Cassazione: le condotte che non rientrano nel nuovo reato di induzione indebita possono configurare l’estorsione

Redazione 16/04/13
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Lucia Nacciarone

In seguito alla riforma di taluni reati contro la Pubblica Amministrazione, realizzata con la legge 190/2012, diverse sono state le opzioni interpretative della giurisprudenza di legittimità.

In particolare, la sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 16566 del 12 aprile 2013 si è occupata di delineare i confini applicativi della neo introdotta fattispecie dell’indebita induzione, di cui al nuovo articolo 319 quater del codice penale.

La norma sanziona i comportamenti del pubblico ufficiale e dell’incaricato del pubblico servizio che, approfittando della qualifica pubblica, inducano il privato a promettere o a corrispondere una somma indebita in cambio di una utilità: proprio per questo secondo peculiare aspetto (consistente nel fatto che al privato in un certo senso conviene approfittare della ‘disponibilità’ del funzionario pubblico), anch’egli è passibile di sanzione.

Visto come è articolato il nuovo reato, la giurisprudenza di legittimità ha repentinamente escluso che il legislatore abbia semplicemente ‘spacchettato’ il vecchio reato di concussione distinguendo fra concussione per costrizione e concussione per induzione: invero, limitare l’applicabilità del reato di induzione indebita alle ipotesi di concussione per induzione sarebbe riduttivo.

È pur vero che nella nuova norma confluiscono quei comportamenti in cui il funzionario approfitta della sua qualità e della soggezione esercitata sul privato ma senza mettere in atto minacce in senso tecnico, quanto piuttosto una sorta di ‘persuasione’, dunque, comportamenti in un certo senso meno gravi di quelli riconducibili alla concussione.

Quindi sotto questo aspetto può dirsi che il legislatore sia intervenuto a punire quelle condotte che pur non integrando la concussione per l’assenza della minaccia di un male ingiusto, siano comunque riprovevoli ed atti a turbare il buon funzionamento della pubblica amministrazione.

In quest’ottica si giustifica anche la previsione della sanzione a carico del privato che ‘accetta’ di concorrere con la parte pubblica al comportamento illecito (l’esempio potrebbe essere quello di chi paga un vigile per ‘sparire’ una multa a lui intestata).

Ma, poiché in seguito alla riforma della legge 190/2012, soggetto attivo del reato di concussione può essere solo il pubblico ufficiale, e non anche l’incaricato del pubblico servizio, resta da definire in quale fattispecie incriminatrice rientrino i comportamenti degli incaricati del pubblico servizio che non possono proprio per questa ragione essere ricondotti nell’ambito applicativo della nuova concussione.

Al riguardo, va premesso che la stessa norma incriminatrice dell’induzione indebita si apre con la cd. clausola di riserva («Salvo che il fatto costituisca più grave reato»); pertanto, può affermarsi che la condotta dell’incaricato del pubblico servizio che abbia le caratteristiche della concussione (quando consista quindi nella minaccia di un male ingiusto, resa possibile dall’abuso di posizione), rientra oggi nel reato di estorsione, con continuità normativa per i fatti commessi prima della riforma.

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