Rapporto tra accesso civico, semplice e generalizzato, ed accesso agli atti amministrativi della pubblica amministrazione: continua l’opera di delineazione dell’ambito applicativo delle varie forme di accesso.

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Il quadro normativo di riferimento

È proprio il caso di dire che dal 1990, anno in cui è entrata in vigore la legge n. 241 che ha riformato il procedimento amministrativo nel suo complesso e ridisciplinato il diritto di accesso (Capo V – artt. da 22 a 28), ad oggi, quest’ultimo ha subito un’incredibile evoluzione, di pari passo con i principi di trasparenza, pubblicità, legalità e partecipazione all’attività amministrativa[1] che attualmente rappresentano i cardini su cui è stata eretta tutta la legislazione di contrasto alla corruzione e alla cattiva amministrazione (da ultimo: Legge 9 gennaio 2019, n. 3 recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché’ in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, cd. “spazzacorrotti”) [2].

Alla legge n. 241/90 è stato pacificamente riconosciuto l’aver innescato il cambio di approccio nei confronti dell’accesso agli atti amministrativi redatti dalla pubblica amministrazione rispetto alla pregressa disciplina: la trasparenza e piena conoscibilità dell’azione amministrativa è diventata la regola e il vincolo di segretezza l’eccezione, e solo per alcuni casi particolari e determinati settori, entrambi tassativamente enucleati.

Partendo da questo iniziale cambio di visione, non vi è dubbio alcuno che il diritto di accesso agli atti amministrativi della sua prima accezione, indicata dallo stesso legislatore, di “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”, laddove per interessati si intendeva: “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”, è diventato negli anni un vero e proprio corpus normativo a garanzia dell’accessibilità totale ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di “tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, comma 1, del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” come modificato ed integrato dal Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97 recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

Infatti, a tal proposito va rilevato che la legge n. 241 del 1990 (unitamente al relativo decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184, “Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”)[3], è stata oggetto di numerosi interventi riformatori che si possono intendere diretti ad assicurare un riallineamento di tale strumento con l’evoluzione della coscientia civium dei consociati e della crescente attenzione del legislatore alla lotta ai sodalizi del malaffare e della mala gestio degli amministratori[4], nell’intento di far divenire veramente nella pratica, e non solo sulla carta, l’istituto in parola uno strumento di controllo e supervisione dei cittadini sull’esercizio dell’attività amministrativa, rilanciando sempre di più il rinnovato rapporto tra amministrazione e cittadino[5].

In tale ottica si può leggere anche la rivisitazione della normativa a tutela del whistleblower (segnalatore di illeciti) a partire dall’art. 54-bis. “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (articolo introdotto dall’articolo 51 della citata legge 190 del 2012) fino alla legge n. 179 del 2017 recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”).

A tal riguardo, gli ultimi interventi normativi nella materia in esame sono stati i già richiamati provvedimenti normativi, Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (c.d. decreto trasparenza) e Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (di attuazione della c.d. Legge Madia[6]) che, innovando il precedente scenario, hanno introdotto rispettivamente l’accesso civico semplice che consente a chiunquesenza indicare motivazioni – il diritto di richiedere ad una pubblica amministrazione documenti, informazioni e dati nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione  obbligatoria ai sensi del decreto stesso (articolo 5, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013) e l’accesso civico generalizzato (c.d. FOIAFreedom of Information Act) [7] che consente a chiunquesenza indicare motivazioni – il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5, commi 2 e 3, d. lgs. n. 33/2013, come sostituito dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 97 del 2016), ciò sempre nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis del D. Lgs. 33/2013 (articolo introdotto dall’art. 6, comma 2, d. lgs. n. 97 del 2016).

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Accesso agli atti amministrativi “ordinaro” ed accesso civico, semplice e generalizzato: gli elementi caratterizzanti

Si ritiene di poter affermare che ad oggi le finalità delle varie forme di accesso siano sen non di dominio pubblico, quasi. Per la stragrande maggioranza dei consociati, il termine accesso, collegato all’esercizio dell’azione amministrativa ai vari livelli, è oramai sinonimo di istanza/domanda presentata al fine di vederci chiaro in una procedura alla quale si è preso parte.

