Il Green pass viola il diritto all’integrità della persona: le sentenze del Gdp di Chiavari

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Tre sentenze del Giudice di Pace di Chiavari aprono il varco all’illegittimità della certificazione verde per violazione di principi fondamentali, costituzionali e sovranazionali.

1) Giudice di Pace di Chiavari – Sent. n. 312 del 27/10/2022
2) Giudice di Pace di Chiavari – Sent. n. 140 del 02/05/2023
3) Giudice di Pace di Chiavari – Sent. n. 01 del 10/01/2023

GdP-Chiavari-30.11.2022.pdf 2 MB
Sentenza-GdP-Chiavari-05.02.2023.pdf 270 KB
Sentenza-GdP-Chiavari-10.1.2023.pdf 299 KB

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Indice

1. I ricorsi

Tre ricorsi, tre annullamenti dell’ingiunzione per non aver esibito il Green Pass.
Dall’Ufficio del Giudice di Pace di Chiavari giungono importanti insegnamenti.
Le cause n. 408 e 715 vedono un dipendente che si trovava sul luogo di lavoro privo del green pass: in forza dell’obbligo del possesso del certificato, veniva eseguita un’attività di controllo da parte degli operanti, nel corso della quale il Ricorrente non esibiva il certificato né la documentazione di esenzione.
Caso simile, il numero 766 RG: anche qui il Ricorrente impugna l’ordinanza di ingiunzione emessa dalla Prefettura di Genova, poiché si rifiutava di esibire il green pass rafforzato all’interno di un locale.

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2. Green pass e diritto all’integrità: le motivazioni

La prima sentenza, datata 20.10.2022, afferma che l’opponente fosse privo “di green pass per aver effettuato la scelta di non vaccinarsi, alla luce di quanto disposto dal regolamento UE 953/2021 secondo il quale “E’ necessario evitare ogni discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate…. o hanno scelto di non essere vaccinate” (considerando 36), ritenendo il diritto al lavoro e all’autodeterminazione diritti inviolabili della persona umana ai sensi dell’art. 2 della Costituzione”. Ragion per cui sarebbe lecita la libera autodeterminazione dei singoli nella scelta di non vaccinarsi, prevista da norme internazionali.
Ma le motivazioni affrontano anche il tema dell’obbligo vaccinale riconoscendo che “presenta profili di particolare complessità in quanto va ad interessare fondamentali valori e diritti costituzionali, tra i quali il diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione ed il dovere di solidarietà sociale previsto dall’articolo 2”. Dal citato articolo 32 a mente del quale “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, deriva che “il trattamento sanitario obbligatorio può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente in maniera rilevante sullo stato di salute di colui che ad esso è assoggettato”, posto che la Carta fondamentale “pone la necessità di effettuare un necessario bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi mediante l’individuazione di una soglia di pericolo del singolo accettabile da compiersi sulla base di una completa e accreditata lettura medico scientifica”.
Orbene, nel caso della pandemia, con riferimento al vaccino covid-19, “è notorio che non sono state ancora accertate le reazioni avverse e le complicanze derivanti dalla somministrazione” del siero, anche in considerazione del breve lasso temporale dalla sua immissione in commercio. I vaccini in esame, proprio per la situazione di dichiarata emergenza sanitaria, sono stati autorizzati dall’Ema ricorrendo alla procedura condizionata, “cioè una procedura abbreviata che non era in grado di offrire le stesse certezze scientifiche dell’autorizzazione standard… ma per imporre un obbligo vaccinale generalizzato si sarebbe dovuto attendere il passaggio dall’autorizzazione condizionata all’autorizzazione standard … altrimenti si rischiava di imporre un obbligo fondato su basi scientifiche incomplete e provvisorie”.
Da qui, la creazione del green pass.
La misura adottata dal legislatore, infatti, non è stata quella di imporre un obbligo giuridico generalizzato – che avrebbe comportato anche il presupposto di un indennizzo in caso di lesioni o infermità – “ma di utilizzare uno strumento che postula un’adesione volontaria”. E, infatti, detto green pass costituiva un requisito necessario ad esercitare i diritti fondamentali garantiti dalla costituzione, quali il lavoro, lo spostamento, la partecipazione a spettacoli o riunioni, assemblee, istruzione, etc.
Tuttavia, l’obbligatorietà della certificazione verde, di cui al D.L. 105/2021 non coincide con l’obbligatorietà della vaccinazione. In altre parole, possedere la certificazione non equivale alla vaccinazione. Difatti, veniva rilasciata solo in seguito alla somministrazione del vaccino, a chi aveva ottenuto un risultato negativo attraverso il tampone antigenico/molecolare, o a chi era guarito dal virus. Orbene, la pratica indiretta di imposizione di un obbligo vaccinale attraverso l’adozione di misure coercitive che, incidendo su beni costituzionali, tendevano ad incentivare i cittadini ad aderire volontariamente – ma non spontaneamente alla vaccinazione – si pone in contrasto con la nostra costituzione.
La circostanza di sottoporsi a continui e costosi tamponi, in alternativa alla gratuità del vaccino – o, peggio, all’avvenuta guarigione dopo essere stati contagiati – non rappresenta affatto un punto di equilibrio, e quindi di giusto bilanciamento, tra i diritti in gioco. La ridotta validità temporale (48 ore per i test antigenici rapidi e 72 per i test molecolari) e il costo del tampone (€. 15 per quelli rapidi e €. 60-70 per quelli molecolari) che comportavano un esborso economico che, se ripetuto nel tempo onde poter usufruire dei diritti costituzionali come l’accesso la lavoro, avevano una spesa nient’affatto trascurabile per il cittadino, determinavano un’ulteriore disuguaglianza tra coloro che avevano i mezzi economici per sottoporsi al test e chi no.
Conseguentemente, “ci troviamo di fronte ad un inesistente obbligo di vaccinazione e quindi, a rigore, all’esercizio del principio di autodeterminazione e libertà di cura che è stato, però, presidiato e sanzionato, con pena pecuniaria, nel momento in cui, chi ha liberamente optato per non vaccinarsi abbia in definitiva voluto esercitare un diritto costituzionale tanto da introdurre un vero e proprio illegittimo obbligo indiretto. La prestazione è, quindi, indotta, non imposta come richiede invece l’art. 32 Cost.”.
Oltre a ciò, si dovrà altresì tener conto della disposizione di cui all’art. 5 cod. civile, per il quale “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”, onde per cui, anche qualora si ritenesse che il comportamento del soggetto sia stato in violazione di una normativa nazionale, deve essere giustificato il suo rifiuto ad essere vaccinato e quindi di possedere il green pass, applicando l’esimente dell’adempimento del dovere di non procurarsi volontariamente danni alla salute anche solo su un livello putativo.
Ravvisano, invece, la violazione di norme sovranazionali, di cui alla Carta di Nizza, le altre due pronunce, rispettivamente del 10 gennaio e del 02 maggio 2023.
Con motivazioni pressochè analoghe, il Giudice di pace ritiene meritevole di accoglimento l’eccezione relativa alla violazione dell’art. 3 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, ratificata dall’Italia attraverso la L. 145/2000. “Tale norma, rubricata “Diritto all’integrità della persona” prevede che nell’ambito della medicina debbano essere in particolare rispettati il consenso libero e informato della persona interessata.” E, dal momento che la disposizione de qua ha diretta applicazione, assume valore sovraordinato rispetto alla normativa nazionale.
Ora, la fonte interna in forza della quale è stato emesso il verbale da cui ha origine la sanzione è da rinvenire nell’art. 9 septies D.L. 52 del 2021 che poneva l’obbligo del green pass per accedere al luogo di lavoro e per usufruire del servizio di ristorazione di un locale aperto al pubblico. Dal momento che il ricorrente, all’atto del controllo, non esibiva la certificazione né la documentazione di esenzione, la norma si pone in evidente contrasto con il principio sancito nella Carta di Nizza “che prevede al fine di tutelare il diritto all’integrità fisica del singolo, il libero consenso di quest’ultimo a qualsiasi trattamento sanitario, trattamento a cui è riconducibile la vaccinazione anti covid”. In conclusione, l’obbligatorietà della vaccinazione “non può che essere incompatibile con un libero consenso al trattamento, ponendosi come condizione inevitabile per l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito”. Ne deriva, dunque, la disapplicazione con conseguente venir meno della legittimità dell’ordinanza opposta.

3. Conclusioni

Si allunga così l’elenco delle decisioni che sanciscono la violazione di legge in cui è incorsa l’applicazione dell’obbligo vaccinale contro il Covid-19. I ricorsi, come quelli in esame, hanno trovato pieno accoglimento, e hanno rappresentato l’occasione per dichiarare la totale illegittimità dei provvedimenti sanzionatori nei confronti di chi aveva esercitato il diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario scegliendo di non inocularsi un vaccino di cui sono ancora incerti gli effetti collaterali, e di cui crescono gli episodi avversi come testimoniato in numerose pronunce giudiziali.

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Cristina Malavolta

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