Esame notaio, va ordinata la ricorrezione degli elaborati del ricorrente nel caso in cui questi rispettano i criteri di correzione

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E’ questo il principio con cui il TAR Lazio ha accolto il ricorso di un candidato non ammesso alla prova orale del concorso per notaio.

In particolare, per il TAR capitolino nel caso in cui dall’esame dell’elaborato valutato insufficiente emerga chiaramente che lo stesso non sia tale, il GA può ordinare alla Commissione la ricorrezione dell’elaborato senza intaccare con ciò la discrezionalità della PA.

Avv. ****************

 

N. 06595/2013 REG.PROV.COLL.

N. 08008/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Nel giudizio introdotto con il ricorso 8008/12, proposto da ***, rappresentata e difesa dagli avv. ti G. e G. Pellegrino, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, corso Rinascimento 11;

contro

Il Ministero della giustizia, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

nei confronti di

***, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento con cui la ricorrente non è stata ammessa a sostenere la prova orale per la nomina a 200 posti di notaio indetto con d.m. 28 settembre 2009, come risultato dall’elenco alfabetico contenente i risultati delle valutazioni delle prove scritte elaborato dalla Commissione, pubblicato sul sito del Ministero della Giustizia in data 7.6.2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Le tre prove scritte del concorso per la nomina a notaio hanno a oggetto un atto di ultima volontà e due atti tra vivi, l’uno di diritto commerciale e l’altro di diritto civile (art. 6 del d. lgs. 24 aprile 2006, n. 166): oltre a redigere ciascun atto, secondo la traccia fornita, il candidato deve anche separatamente esporre i principi attinenti agli istituti giuridici relativi all’atto stesso (art. 6, II comma, d. lgs. cit.).

1.2. La commissione di concorso, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l’ordine di correzione delle prove.

Si divide quindi in tre sottocommissioni (art. 10 d. lgs. cit.), ciascuna delle quali procede poi alla correzione di una parte degli elaborati, attribuendo conclusivamente a ciascun candidato un giudizio complessivo di “idoneità” o di “non idoneità” (art. 11); peraltro, se “dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione … la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi” (art. 11, VII comma).

1.3. Il giudizio d’idoneità – in cui il punteggio vale motivazione – comporta l’attribuzione del voto minimo di trentacinque punti a ciascuna delle tre prove scritte; la commissione può peraltro assegnare anche un voto maggiore, fino a cinquanta punti.

1.4. Al contrario, il giudizio d’inidoneità, secondo la disciplina vigente all’epoca dei fatti di causa, doveva essere motivato (art.11, VII comma); attualmente – ma la nuova previsione non si applica al concorso in esame – “il giudizio di non idoneità è sinteticamente motivato con formulazioni standard, predisposte dalla commissione quando definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati” (così, il ripetuto art. 11, VII comma, dopo la modifica, introdotta dall’ art. 34, comma L, lett. f), del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come sostituito dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221).

2.1.1. Il concorso a 200 posti per la nomina a notaio, cui ha partecipato parte ricorrente, risultando inidonea agli scritti, fu bandito con decreto dirigenziale 28 dicembre 2009, e la commissione plenaria si riunì il 14 marzo 2011 per fissare i criteri generali cui attenersi nella correzione.

2.1.2. Fu così anzitutto stabilito che, “nella valutazione delle soluzioni adottate” la commissione avrebbe avuto cura di considerare prioritariamente

a) la rispondenza dell’elaborato al contenuto della traccia;

b) l’aderenza delle soluzioni adottate alle norme ed ai principi dell’ordinamento giuridico;

c) la corrispondenza delle soluzioni all’interesse delle parti, quale manifestato al notaio dai contraenti e disponenti;

d) l’adeguatezza delle tecniche redazionali, anche nella prospettiva della chiarezza espositiva dell’atto”.

2.1.3. Inoltre, la commissione, a integrazione di quanto previsto dalla legge, dispose “che l’esame degli elaborati possa terminare anche prima della correzione del terzo elaborato, e comunque di dover dar luogo a giudizio negativo, nelle ipotesi in cui nella correzione di uno qualsiasi degli elaborati si verifichi una delle seguenti circostanze:

1) errata interpretazione, ovvero comunque travisamento della traccia, tali da far pervenire il candidato alla formulazione di un atto che non realizza le finalità pratiche indicate dalle parti;

2) contraddittorietà tra le soluzioni adottate, ovvero tra esse o una di esse, e le relative ragioni giustificative; mancanza di adeguata giustificazione delle soluzioni adottate;

3) omessa trattazione di argomenti richiesti in parte teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione di argomenti richiesti in parte teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione degli stessi;

4) gravi, non occasionali, errori di grammatica o di sintassi”.

2.1.4. Infine, la commissione decise di correggere dapprima l’atto di ultima volontà, poi l’atto di diritto commerciale e, da ultimo, quello di diritto civile.