Mentre l’accesso civico è visto come un interessamento del cittadino alla gestione della cosa pubblica affinché la stessa sia improntata alla legalità e alla trasparenza. Uno strumento di partecipazione dei cittadini e di controllo cd. diffuso che valorizza la propensione degli stessi alla cittadinanza attiva.

Più tecnicamente, le definizioni e gli elementi essenziali delle diverse forme di acceso in parola si possono mutuare, oltre che dalle puntuali norme – già tratteggiate – introduttive dello stesso, dalla consolidata giurisprudenza che ritiene oramai l’accesso cd. documentale/ordinario/tradizionale, ai sensi dell’art. 22, comma 2, l. n. 241/1990 come un valore di principio generale dell’azione amministrativa, come delineato da una recente pronuncia del Tar Napoli, Sez. VI, del 09/04/2019, n. 1970.

Tale strumento è da anni definito come funzionale “alla tutela degli interessi individuali di un soggetto” (che si trova, perciò solo, in una posizione differenziata e qualificata rispetto ad altri cittadini) ed ha la finalità di garantire la miglior difesa in un giudizio (e, più ampiamente, l’esercizio delle facoltà partecipative e oppositive nel procedimento) attraverso una completa conoscenza dei provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione nel procedimento in cui si è parte. Al soggetto che inoltra un’istanza di un diritto di accesso agli atti ai sensi della legge 241/90 si chiede però di motivare lo stesso in ordine alla sussistenza di un interesse diretto, concreto, attuale e corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegato alla documentazione alla quale si chiede di accedere[8] (tra le tantissime pronunce nelle quali si è fatta applicazione di tale principio: Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4043; Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 4838; Consiglio di Stato, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4043; Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116 TAR Roma n. 30 del 2012; Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2008, n. 2511; Consiglio di Stato, sez. VI, 22.05.1998, n. 820; C. Stato, sez. V, 14.04.1997, n. 362. In merito a siffatto interesse in rapporto alla strategia difensiva da spiegare nel giudizio e sulla fondatezza e pertinenza delle azioni che l’istante intende intraprendere, non deve in alcun modo esercitare il proprio sindacato l’Amministrazione (ex multis: sentenze del Tar Bolzano n. 4 del 2017 e del Consiglio di Stato n.1578 del 2018, conformi alle pronunce del TAR Roma, sez. II, 26 luglio 2013, n. 7640; TAR Roma n. 30 del 2012 e del Consiglio di Stato n. 741/2009)[9].

Nelle prime disposizioni che disciplinano la tipologia di accesso in parola il primo Legislatore non ha, tuttavia, voluto introdurre un’azione popolare volta a consentire un controllo generalizzato sull’attività amministrativa, ponendo appunto come limite all’esercizio di tale diritto istanze preordinate ad un controllo generalizzato scevro dall’interesse di cui sopra (Per tutte le pronunce amministrative che hanno fatto applicazione di tale principio di diritto: Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 4838 del 19 ottobre 2017).

Sul punto appare singolare, e allo stesso tempo significativa sotto il profilo del cambio di passo che si è voluto mettere in evidenza sin da principio, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 25/09/2006 n° 5636 in cui si può leggere: “… il diritto di accesso è sempre fondato sull’interesse sostanziale collegato ad una specifica situazione soggettiva giuridicamente rilevante e che esso è strumentale ad acquisire la conoscenza necessaria a valutare la portata lesiva di atti o comportamenti; mentre va da tutto ciò escluso che il diritto medesimo garantisca un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso il diritto all’acquisizione conoscitiva di atti o documenti, al fine di stabilire se l’esercizio dell’attività amministrativa possa ritenersi svolto secondo i canoni di trasparenza (cfr., in tali termini, la decisione della Sezione IV n. 5291 del 6 ottobre 2001); ciò in quanto l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, fra cui quello dell’Amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, garantita anche a livello costituzionale; in altre parole, la disciplina sull’accesso tutela solo l’interesse alla conoscenza e non l’interesse ad effettuare un controllo sull’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati. In proposito è stato anche rilevato (cfr. Sez. IV, 9 agosto 2005, n. 4216) che, ove l’istanza di accesso agli atti postuli un’attività valutativa ed elaborativa dei dati in possesso dell’amministrazione (così come disposto dal TAR per superare le eccezioni inammissibilità dell’istanza sollevate dalla parti resistenti), è precluso il suo accoglimento, poiché rivela un fine di generale controllo sull’attività amministrativa che non risponde alla finalità per la quale lo specifico strumento in parola può venire azionato, che è solo quella della tutela di un ben specifico interesse (art. 22-25 legge n. 241 del 1990)”.

