Il comodato familiare di un immobile destinato a casa coniugale persiste fin quando permangono le esigenze familiari, in particolare quelle dei figli minori, e può cessare solo per sopravvenuto urgente bisogno del comodante, da valutarsi con particolare attenzione rispetto all’interesse della prole. L’ordinanza n. 17095/2025 della I Sezione Civile della Corte di Cassazione argomenta sul delicato equilibrio tra diritti dei comproprietari, esigenze abitative della famiglia e tutela del best interest of child, nell’ambito dell’assegnazione della casa familiare a seguito della crisi coniugale. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Il caso concreto
La vicenda origina dalla separazione tra due, nel contesto della quale veniva previsto che la casa coniugale restasse al marito, mentre la ex avrebbe ricevuto un contributo per il canone di locazione di una nuova abitazione. Tuttavia, in ipotesi di inadempimento del marito rispetto a tale obbligo, la ex moglie avrebbe potuto rientrare nella casa familiare. Nel successivo giudizio di divorzio, la casa veniva assegnata alla donna, collocataria della figlia minore, malgrado che la comproprietà dell’immobile fosse anche della madre del marito, la quale interveniva in giudizio opponendosi all’assegnazione. La Corte territoriale rigettava l’interposto appello del marito e l’opposizione della di lui madre, ritenendo sussistente un comodato familiare in favore della famiglia, protrattosi per 13 anni, e non ravvisando motivi per la risoluzione del comodato in assenza di un urgente bisogno manifestato da parte del comodante. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
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2. Le questioni: il comodato della casa coniugale
La ex suocera ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, quello della violazione del principio del contraddittorio, l’errata qualificazione dell’intervento ex art. 404 c.p.c., l’insussistenza di un contratto di comodato e l’omessa ammissione di mezzi istruttori. Sosteneva, altresì, che il diritto personale di godimento della casa familiare fosse venuto meno col trasferimento della ex nuora, e che il successivo provvedimento di assegnazione fosse privo di titolo idoneo. La Suprema Corte, richiamando la giurisprudenza del massimo consesso delle Sezioni Unite (n. 20448/2014), ha ribadito che il comodato familiare di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata, risulta funzionale alle esigenze abitative della famiglia e perdura finoquando sussistono tali esigenze, in particolare quelle dei figli minori. L’eventuale crisi coniugale non comporta di per se stessa la cessazione del comodato, salvo che il comodante dimostri un urgente e imprevisto bisogno. Il diritto di godimento del coniuge affidatario della prole può essere opposto al comodante, a condizione che il bene sia stato effettivamente destinato a casa familiare.
3. L’interesse del minore
Hub della decisione risulta la tutela dell’interesse della minore, che aveva espresso la volontà di vivere presso l’abitazione dei nonni. La Corte evidenzia che la rinuncia all’assegnazione della casa familiare a opera della madre risulterebbe in ogni caso nulla se collidesse con l’interesse del minore. Il giudice, nel valutare l’istanza di rilascio dell’immobile, deve in ogni caso accertare che permanga la destinazione dell’immobile a casa familiare nell’interesse dei figli, ordinandone la restituzione solamente in ipotesi contraria.
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4. Effetti processuali
Sul piano procedurale la Cassazione ritiene infondati i motivi afferenti alla qualificazione dell’intervento della donna ricorrente e all’omessa ammissione di mezzi istruttori, osservando che la Corte territoriale aveva già sufficientemente accertato i fatti rilevanti e che le prove richieste non sarebbero state adeguate a sovvertire la decisione. Viene inoltre ribadito che la valutazione in merito alla natura del rapporto di comodato e alla sua eventuale cessazione costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Si consolida, pertanto, l’indirizzo secondo cui il comodato familiare, anche in presenza di comproprietà, è destinato a persistere finché sussistono le esigenze familiari, in particolare quelle dei figli minori, e può essere sciolto solo per urgente bisogno del comodante. Il best interest of the child persiste quale criterio guida, che prevale sia sulle volontà dei genitori che su quelle dei terzi comproprietari.
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