblica totalitaria, inoltre, rappresenta una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell’ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario: l’amministrazione aggiudicatrice, infatti, deve essere in grado “di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell’entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale” (cfr. Corte di Giustizia UE, Sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11).

La Corte di giustizia ha riconosciuto, a determinate condizioni, che il controllo analogo possa essere anche esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune “l’entità affidataria”, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse.

E proprio con particolare riferimento alla possibilità di ritenere sussistente un controllo analogo esercitato in forma congiunta la Corte di Giustizia ha ulteriormente chiarito che, laddove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini dell’adempimento di un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile “che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità”; il controllo esercitato su quest’ultima, tuttavia, non potrà fondarsi solamente sul potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in questione, e ciò perché, in caso contrario – precisa il Collegio nella sentenza in esame – verrebbe “svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto”.

Avv. Tramutoli Daniele

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