3.1. Orbene, prima di passare a esaminare il ricorso proposto, va in generale osservato che il giudizio, operato da una commissione concorsuale sulla preparazione tecnico-scientifica del candidato, è caratterizzato da un’ampia discrezionalità tecnica, la quale limita il sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

3.2. È bensì vero che tale sindacato sugli apprezzamenti tecnici dell’Amministrazione si svolge in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo (cfr., tra le ultime C.d.S., V, 1 aprile 2011, n. 2016).

Ciò non toglie, peraltro, che il limite di tale potere di verifica sia variabile, in relazione alla natura della valutazione cui si riferisce; quanto più ampio è lo spazio d’incertezza ed opinabilità delle soluzioni, compatibili con le regole astratte delle scienze applicabili, tanto minore è il sindacato di cui dispone il giudice amministrativo ed il suo conseguente potere di annullamento: e ciò vale anche nell’ambito qui d’interesse.

3.4. Invero, la complessità, e la conseguente opinabilità delle questioni giuridiche, sottese ai quesiti che costituiscono le prove d’esame del concorso notarile, fanno sì che le relative valutazioni operate dalla commissione non siano sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei a evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile (cfr. ex multis C.d.S., IV, 2 marzo 2011, n. 1350; id., 3 dicembre 2010, n. 8504; 9 settembre 2009, n. 5406; 29 febbraio 2008, n. 774; 22 gennaio 2007, n. 179).

3.5. In altre parole, di regola sussiste un’insindacabilità del giudizio della commissione da parte del giudice amministrativo, la quale però viene meno nei casi in cui tale giudizio sia viziato da un chiaro travisamento di fatto, ovvero da profili di palese illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà, incompletezza e incongruenza, emergenti dalla stessa documentazione, tali da configurare un palese eccesso di potere: se, in presenza di tali profili, il giudice amministrativo accoglierà il ricorso, non entrerà comunque nel merito della valutazione, proprio per via della loro evidenza (C.d.S., IV, 27 novembre 2008, n. 5862; id, 17 gennaio 2006, n. 172; id. 22 settembre 2005, n. 4989).

3.6. Tale conclusione, comunque, trova oggi conferma nella rammentata nuova formulazione dell’art. 11, VII comma, del d. lgs. 166/06: stabilendo che il giudizio di non idoneità è sinteticamente motivato con formulazioni standard, il legislatore da un canto ribadisce l’ampia discrezionalità tecnica della commissione, e, dall’altro, limita il sindacato del giudice, che – a parte casi eccezionali – non potrà più contestare l’adeguatezza della motivazione, o approfondire, se non in casi del tutto limitati il denunciato contrasto tra questa e il contenuto degli elaborati.

4.1. Passando ora a esaminare il ricorso in epigrafe, nel verbale di correzione n. 282 del 12 gennaio 2012, il seguente passo si riferisce al candidato n. 1241, poi identificato con la ricorrente ***:

« – Atto mortis causa: La Commissione, all’unanimità, delibera di procedere alla lettura del secondo elaborato, pur rilevando che il candidato, pur adottando la soluzione della istituzione ex art. 588 c.c. non disciplina in atto la sorte dei beni residui. Inoltre, in parte motiva non enuncia esaurientemente le ragioni giuridiche della scelta compiuta, limitandosi ad accenni.

– Atto di diritto commerciale: La Commissione, all’unanimità, delibera di procedere alla lettura del terzo elaborato, pur rilevando che il candidato non ha chiaro il regime delle autorizzazioni richieste dall’atto e le caratteristiche della comunione incidentale di azienda gestita in impresa familiare.

– Atto di diritto civile La commissione, alla unanimità, rileva che la tecnica redazionale è del tutto inadeguata, essendo l’atto costruito in maniera talmente oscura e confusa che non raggiunge le finalità richieste. In particolare, i vari aspetti vengono disciplinati in maniera difforme sia nella lunghissima premessa, sia nell’articolato, e il candidato non si pone il problema della possibilità di ritenere la caparra a fronte dell’effetto risolutivo della condizione di inadempimento prevista, omettendo di distinguere tra effetti programmatici ed attuativi del contratto. Le parti teoriche dei singoli elaborati risultano carenti dei necessari approfondimenti, se non mera parafrasi delle norme codicistiche. Pertanto, la Commissione, all’unanimità, peraltro complessivamente valutando, dichiara il candidato NON IDONEO».

4.2.1. La *** ha allora proposto il ricorso in esame, deducendo censure intitolate all’eccesso di potere per travisamento, contraddittorietà con i criteri di valutazione fissati dalla stessa Commissione, per irrazionalità, per genericità e insufficienza di motivazione.

