Conto corrente e mutui: sentenza del Tribunale Di Taranto – II Sezione composizione monocratica, dott. Claudio Casarano, n. 789 del 13-03-2014

Redazione 20/03/14
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Viene dedotto in giudizio un contratto di conto corrente con affidamento al quale finivano con il risultare collegati sul piano causale quattro successivi mutui; la finalità effettiva di questi era quella di consolidare l’esposizione debitoria di volta in volta matuarata oltre il limite dell’affidamento.

Nella sentenza si afferma il principio in virtù del quale eliminando le poste passive di un conto corrente, per effetto della pronunzia di nullità di clausole ( anatocismo etc.), il controcredito che si viene a configurare a favore del correntista può essere compensato anche con le rate di mutuo; tanto al punto da far considerare inefficace l’ultimo mutuo intervenuto, e stipulato per la finalità precisata, in quanto a quella data in realtà non risultava più la passività oltre il limite del fido. 

Ecco uno stralcio della motivazione:  

“Trattandosi di ricostruire il saldo di un contratto di conto corrente opera appieno la compensazione ex art. 1853 c.c.; nel senso che si dovranno eliminare quelle poste passive che sono il frutto dell’applicazione di clausole nulle.

Non solo ma se, a seguito del ricalcolo delle partite di dare ed avere, risulti che ad una certa data, per effetto dell’eliminazione di interessi trimestrali, commissioni di massimo scoperto, etc., doveva risultare una posta attiva a favore del cliente, si deve operare la sua compensazione ex art. 1853 c.c. con eventuali rate non risultate pagate.

La forma di compensazione che si viene a configurare è la c.d. compensazione impropria e non quella ex art. 1241 c.c., che invece riguarda a rigore i crediti derivanti da rapporti distinti.

La prima forma di compensazione a differenza della seconda è sempre ammessa, anche d’ufficio, trattandosi di una ricostruzione contabile del dare ed avere relativi ad un unico rapporto( unica causa) ovvero rapporti distinti ma collegati.

Sotto altro profilo la soluzione preferita, fortemente avversata dalla difesa della banca anche nelle conclusionali, è una conseguenza del riverberarsi della nullità della clausola di conto corrente sul collegato contratto di mutuo, stipulato, si ricordi, per azzerare delle sue passività.

In secondo luogo appare coerente la soluzione preferita con il carattere dichiarativo della pronunzia della nullità di clausole di conto corrente, che implica l’eliminazione della fonte delle passività maturate illecitamente e per la quale pronunzia non opera neanche il limite della prescrizione per l’azione di ripetizione ex art. 1422 c.c.-

In altri termini il controcredito riconosciuto al correntista per effetto dell’eliminazione dal mondo giuridico delle clausole nulle e dei suoi effetti non diviene esigibile solo con la pronunzia di nullità; la quale infatti non è costitutiva ma, come è noto dichiarativa.

E la differenza sul piano concreto non è di poco momento: il credito del correntista per effetto della eliminazione dal conto delle poste passive illecite è pari ad 894.321.770 di vecchie lire, mentre il credito della banca che residuerebbe seguendo la metodologia preferita è di allora lire 841.597.481; seguendo l’impostazione della banca residuerebbe in proprio favore un credito di lire 1.590.598.992( vedi pagina 16 della comparsa conclusionale).  

Portando poi alle estreme conseguenze la tesi della necessità che la pronunzia di nullità debba esplicare la sua piena efficacia sugli spostamenti patrimoniali in fatto verificatisi per effetto delle clausole da essa colpite, se un mutuo era destinato ad azzerare la passività di conto corrente con la stessa banca, ma emerge dopo la Ctu che un rosso oltre fido di conto corrente in realtà non si sarebbe configurato, in virtù del ricalcalo delle poste attive e passive derivanti dalla pronunzia di nullità parziale contenuta nella sentenza non definitiva, quello stesso mutuo deve considerarsi tamquam non esset.”

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