Corte Europea Diritti dell’Uomo: origini, funzioni e rapporti con UE

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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (abbreviata in CEDU o Corte EDU) è un organo giurisdizionale internazionale, istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950, per assicurarne l’applicazione e il rispetto.
Aderiscono i 46 membri del Consiglio d’Europa.
Anche se abbia sede a Strasburgo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non fa parte dell’Unione Europea, non deve essere confusa con la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sede in Lussemburgo, che è un’istituzione dell’Unione Europea, la quale competenza, è di altra natura, vertendo sull’applicazione del Diritto Comunitario nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati fondativi dell’Unione.

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Indice

1. Le origini


Se, nel sistema originario del Trattato Istitutivo del Consiglio d’Europa, il raggiungimento delle sue finalità era affidato al Comitato dei Ministri e all’Assemblea Parlamentare, “la Convenzione (adottata nel 1950 ed entrata in vigore nel 1953) e la Corte europea dei diritti dell’uomo (entrata in funzione nel 1959) ne sono divenuti progressivamente il cuore palpitante, con l’affermazione solenne di un catalogo di diritti umani accompagnata alla volontaria sottomissione dei Paesi membri alla giurisdizione di una Corte europea: accessibile da chiunque si affermi vittima di una violazione di tali diritti a opera delle autorità nazionali, essa può constatare la sussistenza di una violazione, condannare lo Stato, spingerlo a mettere in atto tutte le misure necessarie per evitare nuove violazioni in futuro”.
Da quando nel 1998 il Protocollo n. 11 ha abolito l’organo designato dagli Esecutivi degli Stati Membri per effettuare un previo vaglio di ammissibilità dei ricorsi (la “Commissione per i diritti umani” del Consiglio d’Europa), la Corte, che aveva iniziato i suoi lavori il 21 gennaio 1959 con un numero molto basso di ricorsi, “si è pronunciata su oltre 800.000 domande, e circa 21.000 sentenze stricto sensu sono state depositate” nel ventennio successivo.
Il Protocollo n. 14 ha snellito le procedure che portano alle inammissibilità, soprattutto “dove è previsto che la nozione di giurisprudenza consolidata” si applica “ai casi ripetitivi” e si stabilisce che questi sono quelli nei quali esiste una “giurisprudenza che è stata costantemente applicata da una camera”.
La concreta possibilità di ricorrere a questa nozione ampliata di giurisprudenza consolidata si fonda sulla circostanza che la Corte di Strasburgo ha emesso più di 20.000 sentenze e si è ripetutamente pronunciata sulle stesse questioni, le quali, anche non dando adito a casi seriali, essendo parzialmente diverse, comportano l’applicazione di principi consolidati.

2. Le funzioni 


2.1. La funzione contenziosa
La Corte può conoscere sia ricorsi individuali sia ricorsi da parte degli Stati contraenti nei quali si lamenti la violazione di una delle disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli addizionali. La stessa svolge una funzione sussidiaria rispetto agli organi giudiziari nazionali, perchè le domande sono ammissibili esclusivamente una volta esaurite le vie di ricorso interne (regola del previo esaurimento dei ricorsi interni), secondo quello che prevede la stessa Convenzione nonché le norme di Diritto Internazionale riconosciute.
L’ammissibilità dei ricorsi interstatali è decisa da una delle Camere, mentre l’ammissibilità dei ricorsi individuali è decisa da un Comitato, una procedura di snellimento del lavoro della Corte che si basa quasi esclusivamente su ricorsi individuali, visto che ha risolto tre volte gli stessi ricorsi.
Se il ricorso, individuale o statale, è dichiarato ammissibile la questione viene sottoposta, ordinariamente, al giudizio di una Camera e si cercherà di raggiungere una risoluzione amichevole della controversia.
Se la questione non si risolve in via amichevole, la Camera competente emetterà una sentenza motivata nella quale, in caso di accoglimento della domanda, potrà indicare l’entità del danno sofferto dalla parte ricorrente e prevedere un’equa riparazione, di natura risarcitoria o di qualsiasi altra natura.
Le sentenze della Corte sono impugnabili, in situazioni eccezionali, davanti alla Grande Camera entro un termine di tre mesi, decorso il quale sono considerate definitive.
Le sentenze sono pubblicate.
Gli Stati firmatari della Convenzione si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte Europea.
Il controllo sull’adempimento di questo obbligo è rimesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
 