Tale limite, però, rileva solo ai fini dell’applicazione dell’art. 22 della legge 241/1990 e non anche ai fini dell’applicazione delle sopraggiunte disposizioni di cui all’art. 5, comma 2, del d. lg. 33/2013, che è invece proprio rivolto ad assicurare un controllo diffuso da parte dei cittadini[10].

Infatti, già con l’accesso civico cd. semplice disciplinato al comma 1 dell’art. 5 del citato decreto trasparenza, ivi già introdotto prima delle modifiche apportata con il d. lgs. 97/2016, relativo ai documenti oggetto degli obblighi di pubblicazione, cade la motivazione ed il riferimento all’interesse diretto, concreto e attuale, per la tutela di situazioni rilevanti e, pertanto, strumentale alla difesa in giudizio. In altri termini, è attivabile dal quivis de populo, visto il venir meno della limitazione relativa alla legittimazione soggettiva dell’istante di cui all’accesso agli atti amministrativi (comma 3), basti che siano ben indicati i dati, le informazioni o i documenti in possesso della P.A. e dai soggetti indicati nell’art. art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016. Dunque tale forma di accesso in parola consiste in uno mezzo utile ad ovviare alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dalla legge, ritenendo meritevole di tutela il diritto del privato cittadino di accedere ai documenti, dati e informazioni oggetto dell’inadempienza del dovere di pubblicazione nell’apposita sezione “Amministrazione trasparente”, e con la finalità di assicurare la massima ed integrale pubblicità degli stessi, che sono da considerare pubblici e, conseguentemente, conoscibili (Si rimanda, per ogni opportuno approfondimento, alla sentenza del Tar Campania n. 5901 del 2017).

Quanto appena delineato per l’accesso civico semplice (in termini di assenza di motivazione e di legittimazione soggettiva) vale anche per l’accesso civico generalizzato, disciplinato all’art. 5, comma 2 d. lgs. n. 33/2013, così come modificato dal d. lgs. 97/2016, basti aggiungere un altro significativo elemento: che riguarda dati, le informazioni o i documenti ulteriori a quelli assoggettati all’obbligo di pubblicazione ai sensi del medesimo decreto n. 33/2013 (Tar Lazio, sez. II bis, 2 luglio 2018, n. 7326)

Dunque una diversa forma di accesso civico, speculare a quel primordiale limite del controllo generalizzato di cui al comma 3 dell’art. 24 della L. n. 241/90, e non più solo finalizzato all’osservanza all’adempimento degli obblighi di pubblicazione. Una versione che introduce nel nostro ordinamento il Freedom of Information Act (FOIA), legge sulla libertà dell’informazione, e fa diventare la trasparenza ed il controllo diffuso sull’azione amministrativa la regola generale mentre la riservatezza e il segreto eccezioni, esattamente come avviene negli ordinamenti che adottano tale sistema[11] (in tal senso: Consiglio di Stato nn. 2890 e 2899 del 2018 nonché la sentenza del Tar Napoli n. 1308 del 2018 e quella del Tar Abruzzo n. 298 del 2018).

Va precisato che tale versione dell’accesso civico di cui all’art. 5 comma 2 deve essere sempre esercitata nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’art. 5-bis dello stesso d. lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016.

In particolare, gli unici limiti delineati sono resi necessari al fine di garantire, da un lato, le esigenze di riservatezza, segretezza e tutela di determinati interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5 bis ai commi 1 e 2, e dall’altro, il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni[12] (art. 5 bis, comma 3), fermo restando gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente (comma 4) e le controdeduzioni di soggetti controinteressati eventualmente individuati dall’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso (comma 5 dell’art. 5) (Tar Campania, sez. VI, 9 maggio 2019, n. 2486).

Si legga anche:”L’accesso civico nuova trasparenza per la pubblica amministrazione”

 

Gli ultimi pronunciamenti delle autorità ammnistrative e giurisdizionali sul rapporto tra le varie forme di accesso: profili applicativi

Delineate, sia pur in somma sintesi, le caratteristiche delle varie versioni dell’acceso di cui i cittadini ad oggi si possono servire per le finalità ad esse specificatamente assegnate dal legislatore, va rappresentato che dall’attuale coesistenza di queste tre diverse specie di accesso – accesso ordinario, accesso civico e accesso generalizzato – ciascuna regolata dettagliatamente nei presupposti come abbiamo visto, ne derivano le seguenti considerazioni:

  • Si deve escludere che esiste un indifferenziato e generale diritto del privato cittadino ad accedere agli atti della pubblica amministrazione;
  • Che ad ogni forma di accesso corrispondono determinati presupposti tecnici-amministrativi, diversi per ognuna di esse, che regolano, per ciò solo, le specifiche situazioni determinatisi nei singoli rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione;
  • Che i consociati vantano il diritto ad accedere agli atti amministrativi con gli specifici limiti e le modalità caratterizzanti le varie ipotesi dell’accesso;
  • Che una forma di accesso non può essere fatta valere a titolo diverso rispetto alle previsioni del legislatore.

Va quindi sottolineato che le diverse modalità di accesso sono destinate a spiegare i propri effetti su canali differenti, come viene chiarito, anche ultimamente, dalla giurisprudenza dei giudici amministrativi, dai pareri espressi dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi e dal Garante per i dati personali, che mirano a superare i numerosi problemi applicativi derivanti dall’incauta attivazione di forme di accesso agli atti in luogo di quelle appropriate.

A tal riguardo, va rilevato che al comma 7 dell’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 si prevede che al fine di stabilire quando è necessario rifiutare l’accesso generalizzato per evitare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, le pubbliche amministrazioni – nella persona del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza – richiedono un parere al Garante per la protezione dei dati personali[13], il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, e a decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l’adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Inoltre, si prevede che “avverso la decisione dell’amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

A tal proposito e in funzione del tema di cui si discetta, va evidenziato che il Garante con i propri pareri mira a limitare che con l’attivazione del diritto di accesso civico generalizzato si possano determinare lesioni alla riservatezza dei dati personali. È il caso dell’ultimo parere reso del 7 novembre 2019, n. 200, avente ad oggetto il diniego opposto ad una istanza di accesso civico generalizzato volta a ottenere gli atti relativi a un concorso di dottorato di ricerca[14]. In tale ipotesi, a parte l’oggetto del parere e del relativo diniego messo in discussione, ciò che ci interessa è quello che evidenzia il Garante ai margini del parere in parola, come anche per gli altri pareri espressi, e cioè la possibilità di accedere ai dati personali richiesti ai sensi della legge n. 241/1990.

Infatti, il Garante dopo aver richiamato la normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC (cfr. nota n. 12) in materia di accesso civico e i propri precedenti conformi orientamenti in materia di accesso civico agli elaborati scritti dei candidati ad un concorso pubblico e/o a curricula vitae presentati dai candidati[15], ritenendo che “l’amministrazione abbia correttamente respinto l’accesso civico ai documenti richiesti”, aggiunge: “Resta, in ogni caso, salva la possibilità per l´istante di accedere alla predetta documentazione, anche per motivi diversi da quelli già oggetto di richiesta di ostensione avanzata in passato, laddove dimostri l´esistenza di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l´accesso», ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990[16].

Basti dire che nel caso di specie, alla luce dei pronunciamenti della Commissione per gli accessi agli atti amministrativi e i consolidati orientamenti della giurisprudenza amministrativa, certamente che ha inopportunamente esercitato l’accesso civico generalizzato, ha i requisiti per accedere alla documentazione richiesta attraverso l’istanza di accesso ordinario disciplinato dalla legge n. 241/90, sussistendono tutti gli elementi sostanziali ivi previsti[17].

Come anticipato, della generica attivazione, a volte anche contestuale, delle varie forme di accesso agli atti si discute anche in sede amministrativa. A tal proposito, si rileva che nelle recentissime pronunce i giudici, dopo aver ripercorso le differenze e le similitudini tra le tre diverse forme di accesso agli atti (accesso documentale, civico e generalizzato) previste e disciplinate dal nostro ordinamento, confermano che ciascuna di esse sia applicabile a diverse e specifiche fattispecie e non possono essere utilizzate indiscriminatamente.

Il principio di diritto condiviso è il seguente: Si tratta di istituti a carattere generale ma ognuno con oggetto diverso, e sono applicabili ognuno a diverse e specifiche fattispecie: ne segue che ognuno di essi opera nel proprio ambito di azione senza assorbimento della fattispecie in un’altra, e senza abrogazione tacita o implicita ad opera della disposizione successiva poiché diverso è l’ambito di applicazione di ciascuno di essi. Ognuno di questi presenta caratteri di specialità rispetto all’altro” (si vedano le sentenze: Tar Lazio, sez. II bis, 2 luglio 2018, n. 7326; TAR Toscana, sentenza del 20.12.2019, n. 1748; TAR Lazio, 425 del 14 gennaio 2019; Consiglio di Stato, sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503)

La giustizia amministrativa ha anche chiarito che “Di conseguenza, laddove il richiedente abbia espressamente optato per un modello è precluso all’Amministrazione qualificare diversamente l’istanza, al fine di individuare la disciplina applicabile. Correlativamente il richiedente, una volta effettuata la propria istanza motivata dai presupposti di una specifica forma di accesso, non potrà effettuare una conversione della stessa in corso di causa. Questa infatti si radica su una specifica richiesta e sulla relativa risposta negativa dell’Amministrazione che concorrono a formare l’oggetto del contendere. Non può quindi ammettersi un mutamento del titolo giuridico dell’accesso in corso di controversia poiché il rapporto tra richiedente ed Amministrazione (o soggetto equiparato) si è formato non attorno ad un generico (asserito) diritto del primo di accedere a una determinata documentazione ma su una richiesta precisamente connotata nei suoi presupposti giuridici e fattuali” (TAR Toscana, sentenza del 20.12.2019, n. 1748 che si uniforma alla ivi esplicitamente citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2019 n. 5503).

Per completezza si rileva che il Consiglio di Stato, sezione III, con l’ordinanza n. 8501 del 15 dicembre 2019 ha rimesso di recente all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del codice del processo amministrativo, la questione dei rapporti tra accesso civico generalizzato e accesso ordinario in relazione alla materia di contratti pubblici.

Così recita il relativo capo dell’ordinanza di rimessione:

– III. “Se, in presenza di un’istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla legge n. 241/1990, o ai suoi elementi sostanziali, l’amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato di cui al decreto legislativo n. 33/2013; se, di conseguenza, il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla legge n. 241/1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato[18].

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Testi che potrebbero essere consultati per ogni opportuno approfondimento degli argomenti trattati:

– A. AVENI, Il diritto di accesso agli atti nella pubblica amministrazione, aggiornato al D. Lgs. n. 97/2016 e alla giurisprudenza del febbraio 2018, La Moderna, 2018;

– M. DI RIENZO & M. FERRARINI, Manuale operativo sull’accesso civico generalizzato, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2018;

– S. FOÀ, “La nuova trasparenza amministrativa”, in Diritto Amministrativo, 2017, fasc. 1, pp. 65-99.

Note

[1] Al comma 2 dell’art. 22 della Legge in parola si legge infatti che: “L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”.

[2] Tra i vari riferimenti normativi più significativi: Legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”; Legge 27 maggio 2015, n. 69 recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”.

[3] È stato adottato anche un regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli art. 19 e 20, L. n. 241/1990, il D.P.R., 26/04/1992 n° 300, G.U. 27/05/1992.

