Danno erariale e forze armate: responsabilità amministrativo-contabile del militare

Marco Rossi 02/04/24
Scarica PDF Stampa

Approfondimento sulla responsabilità amministrativo-contabile del militare e sul suo accertamento.

Indice

1. Premessa

La responsabilità amministrativo-contabile assume fondamentale importanza nella salvaguardia degli interessi finanziari dello Stato, contribuendo altresì a prevenire la dissipazione di risorse economiche da parte dei soggetti legati da un rapporto di impiego con la Pubblica Amministrazione. Il militare, in qualità di pubblico dipendente, soggiace pienamente all’applicazione del procedimento amministrativo-contabile ogniqualvolta appaia verosimile il verificarsi di un danno erariale, inteso come qualsiasi lesione o spreco sofferto dallo Stato o, più nello specifico, da un ente pubblico. In tal contesto, è bene conoscere il quadro normativo che disciplina i criteri e le modalità di attuazione dell’intero procedimento, delineandone i passaggi necessari per l’accertamento della responsabilità e per la quantificazione del danno. Tuttavia, il procedimento amministrativo-contabile all’interno delle Forze Armate assume un ulteriore grado di complessità a causa delle peculiarità dell’ambiente militare e delle speciali norme tecniche regolamentari in materia che ne determinano l’organizzazione e il funzionamento.

2. La fattispecie del danno erariale

Per iniziare, occorre analizzare gli elementi costitutivi e caratterizzanti del danno erariale ex art. 1, comma 1, l. n. 20/1994, così da poterlo inquadrare nel contesto militare e comprendere le implicazioni che circondano la responsabilità amministrativo-contabile del pubblico dipendente. In termini del tutto generali, quest’ultima è strutturata in modo analogo alla responsabilità civile ex art. 2043 c.c., ad eccezione di tre aspetti che denotano la specificità della fattispecie in questione: a) il rapporto di impiego tra il danneggiante e la Pubblica Amministrazione; b) la qualità del danneggiato; c) la natura del danno cagionato, legato da un nesso di causalità alle condotte illecite attuate dal pubblico dipendente in violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione.
Nel contesto militare, il danno erariale è quindi, in primo luogo, caratterizzato da una condotta commissiva o omissiva posta in essere dall’appartenente le Forze Armate in violazione dei doveri o obblighi derivanti dal servizio, da cui ne derivi un evento lesivo patrimoniale sofferto dall’Erario. L’evento dannoso – che si riferisce, nello specifico, al danno emergente o al lucro cessante a carico dell’ente pubblico – deve essere concreto, quantitativamente determinabile e contra ius. Nonostante ciò possa apparire lapalissiano, il concetto di patrimonio pubblico comprende oggigiorno un novero sempre più esteso di interessi pubblici, slegati dalla nozione di patrimonio strictu sensu, che risultano tuttavia essere suscettibili di valutazione economica. Si pensi, ad esempio, ai danni all’immagine sofferti dall’Amministrazione di appartenenza a seguito della commissione di un reato da parte di un pubblico impiegato: la giurisprudenza della Corte dei conti si è pronunciata più volte stabilendo che taluni reati commessi dal pubblico dipendente e accertati con sentenza irrevocabile, allorché tentati, determinano “in capo al colpevole responsabilità erariale per danno all’immagine della pubblica amministrazione di appartenenza[1].
L’evento dannoso può essere diretto o indiretto: nel primo caso la lesione consegue alla condotta illecita del militare nei confronti del patrimonio dell’Amministrazione, mentre nel secondo caso l’impoverimento subito da quest’ultima trae origine da un’azione risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione, esperita con successo da un terzo danneggiato dal comportamento del pubblico dipendente.
Il successivo elemento caratterizzante della fattispecie, utile a determinare la sussistenza di una responsabilità da danno erariale in capo al militare, riguarda l’elemento soggettivo, o psicologico: l’art. 1, co. 1 della l. n. 20/1994 stabilisce, infatti, che la responsabilità amministrativo-contabile dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è “limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave”.
Il concetto di dolo si caratterizza per una duplice componente di coscienza e volontà: essa si traduce quindi nella determinazione intenzionale di attuare una condotta contraria ai doveri d’ufficio o agli obblighi di legge che regolano la pubblica funzione, nonostante la consapevolezza delle proprie responsabilità. Nello specifico contesto militare, il dolo è ipotizzabile nel caso in cui il soggetto agisca in violazione di una norma o di un regolamento, come, ad esempio, quando il danno si verifichi a seguito della commissione di un reato doloso. A mero titolo esemplificativo e al fine di cogliere gli aspetti pratici di quanto appena detto, si può affermare con certezza il sussistere della responsabilità per danno erariale doloso in capo al militare che, simulando la propria infermità, si sottragga agli obblighi militari e percepisca indebitamente degli emolumenti stipendiali, non dovuti [2].
La colpa grave, invece, è definita dalla recente dottrina e giurisprudenza contabile come la “sprezzante trascuratezza dei propri doveri, resa estensiva attraverso un comportamento improntato a massima negligenza o imprudenza ovvero ad una particolare non curanza degli interessi pubblici[3]. La condotta commissiva o omissiva legata da un collegamento eziologico imprescindibile all’evento dannoso deve essere tale da far desumere una “estrema leggerezza e disprezzo dei beni appartenenti alla Amministrazione di appartenenza del militare[4], non potendo quindi ipotizzarsi la responsabilità da danno erariale a seguito della sola violazione del criterio di diligenza media del buon padre di famiglia ex art. 1176 c.c.