2.2. La funzione consultiva
La Corte può emettere pareri consultivi, a richiesta del Comitato di Ministri, su questioni giuridiche relative all’interpretazione della Convenzione e i suoi Protocolli addizionali.
Con l’entrata in vigore del Protocollo n. 16, un “altro strumento permette alle corti superiori designate dagli Stati ratificanti di richiedere, in casi concreti dinanzi a loro pendenti, il parere della Corte sull’interpretazione e l’applicazione della Convenzione”.
Il primo caso ha avuto risposta con il parere alla Corte di Cassazione francese sulla questione della surrogazione di maternità.


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3. I componenti e gli organi


La Corte è formata da un numero di giudici quanti sono gli Stati Parte della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, eletti dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa tra i tre candidati proposti da ogni Stato per un mandato di nove anni non rinnovabile (XIV Protocollo).
I giudici eleggono tra loro un Presidente e due Vicepresidenti, con mandato triennale e rieleggibili.
La Corte si divide in Cinque Sezioni, composte tenendo conto dell’equilibrio geografico e dei sistemi giuridici degli Stati componenti.
In ogni Sezione sono formati, per un periodo di dodici mesi, dei Comitati formati da tre giudici, che hanno il compito di esaminare in via preliminare le questioni sottoposte alla Corte.
Con l’introduzione del Protocollo n. 14 articolo 27 viene istituita la figura di un “giudice unico”, il quale può dichiarare irricevibile e cancellare dal ruolo un ricorso in base all’articolo 34 della CEDU (ricorsi individuali) quando la decisione può essere adottata senza un altro esame.
La decisione del Giudice unico è definitiva.
La modifica introdotta con questo articolo ha lo scopo di snellire le procedure (in precedenza anche un ricorso infondato doveva essere sottoposto al Comitato dei tre giudici, l’unico a potere decidere sulla ricevibilità).
Se il giudice unico non ritiene di respingere il ricorso, lo trasmette al Comitato.
Vengono anche formate in ogni Sezione delle Camere composte da sette giudici che risolvono in via ordinaria i casi presentati davanti alla Corte.
La Grande Camera, formata dal Presidente della Corte, dai vicepresidenti e da altri quattordici giudici, prende in considerazione i casi complessi. 

4. I rapporti con l’Unione Europea


Gli stati che compongono l’Unione Europea sono anche membri del Consiglio d’Europa e hanno sottoscritto la Convenzione, ma la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) è un organo distinto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Per questo, le sentenze dei due organi a priori potrebbero essere contraddittorie e, per evitarlo, la Corte di Giustizia si rivolge alle Sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e tratta la Convenzione sui Diritti dell’Uomo come se fosse parte del sistema giuridico dell’Unione Europea.
Corte di Giustizia Europea, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e Corte Costituzionale dello Stato Membro devono essere considerati l’organo giurisdizionale di vertice per tre sistemi giuridici indipendenti: sistema UE, sistema CEDU, sistema Costituzionale Nazionale.
Il principio della preferenza comunitaria si applica esclusivamente alle sentenze della Corte di Giustizia, che rappresenta il Diritto dell’Unione Europea, rispetto alle leggi degli Stati Membri.Al contrario, le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in contrasto con le leggi di uno Stato Membro, non sono immediatamente esecutive da richiedere la disapplicazione delle norme nazionali nel caso specifico oggetto di ricorso, e devono attendere le decisioni della Corte Costituzionale Nazionale sulle norme censurate dalla CEDU.
Sinora, anche se i suoi membri hanno aderito alla Convenzione, l’Unione Europea di per sé non l’ha fatto perché non aveva competenza per farlo.
Nonostante questo, l’articolo 6 del Trattato di Maastricht impone alle istituzioni dell’Unione Europea di rispettare la Convenzione.
In seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona si prevede che l’Unione Europea sottoscriverà la Convenzione.
In questo modo la Corte di Giustizia dovrebbe rispettare le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e verrebbe risolta la questione del possibile contrasto tra le due Corti.
Con il Parere  n.2/2014  la Corte di Giustizia si è espressa negativamente sul progetto di accordo di adesione dell’Unione Europe allarelativa Convenzione.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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