Commento a Corte Costituzionale n. 1/2015.

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Corte Costituzionale, sentenza n. 1 del 12.1.2015, depositata in data 22.1.2015: è costituzionalmente illegittimo l’art. 458 c.p.p. e l’art. 1 comma 1 d.P.R. n. 448/1988, nella parte in cui prevedono che, nel processo minorile, nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, la composizione dell’organo giudicante sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari e non quella collegiale prevista dall’art. 50bis comma RD n. 12/1941

Con la sentenza 1/2015, la Corte Costituzionale porta a compimento quel percorso evolutivo che ha portato recentemente le SS.UU. della Cassazione ad affermare la generale collegialità del giudice penale minorile, andando a colmare il gap determinato dalla vincolatività del giudicato di legittimità sulla competenza operato dalla Cassazione in conformità al tradizionale orientamento giurisprudenziale di legittimità.

Com’è noto, il legislatore italiano ha predisposto un procedimento penale ad hoc nell’eventualità in cui il soggetto delinquente sia un minore degli anni 18. Processo che trova applicazione se il fatto di reato sia stato commesso da un soggetto che all’epoca dell’assunzione della condotta di reato fosse minore di età, indipendentemente dal fatto che poi il processo sia celebrato quando il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero quest’ultima sia conseguita nelle more dello svolgimento del processo stesso.

La peculiarità della disciplina de qua, chiaramente ispirata ad un favor nei confronti del minore che delinque – in ragione della formazione in itinere della sua personalità e della convinzione della recuperabilità dello stesso in seno alla comunità sociale attraverso una serie di rimedi alternativi alla condanna ed alla pena detentiva -, appare di tutta evidenza sin dalla composizione dell’organo giudicante e dalle limitazioni all’applicazione dei c.d. riti speciali di cui al libro VI del codice di procedura penale.

Con riferimento alla composizione dell’organo giudicante, l’art. 50 RD 12/1941 prevede che il Tribunale Ordinario per i Minorenni sia composto da due giudici togati e da due esperti, un uomo ed una donna; non c’è alcuna ripartizione tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale. La collegialità, inoltre, costituisce il tratto assolutamente distintivo di questo processo anche per il giudice per l’udienza preliminare: il comma 2 art. 50bis medesimo RD 12 prevede la medesima composizione del Tribunale ut supra. Nulla è, tuttavia, previsto con riferimento al giudice per le indagini preliminari, tant’è che nel silenzio della legge la giurisprudenza di legittimità costantemente aveva ritenuto che il GIP presso il Tribunale per i Minorenni fosse organo monocratico. Solo recentemente la tesi è stata abbandonata con un significativo revirement della Cassazione SS.UU. del 27.2.2014 n. 18292 che ha affermato che “nel processo penale a carico di imputati minorenni la competenza per il giudizio abbreviato, sia esso instaurato nell’ambito dell’udienza preliminare o a seguito di decreto di giudizio immediato, spetta al giudice nella composizione collegiale prevista dall’art. 50bis comma 2 dell’ordinamento giudiziario”.

Con riferimento, poi, ai riti speciali di cui al libro VI del codice di procedura penale, l’art. 25 dPR n. 448 citato esclude il ricorso all’applicazione della pena su richiesta delle parti (titolo II libro VI cpp) ed al procedimento per decreto (titolo V libro VI cpp). Consente, invece, il direttissimo, subordinatamente all’accertamento della personalità del minore: ai sensi dell’art. 9 dello stesso decreto “Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l’imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili. Agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna formalità”. Nulla originariamente era previsto con riferimento al giudizio immediato né all’abbreviato, tanto che si rinviava alla disciplina prevista nel codice di rito. Con DL n. 92/2008, convertito con modificazioni in Legge n. 125/2008, dal 26.7.2008 è ora disposto che Il pubblico ministero non può procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui ciò pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore”.

Ebbene, stante il quadro brevemente enucleato innanzi, con tre distinte ordinanze dall’eguale tenore, il GIP del Tribunale per i Minorenni di Bologna ha sottoposto all’attenzione della Consulta la legittimità costituzionale delle previsioni di cui agli artt. 458 c.p.p. e 1 comma 1 dPR n. 448/1988 nella parte in cui prevedono che, tratto il minore a giudizio immediato dinanzi il GIP, nel silenzio della legge speciale, questo giudice sia chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità penale dello stesso con rito abbreviato in composizione monocratica e non nella composizione collegiale propria del GUP del Tribunale per i minorenni.