[4] Per un approfondimento sul tema, si veda il rapporto “La corruzione in Italia (2016-2019)“, di fine mandato del presidente dimissionario dell’Autorità Nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, al seguente link: https://www.eticapa.it/eticapa/il-rapporto-cantone-sulla-corruzione-in-italia-2016-2019/

[5] Dalla classifica relativa all’indice di Percezione della Corruzione (CPI) 2019 pubblicata da Transparency International l’Italia è al 51° posto nel mondo con un punteggio di 53/100. Per approfondimenti: https://www.transparency.it/indice-percezione-corruzione-2019/.

[6] Legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2015 ed è in vigore dal 28 agosto 2015. La legge è costituita da 23 articoli, così suddivisi: artt. 1-7: semplificazioni amministrative; artt. 8-10: organizzazione; artt. 11-15: personale; artt. 16-23: deleghe per la semplificazione normativa.

[7] Il Ministero per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno ha emanato la circolare n. 1/2019 recante: “Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA)”, le cui raccomandazioni operative integrano quelle contenute nella precedente circolare n. 2/2017.

[8] Anche se, per completezza, va rilevato che esiste un orientamento sia pur minoritario secondo il quale la necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere, non implica nemmeno la riduzione dell’accesso ad una situazione meramente strumentale rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante. “L’accesso, in tal senso, assume invece una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti in questione, potrebbe proporre; ed invero, il diritto di accesso ai documenti amministrativi, introdotto dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, a norma dell’art. 22 comma 2 della stessa legge, come sostituito dall’art. 15, l. 11 febbraio 2005 n. 15, costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, il quale si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi. In quest’ottica, il collegamento tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza, di cui al cit. art. 22, comma 1, lett. b), non può che essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse” (Consiglio di Stato, sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116). Altre pronunce hanno “sganciato il diritto di accesso dalla ristretta nozione di mezzo al fine di esercitare un’azione giurisdizionale” (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768. Conformi, Consiglio di Stato, sez. VI, 19 gennaio 2010, n. 189; TAR Brescia, sez. II, 11 giugno 2010, n. 2310). I Giudici Amministrativi anche statuito che: “Il diritto di accesso riveste valenza autonoma; non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio ma è indipendente dalla possibilità di instaurare un processo; va ricondotto unicamente alla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, collegato in senso ampio alla documentazione richiesta, che deve essere genericamente mezzo utile alla difesa di detto interesse” (Consiglio di Stato, sez. V, 22 giugno 2012, n. 3683).

[9] In merito a tale ultimo aspetto si è pronunciata anche la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi formulando il parere espresso nella seduta del 11 maggio 2012:

DOCUMENTI AMMINISTRATIVI UTILI ALLA DIFESA IN UN PROCEDIMENTO GIUDIZIARIO PENDENTE A CARICO DI UN DIPENDENTE PUBBLICO IN QUIESCENZA – ACCESSIBILITÀ PER LA DIFESA DI INTERESSI GIURIDICI: Oltre a sussistere un evidente interesse personale e concreto del dipendente pubblico che, seppur in quiescenza, intende accedere ai documenti amministrativi inerenti il rapporto di lavoro cessato al fine di difendere i propri interessi giuridici nel corso dei procedimenti giudiziari pendenti – il diritto di accesso non può essere intaccato o subordinato all’effettiva utilità “in giudizio” dei documenti richiesti, non potendo l’amministrazione ingerirsi nelle strategie difensive della parte né comunque anticipare una valutazione sulla rilevanza della documentazione richiesta nel giudizio di merito che spetta esclusivamente al giudice. Pubblicato nel massimario a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il coordinamento amministrativo – DICA edizione n. 16.1 – Supplemento al volume “L’accesso ai documenti amministrativi” n. 16, 2013.

[10] La giurisprudenza amministrativa è già intervenuta più volte a valorizzare questo istituto: ex plurimis: TAR Napoli, Sez. VI, 3/12/2017, n. 5901 in cui viene indicato come l’accesso civico generalizzato rappresenti una delle misure più importanti di prevenzione della corruzione nella P.A.

[11] In molti paesi è in vigore da circa 40 anni e per la prima volta fu adottato negli Stati Uniti il 4 luglio 1966.

