Corruzione per l’esercizio della funzione: ampliata l’area del penalmente rilevante rispetto all’ipotesi previgente

Redazione 15/03/13
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 11792 del 12 marzo 2013 la Cassazione si è pronunciata sulle prime ipotesi applicative della fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione, introdotta dalla legge 190/2012, e dell’induzione a dare o promettere utilità, anch’essa figura di reato introdotta dalla recente legge.

Nel caso di specie gli ermellini hanno precisato che nell’induzione, meno grave rispetto all’ipotesi della concussione per costrizione, si giustifica il trattamento sanzionatorio meno grave previsto dal legislatore, che pertanto può essere disposto dalla Corte Suprema senza annullamento con rinvio.

Tra l’altro, la nuova figura di reato in esame non richiede neanche che in concreto vi sia stato esercizio del potere discrezionale da parte del funzionario pubblico, arretrando da un punto di vista temporale la soglia della punibilità alla fase dell’induzione (normalmente l’istigazione a commettere reato è considerata non punibile ai sensi del nostro ordinamento penale).

Con riguardo alla fattispecie della corruzione per l’esercizio della funzione, i giudici di legittimità precisano che essa ha sostituito la corruzione per atto d’ufficio, e che anche qui si è verificato un ampliamento dell’area del penalmente rilevante rispetto alla vecchia figura: essa, infatti, deve ritenersi assorbita nel nuovo e più ampio delitto di cui all’articolo 318 del codice penale e lo stesso avviene per le connesse ipotesi di istigazione alla corruzione, di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 322 del codice penale.

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