3. La denuncia dell’ipotesi di danno erariale

Fuori dai casi previsti dall’art. 452, co. 8, d.P.R. 90/2010 (T.U.O.M.), al verificarsi di un’ipotesi di danno erariale ascrivibile ad un militare, consistente, sulla base del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare in “mancanze, deterioramenti e diminuzioni di denaro e di materiali o comunque danni all’amministrazione o a terzi”, la legge prevede un obbligo di denuncia in capo al Comandante dell’ente che deve informare “con immediatezza” la Procura regionale presso la Corte dei conti; tale obbligo non si estende agli altri soggetti che non rivestono la detta qualifica, fatta salva la sussistenza dei generali doveri di comunicazione propri di ogni militare. Sulla base della consolidata giurisprudenza in materia, la procedura di accertamento del danno erariale è del tutto autonoma rispetto ad altri eventuali procedimenti in atto, dovendosi ritenere scorretto condizionare la comunicazione della notizia di danno all’esito di questi ultimi o giustificare un ritardo nell’informativa invocando la pendenza di procedimenti connessi. Incombe, inoltre, una responsabilità da omessa denuncia ipotizzabile in capo ai soggetti obbligati alla segnalazione dei fatti dannosi: l’art. 53 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti stabilisce, all’ultimo comma, che “quando nel giudizio di responsabilità la Corte accerti che, per dolo o colpa grave fu omessa la denunzia, a carico di personale dipendente, può condannare al risarcimento, oltre gli autori del danno, anche coloro che omisero la denunzia”.
L’ipotesi di danno deve essere fondata su una “conoscenza affidabile dei fatti[5] e corredata, quantomeno, dagli elementi raccolti nella fase prodromica del procedimento, idonei a far presumere la fondatezza della denuncia ed evitare che giungano all’attenzione della Procura mere situazioni di danno potenziale. Sulla base di questa esigenza, il Comandante dell’ente può, avuta notizia dell’evento dannoso, raccogliere le dichiarazioni dei presunti responsabili e procedere ad una sommaria quantificazione del danno, riservandosi di integrare, in un momento successivo, le risultanze dell’inchiesta amministrativa.
In conformità al disposto normativo dell’art. 453 T.U.O.M., che designa i soggetti competenti a determinare in via amministrativa la responsabilità e gli addebiti relativi al danno erariale accertato sulla base delle previste soglie di valore, si evince l’erroneità dell’interpretazione sinergica con l’art. 452, il quale impone al Comandante di corpo un dovere di denuncia autonomo, prescindendo, quindi, dall’intervento dell’autorità superiore e dai successivi effetti dell’art. 453, limitati alla fase conclusiva dell’inchiesta amministrativa.

4. L’inchiesta militare di accertamento

 Una volta informata la Procura contabile dell’evento dannoso, deve essere disposto, con ordine del giorno del Comandante dell’ente ai sensi dell’art. 452, co. 2, d.P.R. 90/2010, l’avvio di un’inchiesta amministrativa “volta ad accertare le cause dell’evento dannoso, l’entità del danno e le eventuali responsabilità” condotta, alternativamente, da un inquirente o da una commissione di inchiesta. La determinazione dell’organo deputato a svolgere l’inchiesta amministrativa avviene sulla base dell’entità del danno erariale: qualora l’importo sia inferiore a 50.000 euro se ne dovrà occupare un “ufficiale o dipendente civile non inferiore alla terza area funzionale, di grado o qualifica pari o superiore all’inquisito[6], altrimenti, il Comandante di corpo procederà alla nomina di una “commissione di inchiesta  il cui presidente, ufficiale o dipendente civile non inferiore alla terza area funzionale, sia di grado o qualifica pari o superiore all’inquisito[7].
L’organo accertatore, comunicato al militare interessato l’avvio del procedimento ex artt. 7 e 8 della l. n. 241/90 e art. 1028 del d.P.R. 90/2010, effettua ogni atto idoneo e finalizzato ad accertare l’entità del danno, acquisire il parere degli organi tecnici competenti, esaminare le cause e le circostanze dell’evento dannoso e, in presenza di più soggetti coinvolti, determinare le responsabilità di ciascuno di essi in relazione al fatto dannoso. Terminata la fase istruttoria, l’inquirente o la commissione di inchiesta produce, e trasmette al Comandante dell’ente, una relazione conclusiva in duplice copia contenente l’esatta indicazione del danno, le circostanze nelle quali esso si è verificato e il nesso eziologico tra la condotta dei singoli – con particolare riferimento al dolo o al grado di colpa – e l’evento verificatosi.