[12] Per quanto riguarda le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, c. 2, del d. lgs. n. 33/2013 si rimanda alla determinazione n. 1309 del 28/12/2016 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie  Generale n. 7 del 10 gennaio 2017) recante “LINEE GUIDA RECANTI INDICAZIONI OPERATIVE AI FINI DELLA DEFINIZIONE DELLE ESCLUSIONI E DEI LIMITI ALL’ACCESSO CIVICO DI CUI ALL’ART. 5 CO. 2 DEL D.LGS. 33/2013, adottate ai sensi dell’art. 5 bis, co. 6, secondo cui “ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti l’Autorità nazionale anticorruzione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. 281/1997, adotta linee guida recanti indicazioni operative”.

[13] Per l’esame di tutti i parere sino ad oggi espressi dal Garante privacy in tema di accesso civico generalizzato si veda al seguente link ipertestuale: https://www.foia.gov.it/pareri/

[14] Nello specifico del parere, il Garante nell’ambito del procedimento relativo ad una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un accesso civico relativo alle «Copie degli elaborati delle prove scritte, dei relativi verbali di correzione e dei curriculum vitae sottoposti da tutti i candidati nell’ambito della procedura concorsuale per l’accesso al 33° ciclo del corso di dottorato di ricerca in Scienze della Formazione e Psicologia», ha confermato la decisione di diniego dell’accesso già adottata dall’Università degli Studi di Firenze.

[15] In particolare i pareri n. 162 del 30 marzo 2017, doc. web. n. 6393422; n. 246 del 24 maggio 2017, doc. web. n. 6495600; n. 366 del 7 settembre 2017, doc. web n. 7155171; n. 433 del 26 ottobre 2017, doc. web n. 7156158)

[16] Così anche al parere su una istanza di accesso civico n. 26 del 18 gennaio 2018 relativo al diniego opposto a una richiesta di accesso civico generalizzato a una serie di documenti riferiti all’accesso alla qualifica dirigenziale da parte di un dipendente INPS si legge: “Nel caso sottoposto all´attenzione del Garante, invece, dalla richiesta di riesame risulta che le ragioni che hanno condotto alla richiesta di accesso civico riguardano la necessità di tutelare uno specifico interesse dell´istante. Per questi aspetti, quindi, rimane impregiudicata ogni valutazione dell´INPS in ordine alla verifica, nel caso in esame, dell´esistenza di un interesse qualificato dell´istante e dei presupposti per l´esercizio del diverso diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della legge n. 241 del 7/8/1990. Ciò anche alla luce delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell´ANAC in materia di accesso civico, laddove è precisato che «Resta, in ogni caso, ferma la possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l´accesso generalizzato possano essere resi ostensibili al soggetto che abbia comunque motivato nell´istanza l´esistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l´accesso”, trasformando di fatto, con riferimento alla conoscenza dei dati personali, l´istanza di accesso generalizzato in un´istanza di accesso ai sensi della l. 241/1990» (par. 6.2.)”.

[17] Per ogni opportuno approfondimento si vedano i seguenti link ipertestuali che rimandano ai massimari dove sono pubblicati i numerosi e conformi pareri della Commissione accesso agli atti a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il coordinamento amministrativo – DICA: http://www.commissioneaccesso.it/media/16944/acc.11.pdf; http://www.commissioneaccesso.it/media/42608/accesso%2015-intranet.pdf. Conforme a tali orientamenti amministrativi è anche la consolidata giurisprudenza amministrativa: per tutte le sentenze si citano le seguenti: TAR, Lazio-Roma, sez. II quater, sentenza 03/09/2010 n° 32103; ; TAR Lazio sent. n. 8772/2012; TAR Basilicata sent. n. 260/2012; TAR Lazio sent. n. 11450/2016.

[18] Per visionare i documenti relativi alla questione, si veda al seguente link: https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/al-vaglio-dell-adunanza-plenaria-la-disciplina-dell-accesso-nei-contratti-pubblici-tra-accesso-ordinario-accesso-civico-e-autonoma-qualificazione-dell

Dott. Silvio Garofalo Quinzone

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