4.2.2. Invero, la commissione sarebbe incorsa in un errore di fatto nel valutare il terzo elaborato, nel cui testo è inclusa, all’art. 8, una condizione risolutiva, per cui il contratto di compravendita sarebbe sottoposto “alla condizione unilaterale, risolutiva e volontaria, del mancato pagamento del prezzo da parte di ****, al momento della stipula del verbale ricognitivo della condizione di cui al precedente articolo sette, al cui verificarsi, salvo rinuncia della facoltà di avvalersene, da parte di Tizio, si determinerà la risoluzione del presente contratto e il diritto di questi a ritenere la somma, in data odierna versata”.

4.2.3. Il testo della disposizione contrattuale, secondo la ricorrente, sarebbe “chiarissimo nell’escludere che l’effetto retroattivo del verificarsi della condizione di inadempimento determinasse per il venditore l’obbligo alla restituzione della parte di prezzo già percepita, essendo espressamente previsto il suo diritto a trattenere quanto ricevuto al momento della conclusione del contratto”; nella motivazione dell’atto, inoltre, si specifica che, alla risoluzione del contratto, conseguirà il diritto di Tizio di trattenere la somma.

Non è dunque vero che la candidata non si sia posta “il problema della possibilità di ritenere la caparra a fronte dell’effetto risolutivo della condizione in inadempimento”: la commissione avrebbe erroneamente addebitato all’elaborato della ricorrente la mancata previsione di un effetto, che quello invece prevede espressamente.

4.3.1. La censura è in fatto fondata, come si può pianamente ricavare dal raffronto dell’elaborato con il relativo giudizio: del resto, l’Amministrazione, nelle sue difese, implicitamente riconosce la fondatezza del rilievo, nel momento in cui sposta il proprio giudizio critico sulla mancanza di adeguata motivazione, quanto a tale profilo specifico.

4.3.2. Ebbene, il Collegio, in coerenza con le considerazioni espresse al precedente § 3, deve rilevare che proprio l’ampio margine di discrezionalità, riconosciuto alla commissione d’esame, impone di attribuire comunque rilevanza determinante agli eventuali travisamenti su cui si fonda il giudizio sfavorevole espresso dalla commissione stessa.

4.3.3. Invero, a parte il caso in cui sia evidente che tale travisamento non ha in alcun modo influito sulla determinazione conclusiva, non può il giudice sottoporre quest’ultima a una sorta di prova di resistenza, valutando la rilevanza dell’errore ai fini dell’idoneità.

In tal modo, infatti, il giudicante sovrapporrebbe la propria valutazione a quella dell’organo tecnico, dopo aver negato di poter svolgere, di norma, un sindacato sul giudizio di quello: ciò che deve evidentemente valere anche a sfavore della medesima commissione.

4.3.4. D’altra parte, la fattispecie sanante, codificata dall’art. 21 octies l. n. 241 del 1990 – secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato – non consente, tanto più con riferimento ad un provvedimento discrezionale, l’integrazione ex post di una motivazione carente: e tale è, evidentemente, anche quella che reca degli erronei presupposti di fatto (salvo il caso, qui non ricorrente, che si tratti di mera esplicitazione di una motivazione immanente già in nuce nel provvedimento impugnato e preceduta da nuova attività istruttoria, in quanto il vizio di omessa istruttoria ha natura sostanziale e non meramente formale o procedurale: cfr. C.d.S., IV, 27 maggio 2010, n. 3377).

5.1. Il Collegio deve pertanto accogliere senz’altro il ricorso, annullando così il giudizio sfavorevole emesso nei confronti della ricorrente.

5.2.1. Per l’effetto, ex art. 34, I comma, lett. e) c.p.a., va ordinato all’Amministrazione resistente di ricostituire, entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, la commissione esaminatrice del concorso de quo, affinché questa, in composizione diversa da quella che vi aveva originariamente provveduto, rivaluti gli elaborati della candidata ***, dopo che ne saranno stati eliminati, per quanto possibile, tutti i segni di riconoscimento.

5.2.2. La nuova correzione andrà compiuta nel rispetto dei criteri generali fissati dalla commissione plenaria il 14 marzo 2011, e procedendo dall’atto mortis causa: la valutazione d’idoneità, infatti, può essere svolta solo apprezzando tutte le prove, ove naturalmente non si ritenga di applicare il disposto di cui al ripetuto art. 11, VII comma, del d. lgs. 166/06.

5.5.3. Ove il nuovo giudizio si concluda con l’ammissione alla fase orale, la commissione dovrà applicare alla *** un trattamento analogo a quello ai candidati che vi erano stati ammessi nella sessione ordinaria.

6. Le spese di lite possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato giudizio d’inidoneità, ponendo a carico dell’Amministrazione resistente gli adempimenti conseguenti, secondo quanto precisato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio addì 20 marzo 2013 con l’intervento dei signori magistrati:

Così deciso in Roma nella camera di consiglio addì 20 marzo e 8 maggio 2013 con l’intervento dei signori magistrati:

*******************, Presidente

Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore

**********, Consigliere

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Matranga Alfredo

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