La Consulta, nella sentenza n. 08 pubblicata il 04 febbraio 2025, si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate da un G.U.P. di un Tribunale per i minorenni, aventi per oggetto la nuova disciplina della sospensione del processo per messa alla prova del minore, introdotta in sede di conversione del decreto-legge cd. “Caivano”. Alla conversione abbiamo dedicato l’articolo Decreto legge Caivano: le modifiche apportate dal Senato
Indice
1. I fatti: messa alla prova minorile del decreto cd. “Caivano”
Al G.U.P. era stata rivolta l’istanza di ammissione alla prova a opera di due minorenni, chiamati a rispondere di reati sessuali posti in essere prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, quando non erano previste preclusioni fondate sul titolo di reato. Secondo il G.U.P., la previsione ostativa sarebbe di immediata applicazione, secondo il principio tempus regit actum, poiché connotata da una natura prevalentemente processuale. Secondo la Consulta, invece, nei casi oggetto dei giudizi a quibus, i reati erano stati commessi prima del 15 novembre 2023. Prima di tale data, gli imputati potevano avere accesso, anche per quei reati, a un trattamento di risocializzazione che matura fuori dal carcere e che esclude anche l’accertamento di responsabilità penale, possibilità, invece, esclusa a seguito dell’entrata in vigore della disposizione di cui il G.U.P. ha lamentato il contrasto costituzionale.
2. Le questioni sollevate dal G.U.P.
Il G.U.P. rimettente, in dettaglio, ha lamentato il contrasto con l’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, del comma 5-bis, inserito nell’articolo 28 del d.P.R. n. 448/1988, che ha precluso la messa alla prova, nel processo minorile, per gli imputati di taluni delitti, tra i quali figurano la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo aggravate.
3. L’inammissibilità per irrilevanza e la non retroattività della norma
Le questioni sono state dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza. La Consulta ha chiarito che l’interpretazione del giudice a quo non può essere condivisa, in quanto alla messa alla prova, che costituisce un istituto significativo del processo penale minorile, deve essere riconosciuta una dimensione sostanziale, che ne attrae la disciplina nell’alveo dell’articolo 25, secondo comma, della Costituzione e dell’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), riconducendola al principio di irretroattività della norma penale sfavorevole.
4. La norma incriminata (messa alla prova minorile)
L’articolo 28, comma 5-bis, del d.P.R. n. 448/1988 impedisce, infatti, per i reati ivi contemplati, che l’imputato minorenne possa essere sottratto al circuito penale, senza che rilevino le circostanze concrete della sua condotta e le effettive possibilità del suo reinserimento sociale. Tale norma configura, per i reati ivi considerati, una presunzione iuris et de iure di gravità delle condotte associate a detti reati, tale da impedire qualsiasi possibilità che il minore venga sottratto al circuito processuale volto all’accertamento di responsabilità e, eventualmente, all’irrogazione della pena. Le novelle apportate dalla disposizione censurata alla disciplina della sospensione del processo minorile con messa alla prova, dunque, poiché volte a precludere l’applicabilità dell’istituto in relazione a taluni reati, danno luogo a una disciplina sostanziale di contenuto deteriore rispetto a quella previgente e, per l’effetto, non possono essere applicate per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 159/2023, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 123/2023.
5. La compliance costituzionale
La previsione in argomento incide, pertanto, in modo diretto sulla disciplina sostanziale, introducendovi un contenuto deteriore rispetto alla previgente, e quindi, nel rispetto degli articoli 25, secondo comma, della Costituzione e 7 della CEDU, non può essere applicata ai fatti commessi anteriormente al 15 novembre 2023, data di entrata in vigore della nuova disciplina.
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