Nelle vicende poste all’attenzione del magistrato remittente il mutato orientamento delle SS.UU. ut supra riferito non poteva veniva in considerazione per la risoluzione della problematica relativa alla composizione del GIP. Difatti, prima della innovativa pronuncia del Supremo Collegio nella massima composizione, la Corte Cassazione aveva avuto modo di pronunciarsi sulla competenza di questo, riconoscendo, in adesione al tradizionale orientamento, la legittimità della composizione monocratica, con vincolatività del principio di diritto per il giudice di rinvio – il GIP bolognese appunto -, dinanzi al quale doveva essere ri-celebrato il processo a danno dei minori.

Ostando al rilievo dell’overruling le sentenze sulla competenza assunte nei casi specifici dalla Cassazione ex art. 25 c.p.p., unica via percorribile per il superamento del giudicato di legittimità era la declaratoria di incostituzionalità degli artt. 458 c.p.p. e 1 comma 1 dPR n. 448/1988: non è possibile dare un’interpretazione adeguatrice delle norme sospettate di incostituzionalità, perché il dato normativo non si presta ad interpretazioni diverse da quella emergente dalla mera lettura del testo, dichiara il GIP bolognese, «se non altro per la interpretazione costante e pacifica (c.d. diritto vivente) che ne ha dato finora la Suprema Corte», secondo cui, «in tema di procedimento a carico di minorenni, la competenza per il giudizio abbreviato instaurato a seguito di giudizio immediato spetta al giudice delle indagini preliminari e non al tribunale per i minorenni nella composizione prevista per l’udienza preliminare».

E così il giudice a quo osserva che “nel procedimento penale con imputati minorenni, “la delicatezza della materia e la peculiarità delle posizioni giuridiche e dei rapporti oggetto di giurisdizione hanno indotto il legislatore a garantire al «fanciullo» un giudice minorile specializzato, la cui composizione collegiale è resa necessaria dall’esigenza di fornire all’organo giudicante l’apporto di giudici laici, esperti nelle scienze pedagogiche e psicologiche. La protezione della gioventù, affermata dall’art. 31, secondo comma, Cost., si tradurrebbe, nel contesto processuale minorile, essenzialmente nell’esigenza di preservare il processo educativo in atto nel minore. Da ciò deriverebbe la necessità che a giudicare il minore sia il giudice minorile in composizione collegiale, cui partecipano due cittadini, un uomo ed una donna, benemeriti dell’assistenza sociale, scelti fra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia e di psicologia. Alla base dell’istituzione del tribunale per i minorenni vi sarebbe stata proprio la considerazione che il minore, in genere portato al delitto da gravi carenze della personalità dovute a fattori familiari, ambientali e sociali, «dovesse essere valutato da giudici specializzati che avessero strumenti tecnici e capacità personali particolari per vagliare adeguatamente la sua personalità», al fine di individuare il trattamento rieducativo più appropriato. Attribuendo, ex art. 458 cod. proc. pen., alla competenza monocratica del giudice per le indagini preliminari il giudizio abbreviato disposto in seguito a un decreto di giudizio immediato si finirebbe per creare una «“sacca di area grigia” nella tutela del minore durante il processo penale», in cui verrebbero meno le garanzie previste dal d.P.R. n. 448 del 1988, che sono invece assicurate nell’udienza preliminare, nella quale l’organo giudicante è collegiale. Il momento processuale in cui interviene «la richiesta di essere ammesso al giudizio abbreviato (…) diventerebbe fattore selettivo rispetto alla possibilità per il minore di beneficiare o meno della valutazione degli esperti. Il tutto in violazione anche delle garanzie di specializzazione che il legislatore, «in conformità anche ai principi sanciti nelle principali Convenzioni internazionali (Regole di Pechino, Convenzione O.N.U. del 1989 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Convenzione di Strasburgo)», avrebbe voluto assicurare con le specifiche disposizioni sul processo penale minorile.

A suo avviso, pertanto, la normativa impugnata sarebbe in contrasto con l’art. 3 comma 1 Cost. per due ordini di motivi:

  1. perché darebbe luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra i minori assoggettati al giudizio abbreviato dinanzi al giudice per le indagini preliminari in composizione monocratica, ai sensi dell’art. 458 cpp, e quelli sottoposti al giudizio collegiale del tribunale per i minorenni, pur essendo, gli uni come gli altri, su un piano di sicura parità quanto all’esigenza di recupero e di reinserimento sociale, maggiormente garantita dal procedimento davanti all’organo specializzato, in composizione collegiale.

  2. svolgendo il tribunale minorile una precisa funzione di garanzia dello sviluppo della personalità dell’adolescente, un’eccezione alla sua generale composizione collegiale finirebbe per configurarsi come un ostacolo a tale sviluppo.

