Corte UE: divieti viaggi e obbligo quarantena nella pandemia sono legittimi

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Secondo la Corte UE uno Stato membro può vietare i viaggi non considerati essenziali verso altri Paesi della stessa UE che rientrano nella zona rossa e imporre a coloro che entrano nel suo territorio l’obbligo di sottoporsi a test diagnostici.

Indice

1. La descrizione dei fatti: danni della pandemia


Una società di viaggi belga ha chiesto il risarcimento del danno subito a causa delle misure restrittive alla libera circolazione che il Paese ha assunto durante la pandemia.
A marzo 2020 l’OMS ha qualificato la pandemia e il Regno del Belgio nel luglio dello stesso anno ha vietato i viaggi non considerati essenziali con punto di partenza o arrivo in Belgio e nei Paesi UE e della zona Schengen designati come “zone rosse”.
Ogni viaggiatore proveniente da Paesi che rientravano nella “zona rossa” all’arrivo in Belgio si doveva sottoporre ai test diagnostici e osservare un periodo di quarantena.
La società ricorrente è specializzata in viaggi da e verso la Scandinavia, ma gli stessi risultavano interdetti, perché la Svezia rientrava tra i Paesi classificati in “zona rossa”.
L’agenzia, ha dovuto annullare i viaggi in partenza dal Belgio per la Svezia durante la stagione estiva.
L’elenco dei Paesi presenti nel decreto ministeriale indicava la Svezia come zona rossa il 12 luglio 2020 e la inseriva nella zona arancione il successivo 15 luglio 2020.
Di conseguenza, i viaggi non erano vietati ma sconsigliati, e ai viaggiatori in ingresso in Belgio venivano applicate altre norme.
La società di viaggi, ritenendo che il Belgio avesse commesso degli errori nell’elaborare il decreto ministeriale in seguito modificato, ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito a causa della modifica dei codici colore, lamentando la violazione della direttiva sulla libera circolazione (2004/38) nonché del Codice frontiere Schengen (Reg. 2016/399).


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2. La decisione della Corte UE


Sulla questione si è pronunciata la Corte UE, con una sentenza del dicembre 2023 (causa C-128/22) dopo essere stata investita di alcune questioni pregiudiziali sollevate dai giudici belgi.
Secondo la decisione, molto articolata, dell’UE, in una condizione di emergenza sanitaria come è stata la pandemia, uno Stato membro può vietare i viaggi non essenziali verso o in partenza da altri Stati membri classificati come “zona rossa”.
A parte questo, tra le diverse misure, è possibile imporre a coloro che entrano nel loro territorio l’obbligo di sottoporsi a test diagnostici e di osservare un periodo di quarantena.
Le misure in questione sono restrittive della libera circolazione nell’UE, ma la stessa direttiva ammette l’adozione per ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità.
La Corte rileva come questi provvedimenti restrittivi possano essere adottati con atti di portata generale.
Nonostante questo, una disciplina del genere deve essere motivata e intellegibile, non deve essere discriminatoria e si deve potere impugnare in sede giurisdizionale o amministrativa.
Il legislatore nazionale nell’adottare restrizioni deve osservare i canoni di proporzionalità e non discriminazione nonché il principio di certezza del diritto.
Come si legge su altalex.com, secondo la Corte UE le norme della direttiva sulla libera circolazione e soggiorno (art. 27 e 29 direttiva 2004/38/CE) non ostano a una normativa di portata generale di uno Stato membro, per motivi di sanità pubblica relativi alla lotta contro la pandemia.
Sempre secondo la Corte UE, il Codice frontiere Schengen (artt. 22, 23, 25 Reg. 2016/399) non osta “alla normativa di uno Stato membro che, per ragioni di sanità pubblica attinenti alla lotta contro la pandemia, vieta, sotto il controllo delle autorità competenti e a pena di sanzioni, l’attraversamento delle frontiere interne di tale Stato membro per effettuare viaggi non essenziali da o verso Stati dello spazio Schengen classificati come zone ad alto rischio, a condizione che dette misure di controllo:
rientrino nell’esercizio di competenze di polizia che non deve avere un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera, ai sensi dell’articolo 23, lettera a), del codice in parola,
che, nel caso in cui dette misure costituissero controlli alle frontiere interne, detto Stato membro abbia rispettato le condizioni poste dagli articoli da 25 a 28 del codice stesso per il ripristino temporaneo di tali controlli, con la precisazione che la minaccia causata da una siffatta pandemia corrisponde a una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, del medesimo codice”.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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