5. La conclusione dell’inchiesta e la comunicazione della Procura erariale

Qualora il danno accertato risulti essere inferiore ai 50.000 euro, il comandante di Corpo, avuto atto della relazione conclusiva dell’inchiesta, procede ai sensi dell’art. 452, co. 5, ad emanare un decreto motivato di addebito e a costituire in mora i responsabili; in caso contrario, trasmette la relazione, munita del proprio parere, all’autorità superiore individuata sulla base dell’art. 453, co. 1, d.P.R. 90/2010, e competente ad emanare il suddetto decreto a carico o a scarico dell’inquisito.
Con la costituzione in mora, il Comandante di corpo comunica per iscritto, a ciascun soggetto ritenuto responsabili del danno, la volontà dell’ente di far valere il proprio diritto al risarcimento del danno; per essere considerato valido – ed interrompere efficacemente il termine prescrizionale dell’obbligazione – la comunicazione deve contenere, oltre agli elementi fondamentali quali le circostanze del fatto, le generalità dell’intimato e la data entro la quale provvedere al pagamento, il formale riferimento alla natura dell’atto [8] e l’inequivocabile ed espressa volontà dell’Amministrazione a richiedere la restituzione dell’importo connesso all’ipotesi di danno erariale.
Al termine delle attività istruttorie, il Comandante di corpo procede ad inviare gli atti prodotti nella fase di accertamento e quelli conclusivi del procedimento alla, già precedentemente coinvolta, Procura regionale della Corte dei conti, per la vidimazione da parte del Procuratore contabile. Quest’ultimo, valutate le risultanze delle attività dell’organo accertatore, si determinerà emettendo, alternativamente, l’atto di citazione in giudizio giuscontabile o, qualora non riscontri i sufficienti presupposti di colpevolezza in capo al militare inquisito, un provvedimento di archiviazione.

6. Aspetti disciplinari della responsabilità amministrativo-contabile

Nell’ipotesi di danno erariale attribuibile al militare, si intrecciano le questioni inerenti alla responsabilità amministrativo-contabile con una censurabilità della condotta sotto il punto di vista disciplinare. Ciò si rivela particolarmente pregnante nell’analisi delle implicazioni che un atto dannoso per le finanze pubbliche può avere sul piano della condotta individuale del militare autore del danno. La valutazione disciplinare, pertanto, emerge come un aspetto di assoluto rilievo, in quanto la natura delle azioni che hanno condotto al danno erariale può riflettere non soltanto potenziali violazioni dei principi dell’azione amministrativa, ma anche, e più di frequente, trasgressioni delle norme deontologiche e dei regolamenti propri delle istituzioni militari. Pur quando non è riscontrabile la violazione di una specifica disposizione normativa, si vede frequentemente contestare al militare la mancanza del senso di responsabilità ex art. 717, d.P.R. 90/2010; non è da considerarsi scorretto, inoltre, procedere ad autonoma valutazione disciplinare anche se il procedimento finalizzato ad accertare la responsabilità amministrativo-contabile risulti ancora pendente o sia stata accertato un mero profilo di colpa lieve. La giurisprudenza amministrativa afferma, in via del tutto pacifica, che “tra il procedimento disciplinare e il giudizio di responsabilità erariale non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità/dipendenza in senso tecnico[9] e si può reputare, di conseguenza, legittimo l’avvio di un autonomo procedimento disciplinare volto a valutare l’opportunità di sanzionare violazioni formali di norme o comportamenti che, pur in assenza di una diretta contrarietà a disposizioni normative esplicite, si discostano dagli standard di condotta e dalle aspettative etiche richieste al personale militare.

Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?

Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!

Note

  1. [1]

    Corte Conti, (Toscana) sez. reg. giurisd., 6 aprile 2017, n.66;

  2. [2]

    Corte Conti, (Friuli-Venezia Giulia) sez. reg. giurisd., 09 giugno 2011, n.104;

  3. [3]

    Corte Conti, (Lazio) sez. reg. giurisd., 31 maggio 2017, n.130;

  4. [4]

    Corte Conti, (Lazio) sez. reg. giurisd., 19 gennaio 2012, n.52;

  5. [5]

    Corte Conti, (Molise) sez. reg. giurisd., 20 luglio 2010, n.100

  6. [6]

    Art. 452, co. 3, d.P.R. 90/2010;

  7. [7]

    ibid;

  8. [8]

    Si vedano gli artt. 1219 e 2943 del Codice civile;

  9. [9]

    T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 16 febbraio 2023, n. 53

Marco Rossi

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento