Garante privacy conferma il diniego alla richiesta di accesso civico ai titoli di studio dell’interessato

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Indice:

  1. I fatti
  2. L’accesso civico
  3. Le osservazioni e il parere del Garante

I fatti

All’istituto universitario La Sapienza di Roma er pervenuta una richiesta di accesso civico con cui il richiedente pretendeva di ricevere una copia di tutti i titoli di studio di Laurea e i master conseguiti da un soggetto (c.d. contro interessato), con puntuale descrizione dei corsi effettuati, degli anni accademici frequentati, dei titoli di tesi, delle relazioni presentate e delle votazioni finali ottenute.

L’ufficio addetto dell’università aveva negato tale accesso, poiché riteneva che si trattava di una richiesta generica, nel senso che non era stato specificato per quali e per quanti atti veniva chiesto l’accesso.

L’amministrazione universitaria, quindi, aveva invitato il richiedente ad avvalersi della procedura di richiesta documentale prevista dalla L. 241/1990, qualora ne sussistessero i presupposti di legge e l’interesse qualificato.

Dunque, la richiesta era stata negata, poiché non sarebbe stata tutelata la protezione dei dati personali del contro interessato riguardanti la sua carriera universitaria, la cui tutela è specificamente prevista nel D.lgs. 196/2003.

Dinnanzi a tale esito negativo, il richiedente aveva presentato una richiesta di riesame del provvedimento sull’accesso civico al RPCT, ossia il responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza, dell’Università romana, insistendo sulle proprie richieste di accesso civico ai suddetti dati relativi al controinteressato.

Il Responsabile, a norma dell’art. 5, comma 7 del d.lgs. 33/2013, aveva quindi inoltrato la richiesta all’autorità Garante per la protezione dei dati personali allo scopo di ricevere un suo parere in merito alla questione.

>> Leggi il parere del Garante per la protezione dei dati personali, 4 febbraio 2022, su istanza di accesso civico

L’accesso civico

Ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 33/2013, l’accesso civico consente a chiunque di poter accedere a dati, documenti e informazioni pubbliche, salvo i limiti a tutela degli interessi pubblici e privati previsti dalla legge. L’Accesso civico si distingue in:

  • Accesso civico semplice, che consente a chiunque di richiedere documenti dati o informazioni che le amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente” dei propri siti istituzionali, nei casi in cui gli stessi non siano stati pubblicati;
  • Accesso civico generalizzato, che consente a chiunque di richieder dati e documenti ulteriori rispetto a quelli che le amministrazioni sono obbligate a pubblicare.

La ratio è quella di fare si che le pubbliche amministrazioni rispettino il  dovere, sulle medesime gravante, di pubblicazione , di documenti per i quali è previsto uno specifico obbligo in tal senso, nell’eventualità in cui le stesse non vi abbiano spontaneamente provveduto.

L’art. 5-bis del decreto trasparenza (d.lgs. 33/2013) prevede una serie di casi in cui tale accesso è limitato: ad esempio, l’accesso è limitato se dallo stesso deriva un pregiudizio per la sicurezza e l’ordine pubblico.

In caso di diniego all’accesso, il soggetto interessato si può rivolgere al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) della pubblica amministrazione interessata, chiedendone il riesame.

Se da un lato l’accesso costituisce un principio generale della Pubblica Amministrazione, attraverso il quale i cittadini possono verificare l’imparzialità e la trasparenza dell’attività amministrativa, dall’altro deve essere rapportato alla tutela del diritto alla riservatezza ed alle relative norme e principi, concernenti eventuali limitazioni sulle finalità e sulla minimizzazione dei dati, ai sensi dell’art. 5 GDPR.

Infatti, di fronte a richieste di accesso contenenti informazioni di carattere personale, la tendenza è quella di far prevalere le esigenze di riservatezza dell’interessato.

Nel caso in cui l’accesso viene negato per tutelare la protezione dei dati personali riservati di un soggetto, è necessario sentire previamente il Garante per la protezione dei dati personali, che si dovrà pronunciare entro dieci giorni dalla richiesta e dovrà valutare, caso per caso, l’effettiva lesione o meno dei dati personali coinvolti nella richiesta di accesso.


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Le osservazioni e il parare del Garante

Il Garante, tenuto conto della disciplina in materia di accesso civico contenuta nella normativa sopra menzionata e dei principi in materia di trattamento dei dati personali contenuti nel GDPR, ha ritenuto che l’ufficio universitario avesse correttamente negato l’accesso al richiedente.

Inoltre, l’Autorità ha richiamato le Linee Guida dell’ANAC in materia di accesso civico in base alle quali, in caso di richieste di accesso, devono essere tenuti presenti le “ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati personali richiesti”.

Con particolare riferimento al caso in esame, il Garante ha osservato che l’accesso avrebbe riguardato non solo i dati anagrafici del contro interessato, ma anche notizie di carattere culturale e privato che, per qualunque motivo personale, il soggetto non vuole portare a conoscenza di terzi. Dunque, la divulgazione di tali informazioni comporterebbe un grave pregiudizio a danno della tutela della protezione dei dati personali del soggetto contro interessato della richiesta di accesso.

Ai sensi dell’art. 5 bis, comma 2, lett. a) del d.lgs. 33/2013, infatti, “ l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

  1. la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia (…)”.

Dunque, se l’amministrazione universitaria avesse consentito l’accesso al richiedente si sarebbe determinata un’ingiustificata e sproporzionata interferenza nei diritti e nelle libertà del soggetto interessato, e, inoltre, si sarebbero potute determinare gravi ripercussioni sulla vita relazionale e lavorativa dello stesso.

Infine, il Garante ha ricordato, come reso noto anche dall’amministrazione universitaria, che, in caso in cui sia negato l’accesso civico, è possibile intraprendere una strada alternativa, ossia quella prospettata dalla L. 241/1990 (artt. 22 ss.): il soggetto istante, infatti, può riformulare la richiesta in conformità alla diversa normativa, motivando la richiesta in presenza di presupposti di legge e di un interesse qualificato all’accesso ai documenti. L’amministrazione procedente, valutata la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale alla richiesta, potrebbe quindi poi procedere all’ostensione della documentazione al soggetto richiedente.

In conclusione e in considerazione di tutto quanto esposto, il Garante ha aderito alla linea operativa adottata dall’amministrazione universitaria, ritenendo giusto non consentire l’accesso alla documentazione relativa al percorso di studi del contro interessato.

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