Il consumatore, responsabilità per phishing e incentivi ai piccoli investitori

Adele Portera 29/08/23

La definizione di consumatore costituisce la base sulla quale si fondano interi comparti contrattuali e di gestione e fornitura di beni e servizi e non può rimanere estranea all’impatto generato dalle continue evoluzioni tecnologiche e di mercato.
Per approfondire consigliamo: I contratti e le nuove tutele dei consumatori

Indice

1. La definizione di consumatore alla luce dei criteri della Corte UE


L’art. 1469 bis, comma 2, del codice civile definisce il consumatore come la persona fisica che agisce “per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Elemento essenziale della normativa è, quindi, il fatto che il consumatore sia una persona fisica, parte di un rapporto/situazione contingente, ossia riferita a un atto determinato. Non è, invece, possibile escludere a priori la condizione di consumatore nei confronti di un soggetto che sia un professionista o un imprenditore, potendo lo stesso agire per scopi estranei, neanche funzionalmente collegati, all’attività svolta[1].
Le difficoltà interpretative della disposizione citata hanno portato la giurisprudenza nazionale ed europea ad intervenire con frequenza per chiarire i casi dubbi sollevati e per circoscrivere i confini applicativi della normativa in materia.
Da ultimo, con la sentenza del 9 marzo 2023 (caso C-177/22), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito importanti chiarimenti in merito alla definizione di consumatore, specificando che occorre considerare le finalità non solo attuali, ma anche future, perseguite dal contraente attraverso la stipulazione dell’accordo. La natura, autonoma o subordinata, dell’attività svolta è, invece, ininfluente.
Spetta, quindi, al giudice nazionale l’accertamento e la verifica del valore probatorio di tutti i comportamenti posti in essere dalle parti del rapporto contrattuale, come, ad esempio, l’aver concluso l’operazione tramite un intermediario professionista o la rivendita del bene oggetto del contratto subito dopo la sua conclusione (magari per conseguire un profitto) [2].
Scopo della normativa è, infatti, quello di comprendere e tutelare il reale bilanciamento delle contrapposte posizioni, affinché tutte le parti siano in possesso delle informazioni necessarie per compiere scelte razionali e consapevoli[3].


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2. Il phishing e la valutazione dei profili di responsabilità del consumatore


La definizione di consumatore e la conseguente asimmetria informativa sussistente rispetto al soggetto che opera in qualità di professionista non sono, tuttavia, sufficienti ad escludere a priori la sussistenza di profili di responsabilità, per esempio nelle ipotesi di danni derivanti da phishing.
 In particolare, il Tribunale di Napoli[4] ha rigettato la richiesta di risarcimento di un cliente nei confronti della propria banca, in quanto ha rinvenuto profili di responsabilità in capo al consumatore. Nello specifico, qualora un cliente/consumatore sia vittima di phishing, è necessario accertare che l’istituto bancario abbia adottato adeguati sistemi informatici, guide e alert, tali da prevenire le frodi, e che il cliente abbia tenuto un comportamento diligente nel caso concreto.
La normativa di riferimento è contenuta nel D.Lgs. 11/2010 che ha aggravato gli oneri probatori posti a carico della banca. L’istituto di credito, infatti, oltre ad adottare idonei strumenti di prevenzione, deve fornire la prova della colpa grave del cliente (che non ha adeguatamente protetto le proprie credenziali o che ha utilizzato gli strumenti di pagamento in maniera impropria). Fondamentale appare, in tale contesto, l’adozione di un sistema di autenticazione multifactor, con codice cliente, password statica e password monouso/dinamica[5]. L’autenticazione cd. forte, prevista dall’art. 97 della Direttiva PSD2 e dall’art. 10 bis del D.Lgs. 11/2010[6], integra i canoni di conoscenza, possesso e inerenza e garantisce, quindi, all’utente un livello adeguato di sicurezza. La SCA (Strong Customer Authentication), infatti, consente la conclusione di un’operazione solo qualora venga generato anche un codice monouso/dinamico ad hoc[7].
Spetta, poi, al consumatore dimostrare di avere osservato lo standard di diligenza richiesto dalla situazione concreta e dalle sue qualità soggettive (età, conoscenze informatiche, situazione lavorativa), al fine di escludere la propria colpa grave. Ai sensi degli articoli 7 e 12 c. 4 del D.Lgs. 11/2010, invero, il cliente deve attenersi ai termini del servizio, proteggere le credenziali di accesso e non agire in modo fraudolento o colposo.
Nonostante lo sviluppo tecnologico abbia reso sempre più complessa la possibilità di individuare le possibili frodi e sempre più aggressive la attività illecite del settore, è sempre necessario, infatti, prestare attenzione ai segnali di inattendibilità spesso presenti nei messaggi incriminati: a titolo esemplificativo, si può fare riferimento all’indirizzo e-mail del mittente, alla presenza di errori grammaticali e/o sintattici, alla trasmissione del carattere di urgenza nell’effettuare un’operazione e alla presenza di link non riconducibili al proprio istituto di credito.
In presenza di tali indici di inattendibilità, si può ravvisare, pertanto, la colpa grave del consumatore anche se non esperto nella navigazione su Internet, contrariamente ai casi di truffe sofisticate e non facilmente individuabili[8].

