Come deve rilevare il fatto contestato in riesame del sequestro probatorio

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     Indice

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

1. La questione

Il difensore di un indagato proponeva ricorso per Cassazione avverso un decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero presso il medesimo Tribunale, eseguito sullo smartphone del ricorrente, quale bene pertinente al reato e sul quale era necessario operare accertamenti in relazione al delitto di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.

Orbene, per quello che rileva in questa sede, tra i motivi addotti, la difesa adduceva quello concernente la violazione degli artt. 125, comma 3, 253, 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen., sul rilievo che il decreto di convalida del sequestro probatorio sarebbe stato affetto da nullità per mancata indicazione, nei suoi elementi essenziali, del fumus commissi delicti e per omessa descrizione dei fatti costituenti reato, essendosi il pubblico ministero limitato ad un mero richiamo delle norme che si ritengono violate.

Sarebbe stato, dunque, ad avviso della difesa, impossibile individuare il presupposto indefettibile per attivare il suindicato mezzo di ricerca della prova, costituito dal nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato provvisoriamente contestato e alle connesse finalità investigative, tenuto conto altresì del fatto che, da un lato, a dispetto della natura di vizio insanabile della predetta carenza motivazionale, il Tribunale del riesame, con motivazione apparente, avrebbe esso stesso per la prima volta individuato elementi idonei a fondare l’ipotesi di un’attività di spaccio ascrivibile all’indagato consistenti nell’autorizzazione, rivolta alla moglie dell’indagato stesso, a ricevere un pacco presso l’attività commerciale di quest’ultimo, dall’altro, il giudice di merito avrebbe immotivatamente disatteso l’allegazione difensiva circa l’avvenuta presentazione di querela contro ignoti in relazione al delitto di sostituzione di persona, in quanto depositata sei giorni dopo la data dell’avvenuto sequestro e non nell’immediatezza dello stesso, e da ciò se ne faceva inferire la (ritenuta) arbitrarietà dell’esercizio del potere sostitutivo da parte dei giudici del riesame in punto di motivazione del decreto genetico della misura.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

La Cassazione riteneva siffatta doglianza inammissibile in quanto, secondo quanto postulato sempre in sede di legittimità ordinaria, in sede di riesame del sequestro probatorio, il Tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019).

Ebbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come il Tribunale del Riesame ne avesse fatto buon governo, avendo legittimamente ritenuto sussistenti e sufficientemente indicati nel decreto genetico gli elementi fondanti il fumus del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 sulla scorta delle risultanze investigative emerse sino a quel momento nel corso delle indagini preliminari.

3. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito in che termini deve rilevare il fatto contestato in sede di riesame del sequestro probatorio, affinché tale sequestro possa ritenersi legittimamente confermato in questa fase.

Difatti, in tale pronuncia, è affermato, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in sede di riesame del sequestro probatorio, il Tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di appurare se il Tribunale del riesame abbia correttamente compiuto (o meno) questa verifica.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

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