Cassazione: non basta il vizio di motivazione per ottenere l’assoluzione piena

Redazione 10/10/13
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Lucia Nacciarone

L’accertata insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che porta all’assoluzione ‘perché il fatto non costituisce reato’ non giustifica di per sé sola l’eventuale assoluzione con formule più favorevoli.

Perciò l’imputata, che impugna la sentenza per ottenerne una diversa con formula più liberatoria, deve addurre elementi certi che portino ad una soluzione più favorevole.

A deciderlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 41706 del 9 ottobre 2013, che si pronuncia sul ricorso della donna mirante alla declaratoria dell’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

La formula piena infatti reca con sé diversi e più favorevoli effetti, quelli di cui agli artt. 652, per i giudizi civili e amministrativi e 653 del codice di procedura penale per il giudizio disciplinare.

Si legge, infatti, in sentenza, che una volta accertata l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato (che ha portato alla formula lamentata) il ricorrente ha l’onere di addurre elementi evidenti che portino ad una soluzione più favorevole, ma non può lamentarsi del vizio di motivazione al riguardo.

Infatti, la Cassazione non potrebbe mai disporre un annullamento con rinvio, stante l’obbligo dell’immediata declaratoria delle cause di non punibilità che ricondurrebbe a pronunciare il proscioglimento perché il fatto non costituisce reato, epilogo decisorio che la ricorrente non impugna in sé, né avrebbe interesse ad impugnare.

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