In ipotesi di compensi a tempo per l’attività prestata dagli ausiliari del giudice, il sistema di calcolo fondato sulla vacazione, unità di misura che corrisponde a due ore di impegno del professionista, non può differenziare tra la prima vacazione e quelle susseguenti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 16 del 10 febbraio 2025.
Indice
1. La questione: gli onorari degli ausiliari del giudice
In riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, era stata sollevata dal Tribunale ordinario di Firenze, censurando la norma in quanto l’entità “irrisoria” degli onorari attuali darebbe luogo a un assetto normativo che sacrifica il diritto all’adeguata remunerazione del professionista e lede la garanzia dell’equo processo, non garantendo a detta finalità, la qualità minima della prestazione professionale dell’ausiliare.
2. La norma dichiarata incostituzionale
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma II, legge n. 319/1980, in materia di compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria, nella parte ove, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario più basso a quello stabilito per la prima vacazione.
3. L’irragionevolezza
Per la Consulta la previsione normativa in argomento è risultata manifestamente irragionevole in riferimento all’art. 3, primo comma, Costituzione. La stessa Corte ha evidenziato di aver avuto ripetutamente occasione di pronunciarsi sull’adeguatezza dei compensi degli ausiliari del giudice per l’attività svolta nel processo. Nello scrutinio di legittimità costituzionale la materia degli onorari non è stata mai disgiunta dalla connotazione pubblicistica del servizio reso, in considerazione della “relazione funzionale che, attraverso l’atto di designazione, si instaura tra l’ausiliario del magistrato e l’ufficio giudiziario [e che] costituisce un munus publicum (sentenze n. 102/2021 e n. 88/1970), dal cui utile svolgimento sorge un diritto al compenso” (sentenza n. 166 del 2022). In detto ambito, è stata purtuttavia avvertita l’esigenza di garantire un rapporto di proporzionalità tra i valori tabellari dei compensi e le corrispondenti tariffe libero-professionali, così da scongiurare l’esito per cui la riduzione, applicata in ragione dell’indole pubblicistica dell’istituto, finisse per svilire il valore dell’impegno assicurato dal professionista incaricato (sentenza n. 192/2015).
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4. Onorari a tempo
La Corte ha evidenziato che l’istituto della vacazione in realtà non è più normato, nella novellata disciplina degli onorari a tempo, di cui al D.P.R. n. 115/2002, ormai totalmente affidata, insieme a quella degli onorari fissi e variabili, alla previsione tabellare.
5. Questione in parte inammissibile
Il giudice fiorentino aveva censurato altresì l’articolo 50, comma 3, del D.P.R. n. 115/2002, nella parte ove prevede che le tabelle afferenti agli onorari a tempo individuino il compenso del professionista. Tuttavia, la Consulta ha dichiarato inammissibile la spiegata questione per irrilevanza nel procedimento principale, rilevando che detta disposizione, pur formalmente in vigore, disciplinerà in concreto la materia solamente a seguito dell’adozione del regolamento ministeriale introduttivo del nuovo sistema tabellare, di cui al comma 1 del medesimo articolo 50, adozione non ancora intercorsa.
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