3. I piccoli investitori e gli incentivi da parte della normativa UE


La tutela del consumatore costituisce un importante punto di attenzione anche in materia di investimenti: bisogna, infatti, favorire la partecipazione costante, consapevole e inclusiva dei piccoli investitori ai mercati.
L’Unione Europea è intervenuta in materia attraverso la Commissione UE che ha proposto un pacchetto legislativo (cd. Retail Investment Strategy)[9] volto ad incentivare gli investimenti in progetti europei di transizione verde e digitale in modo sicuro e con maggiori garanzie. Le principali finalità perseguite sono: la promozione della partecipazione ai mercati e la tutela dei piccoli investitori; il finanziamento della transizione verso la sostenibilità.
L’attuale panorama europeo registra un’importante tendenza dei cittadini al risparmio e, al tempo stesso, un basso coinvolgimento nelle attività di investimento. Una delle ragioni di tale contesto è da ricondurre alla “paura dell’incertezza”[10], arginabile attraverso il rafforzamento degli strumenti di tutela normativi esistenti che devono divenire coerenti, accessibili ed efficaci. Spesso, infatti, le disposizioni normative sono tra loro diverse e possono generare livelli di tutela impropriamente differenziati e confusione nell’investitore meno esperto. Inoltre, la sempre più marcata digitalizzazione dei modelli di distribuzione e la diffusione di nuove strategie di marketing rivolte ai clienti al dettaglio rischiano di rivelarsi non realistiche o, a volte, ingannevoli[11].
Grazie all’adozione di un pacchetto legislativo unitario, anche un investitore meno esperto può diventare parte integrante del finanziamento dei mercati UE in modo consapevole e sicuro. Punti di attenzione sono, quindi: l’aumento dei canoni di trasparenza, la semplificazione in materia di comparabilità dei costi e di rendimenti medi annui, una migliore e dettagliata informazione degli investitori su prodotti e servizi di investimento, il contrasto alle distorsioni nel processo di consulenza e l’adozione di azioni chiare in caso di conflitti di interesse. A ciò si aggiunge la cooperazione tra Stati membri e Autorità europee di vigilanza per garantire la corretta applicazione della normativa proposta e per contrastare le pratiche irregolari con efficacia ed efficienza.
Punto di partenza imprescindibile rimane l’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini/consumatori, sin dall’infanzia e in ogni grado di istruzione, con particolare focus sulle donne.
Attualmente, infatti, il sistema finanziario appare ai più complesso e impenetrabile e la scarsa alfabetizzazione in materia incide negativamente sul benessere personale e finanziario degli individui, soprattutto se vulnerabili[12]. La gestione consapevole del proprio patrimonio costituisce, invero, il primo passo verso il miglioramento complessivo dell’economia di un Paese e verso il raggiungimento dell’obiettivo della Commissione UE di “un’economia al servizio delle persone”[13].

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Carlo Edoardo Cazzato | Maggioli Editore 2022

Note

  1. [1]

    Cfr. tra gli altri, Chinè, Consumatore (contratti del), in Enc. dir., Agg. IV, Milano, 2000, p.401 ss.; Cass., sez. I, 25 luglio 2001, n. 10127, in Contratti, 2002, p.338 ss., con commento (adesivo) di Caserta.

  2. [2]

    Cfr. art. 17 paragrafo 1 del Regolamento UE 1215/2012 – “1) L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che: per determinare se una persona che ha concluso un contratto ai sensi della lettera c) di tale disposizione possa essere qualificata come «consumatore», ai sensi di tale disposizione, occorre tenere conto delle finalità attuali o future perseguite mediante la conclusione di tale contratto, indipendentemente dalla natura, autonoma o subordinata, dell’attività esercitata da tale persona. 2) L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che: per determinare se una persona che ha concluso un contratto ai sensi della lettera c) di tale disposizione possa essere qualificata come «consumatore» ai sensi di tale disposizione, si può tenere conto dell’impressione creata, nella sua controparte contrattuale, dal comportamento di tale persona, consistente, in particolare, nella mancata reazione, da parte della persona che invoca la qualità di consumatore, alle clausole contrattuali che la designano come imprenditrice, nella circostanza che essa ha concluso tale contratto attraverso un intermediario che esercita attività professionali nel settore cui tale contratto si riferisce, il quale, dopo la firma di questo stesso contratto, ha chiesto alla controparte se l’imposta sul valore aggiunto potesse essere indicata sulla relativa fattura, o ancora nella circostanza che tale persona ha venduto il bene oggetto del contratto poco dopo la sua conclusione, realizzando un eventuale profitto. 3) L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che: qualora risulti impossibile determinare in modo giuridicamente adeguato, nell’ambito della valutazione complessiva delle informazioni a disposizione di un giudice nazionale, talune circostanze che accompagnano la conclusione di un contratto, per quanto riguarda, in particolare, talune indicazioni di tale contratto o l’intervento di un intermediario in sede di tale conclusione, il giudice nazionale deve valutare il valore probatorio di tali informazioni secondo le norme del diritto nazionale, anche riguardo alla questione se debba essere concesso il beneficio del dubbio a favore della persona che sostiene di essere un «consumatore», ai sensi di tale disposizione”.

  3. [3]

    Cfr., in particolare, Jannarelli, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in Lipari (a cura di), Diritto privato europeo, cit., II, passim e specie p.509 ss.

  4. [4]

    Cfr. Sentenza n.10743 del 30 novembre 2022.

  5. [5]

    Cfr., sul tema, ABF – Collegio di Milano n. 3332/2021 e 13502/2021.

  6. [6]

    Come integrati dall’art. 4 del Regolamento delegato 2018/389.

  7. [7]

    La SCA è necessaria nei seguenti casi: 1. accesso alla banca online su dispositivo fisso; 2. disporre un’operazione di pagamento; 3. effettuare qualsiasi azione a distanza che può comportare un rischio di frode.

  8. [8]

    Cfr., tra le tante, ABF 22745/2019, Collegio di Coordinamento decisione n. 22745/2020, Collegio di Roma 5481/2021.

  9. [9]

    COM(2023) 279 final, adottato il 24 maggio 2023 e volto a modificare precedenti atti UE, tra i quali: la Direttiva MiFID II, la Direttiva sulla distribuzione assicurativa, il Regolamento PRIIP (sui prodotti di investimento al dettaglio e i prodotti assicurativi preassemblati). Proposta disponibile all’indirizzo: https://ec.europa.eu/transparency/documents-register/detail?ref=COM(2023)279&lang=en

  10. [10]

    Indagine Eurobarometro che monitora il livello di alfabetizzazione finanziaria nell’UE, 2023. La domanda pertinente è la numero 12: “Quanto sei certo che la consulenza in materia di investimenti che ricevi dalla tua banca, dal tuo assicuratore o dal tuo consulente finanziario è principalmente nel tuo migliore interesse?”.

  11. [11]

    Il progetto della Commissione UE si pone in linea con n il lavoro della Commissione sulla protezione dei consumatori nel contesto della finanza digitale (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52020DC0591).

  12. [12]

    Cfr. COM(2023) 279 final.

  13. [13]

    Cfr. COM(2023) 279 final: “La strategia dell’UE per gli investimenti al dettaglio mira a rafforzare il quadro legislativo per garantire che gli investitori al dettaglio 1) siano messi nelle condizioni di prendere decisioni di investimento più informate che rispondano meglio alle loro esigenze e ai loro obiettivi e 2) siano adeguatamente tutelati nel mercato unico da un quadro normativo coerente”.

Adele Portera

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