Calunnia e diffamazione: i reati concorrono?

Redazione 19/04/16
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La condotta materiale tipica del delitto di calunnia, cioè la falsa incolpazione, contiene in sé gli estremi del reato di diffamazione. Non sussiste concorso formale tra le due fattispecie di reato, prevalendo quella di calunnia in ragione del principio di specialità.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza n. 15851 depositata il 15 aprile 2016.

La vicenda

Un avvocato veniva imputato per calunnia, diffamazione e tentata estorsione in concorso con un proprio assistito. La persona offesa, altro avvocato, era accusato di apologia del fascismo e ricostituzione del disciolto PNF. In primo grado interveniva la condanna dell’avvocato per il delitto di diffamazione, sotto il cui titolo venivano derubricate le altre accuse. In appello, la prescrizione. Ma sul versante degli effetti civili, si afferma la responsabilità di entrambi gli imputati per il reato di diffamazione e per quello di calunnia.

Le motivazioni

Gli Ermellini hanno affermato che non sussiste un concorso formale tra calunnia e diffamazione, ma sussiste, per il principio di specialità, il solo reato di calunnia. Invero, gli stessi fatti che sostanziano la falsa incolpazione rientrano nella fattispecie astratta dei due delitti, in quanto con la specifica falsa attribuzione di un reato nei confronti della persona offesa si realizzano non solo gli estremi della calunnia, ma anche l’offesa della “reputazione” e la comunicazione “con più persone”, sicché la calunnia si pone con carattere assorbente in rapporto di specialità rispetto alla diffamazione (Sez. 6, n. 26994 del 6.2.2003, Rv. 227714; Sez. 6, n. 45360 del 4.11.2011, Di Napoli e Gatto; Sez. 6, n. 34266 del 2.11.2012, Renis).

Sull’esimente forense

Il Collegio ha osservato al riguardo che l’esimente di cui all’art. 598 cod. pen. – per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative – non si applica allorché l’esposizione infedele espressa con la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato integri un fatto costitutivo di illecito penale (calunnia), essendo, in tal caso, del tutto irrilevante la circostanza di avere agito nell’espletamento di condotta difensiva (ex multis, Sez. 5, n. 31115 del 30/06/2011, Rv. 250587).

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