Sarebbero lesi, altresì: l’art. 31 Cost, perché l’organo giudiziario minorile sarebbe inderogabilmente posto a protezione della gioventù; l’art. 24 comma 2 Cost., perché il minore sarebbe privato delle “particolari garanzie offerte dal procedimento innanzi al giudice collegiale”. Né gioverebbe in senso contrario richiamare il costante orientamento dei giudici della nomofilachia, secondo cui il giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minorenni sarebbe un giudice specializzato, anche nella sua composizione monocratica, in ragione delle competenze acquisite con l’esperienza e la pratica nel settore minorile e tramite la partecipazione ai vari corsi per la formazione e l’aggiornamento dei magistrati. Posizione che risulta assolutamente inconciliabile con la ratio e i principi sottesi all’istituzione del tribunale per i minorenni, la cui principale caratteristica distintiva rispetto alla magistratura ordinaria sarebbe costituita proprio dalla sua composizione collegiale mista. In conclusione, per il GIP rimettente l’intero sistema legislativo indurrebbe a ritenere che i magistrati non possano giudicare in autonomia un minore e, conseguentemente, che il giudice minorile professionale debba essere sempre integrato dagli esperti.

La Corte Costituzionale, nel risolvere la questione sottoposta al suo esame, parte dalla valutazione preliminare dell’ammissibilità della questione di costituzionalità sollevata nell’ambito di procedimenti penali in cui è intervenuta una pronuncia della Cassazione sulla competenza con efficacia vincolante, “perché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dall’effetto vincolante delle decisioni della Corte di Cassazione in materia di competenza, stabilito dall’art. 25 cod. proc. pen., «discende la irrilevanza di questioni che tendano a rimettere in discussione la competenza attribuita nel caso concreto dalla Cassazione medesima, in quanto ogni ulteriore indagine sul punto deve ritenersi definitivamente preclusa e quindi nessuna influenza potrebbe avere una qualsiasi pronuncia di questa Corte nel giudizio a quo”. A ben vedere però nei casi che ci occupanoprecisa la Consulta – il giudice rimettente non propone una questione di competenza ma, deducendo la violazione degli artt. 3, 24 e 31 Cost., sostiene che nel processo minorile il giudice per le indagini preliminari, per la sua struttura monocratica, non è idoneo a svolgere il giudizio abbreviato. Sicché la sollevazione della questione di legittimità costituzione è immune da vizi che ne inficino l’ammissibilità. Nel merito, poi, il Giudice delle Leggi, nel dichiarare fondati i dubbi di incostituzionalità delle norme censurate, appunta in maniera assorbente la propria attenzione sul parametro dell’art. 31 comma 2 Cost. “[La Repubblica] protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Ricordando la relazione del CSM sullo stato della giustizia del 1971, la Corte Costituzionale ricorda che il Tribunale per i Minorenni fu istituito proprio perché si ritenne che il minore, spesso portato al delitto da complesse carenze di personalità dovute a fattori familiari, ambientali e sociali, dovesse essere valutato da giudici specializzati che avessero strumenti tecnici e capacità personali particolari per vagliare adeguatamente la personalità del minore al fine di individuare il trattamento rieducativo più appropriato. L’interesse del minore nel procedimento penale minorile, pertanto, «trova adeguata tutela proprio nella particolare composizione del giudice specializzato (magistrati ed esperti)» (…) Per la loro specifica professionalità, che assicura un’adeguata considerazione della personalità e delle esigenze educative del minore, i due esperti che affiancano il magistrato contribuiscono anche all’osservanza del principio di minima offensività, che impone di evitare, nell’esercizio della giurisdizione penale, ogni pregiudizio al corretto sviluppo psicofisico del minore e di adottare le opportune cautele per salvaguardare le correlate esigenze educative. Essendo il giudizio abbreviato minorile sostitutivo sia dell’udienza preliminare sia del dibattimento, con esiti più diversi, è sempre necessaria la valutazione del giudice collegiale e degli esperti che lo compongono. Tanto ancor più se si considera che in punto di fatto le decisioni rimesse al GIP con rito abbreviato non sono sostanzialmente diverse da quelle prese dal Tribunale collegio in sede dibattimentale. È dunque manifestamente incongruo, anche con riguardo ai valori costituzionali sottesi alla tutela del minore, che sia il giudice monocratico delle indagini preliminari a celebrare il giudizio abbreviato, che di regola è invece svolto dal giudice collegiale dell’udienza preliminare. Infatti, come hanno osservato le sezioni unite della Corte di cassazione, è il «peculiare “contenuto decisorio” degli esiti del giudizio abbreviato che impone la composizione collegiale dell’organo giudicante, non la sede formale in cui questi si innestano» (Cassazione, sezioni unite penali, 27 febbraio 2014, n. 18292). Deve quindi dichiararsi l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate per violazione dell’art. 31 Cost, restando assorbite le censure riferite agli altri parametri.

Antonia Quartarella

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