Diritto di visita: escluso l’intervento dei nonni nel giudizio di separazione tra i coniugi

Redazione 30/12/11
Scarica PDF Stampa

di Anna Costagliola

Secondo quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza del 27 dicembre, n. 28902, i nonni non possono agire nel giudizio di separazione per regolare il loro diritto di visita con i minori.

Il ruolo che i nonni possono ricoprire in occasione di una crisi coniugale è senza dubbio importante, soprattutto sotto il profilo del sostegno psicologico che essi sono in grado di offrire al discendente sottoposto al travaglio, spesso traumatico, della separazione. Tale ruolo è tuttavia spesso mortificato per le problematiche di natura giuridica che possono insorgere, a seguito della separazione coniugale, nel rapporto tra i nonni e la prole della coppia, a maggior ragione quando le relazioni tra ascendenti e genitori affidatari sono conflittuali.

Nel nostro ordinamento giuridico, fino al 2006, i nonni ovvero gli ascendenti legittimi o naturali non erano contemplati da alcuna norma giuridica quali titolari di un diritto di visita nei confronti dei nipoti minori, nonostante le frequenti istanze tendenti al riconoscimento della garanzia di poter conservare un rapporto costante tra i nonni e i propri discendenti. È solo con la L. 54/2006 che la materia della separazione coniugale è stata ripensata alla luce di una maggiore considerazione dell’aspetto affettivo e relazionale del minore coinvolto nella crisi coniugale. Con tale legge alla regola dell’affidamento esclusivo dei figli all’uno o all’altro dei genitori secondo il prudente apprezzamento del giudice o secondo le intese già raggiunte in proposito tra i coniugi è stata sostituita quella dell’affidamento cd. condiviso, ossia dell’affidamento ad entrambi i genitori, i quali hanno pari dignità ed eguali diritti e doveri. Con ciò si attua il principio della «bigenitorialità», principio risalente alla Convenzione internazionale di New York del 20 novembre 1989 sui diritti dei minori, in base al quale il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore e di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi.

Per i giudici della Cassazione, tuttavia, le novellate disposizioni in materia di affidamento della prole, nel prevedere il diritto dei figli minori di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 155, co. 1, codice civile), non determinano i presupposti per la legittimità dell’intervento di questi ultimi nel giudizio di separazione personale dei coniugi allo scopo di ottenere, come nel caso specifico, l’affidamento della prole o, comunque, e sempre nell’interesse di questa, una congrua regolamentazione degli incontri tra nonni e nipoti. Come precisa la Corte, la previsione di cui all’art. 155, co. 1, codice civile affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell’articolazione di provvedimenti da adottare in tema di affidamento della prole, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto ad una crescita sana ed equilibrata, ma non incide sulla natura e sull’oggetto dei giudizi di separazione e di divorzio, e non consente, pertanto, alcuna iniziativa sul piano giudiziario da parte degli ascendenti. L’interesse indiretto di questi ultimi, di natura morale e affettiva, affinché sia realizzato il diritto dei minori a conservare quei rapporti di natura familiare assolutamente indispensabili sul piano psicologico, non è dunque a tal punto valorizzato da assurgere a posizione soggettiva direttamente tutelabile, cosicché non è in alcun modo ipotizzabile un intervento principale o litisconsortile nel giudizio.

In altri termini, conclude la Corte, in assenza di un dato normativo che autorizzi un’iniziativa sul piano giudiziario da parte degli ascendenti, non è consentito l’intervento degli stessi nei giudizi di separazione e divorzio, nei quali la posizione dei minori è tutelata sotto forme che non prevedono la loro assunzione della qualità di parte. L’avere, infatti, il legislatore del 2006 sancito la titolarità da parte del minore del diritto alla conservazione delle relazioni affettive con i nuclei di provenienza non è sufficiente, in mancanza di una previsione normativa, a ritenere che altri soggetti diversi dai coniugi siano legittimati ad essere parti.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento