Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 9249 del 27 febbraio 2013 i giudici di legittimità hanno confermato la responsabilità a carico di una coppia, imputata del reato di circonvenzione di incapace, sebbene prescritto, e la conseguente condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte offesa.
I giudici di legittimità, sulla scia della Corte di merito, hanno ritenuto che fosse penalmente rilevante la condotta di chi si approfitta dello stato di depressione della vittima che le fa mancare la capacità critica: infatti, proseguono gli ermellini, l’integrazione del reato di circonvenzione non richiede che il soggetto passivo versi in uno stato d’incapacità d’intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermità psichica o deficienza psichica, ovvero da un’alterazione dello stato psichico, che sebbene meno grave dell’incapacità, risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva o affettiva che ne affievolisca le capacità critiche.
Nel caso in esame, infatti, l’alterazione dello stato psichico era data da una «giustificata e patologica condizione di forte depressione e di angosciante solitudine e stress, dopo la tragica morte del figlio e la successiva separazione dal marito, configurando, di conseguenza, una grande insicurezza e fragilità emotiva. I due imputati hanno approfittato di questo status, sfruttandola abilmente, usando la sua condizione di soggezione e fiduciosa dipendenza, impartendole strategicamente degli ordini».
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