(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 304)
Cassazione penale, sez. II, 22 dicembre 2021 (ud. dicembre 2021, dep. 27 gennaio 2022), n. 3155 (Presidente Diotallevi, Relatore Ariolli)
Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
Il fatto
Il Tribunale della Libertà di Catanzaro confermava un provvedimento della Corte di Appello di Catanzaro con cui era stata disposta ad una persona, sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere, la sospensione dei termini di custodia cautelare ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato era proposto ricorso per Cassazione con cui si deduceva la violazione dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. sostenendosi che la decorrenza dei termini previsti dall’art. 303 cod. proc. pen. non può essere sospesa per la decorrenza nella fase degli atti preliminari al dibattimento.
Sull’argomento, vedasi:
Termini massimi di custodia cautelare
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era stimato infondato per le seguenti ragioni.
Si osservava infatti a tal proposito – una volta fattosi presente che la scadenza del termine stabilito a giorni deve computarsi sino all’ultima ora, in ossequio al calendario comune secondo cui per “giorno” si intende uno spazio di 24 ore compreso tra una mezzanotte e l’altra e che, di conseguenza, il provvedimento adottato dalla Corte territoriale risultava essere intervenuto prima della scadenza del termine di custodia di fase – che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Cassazione ha postulato che, “poiché l’art. 304, secondo comma, cod. proc. pen., prevede che l’ordinanza di sospensione della decorrenza dei termini della custodia cautelare, nelle ipotesi previste, sia pronunciata nella «fase del giudizio», al giudice è consentito disporre detta sospensione anche prima della relazione del pubblico ministero e della decisione sull’ammissione delle prove, ben potendosi riscontrare la sussistenza dei presupposti di legge (la particolare complessità del dibattimento e l’appartenenza dei reati contestati alle categorie indicate nell’art. 407 cod. proc. pen.) fin dalla fase degli atti preliminari al dibattimento o in quella introduttiva dello stesso” (Sez. 2, n. 191 del 1997), trattandosi di una soluzione ritenuta dalla Corte di legittimità coerente con le finalità dell’istituto che presuppone un giudizio di carattere prognostico, essendo stato affermato, sempre in sede nomofilattica, che, ai fini della sospensione dei termini di durata della custodia cautelare nel giudizio di appello, la particolare complessità di quest’ultimo può essere desunta dall’elevato numero degli imputati (nella specie sette), dalla tipologia e gravità delle imputazioni (relative a delitti di criminalità organizzata), dalla qualità e dal numero delle questioni sollevate con gli atti di appello e dalla necessità di fissare più udienze per la discussione delle parti, indipendentemente da un provvedimento di rinnovazione dell’istruttoria, aspetti che si rinvengono, per quanto evidenziato dall’ordinanza impugnata, proprio nel caso in esame e che rendono logica l’adozione per tempo del provvedimento di sospensione (Sez. 5, n. 40452 del 2019).
Chiarito ciò, era infine osservato come non assumesse rilievo nemmeno la circostanza che l’ordinanza di sospensione fosse stata adottata prima della fissazione della prima udienza di comparizione del giudizio di appello in quanto la trasmissione degli atti ai sensi dell’art. 590 cod. proc. pen. comporta la pendenza del processo presso il giudice dell’impugnazione il quale, da quel momento, ne ha piena cognizione e, a conferma di quanto appena enunciato, era citata la regola stabilita dall’art. 91 disp. att. cod. proc. pen. che attribuisce la competenza in materia de libertate nel corso degli atti preliminari al dibattimento proprio al giudice che procede, tra cui è espressamente menzionato quello di impugnazione (la corte di appello o la corte di assise d’appello), tenuto conto altresì del fatto che, proprio al momento della ricezione degli atti, il giudice dell’impugnazione, prendendo cognizione dei motivi di appello e degli atti del grado precedente, può valutare la complessità del processo, anche al fine di programmare il calendario di udienza e adottare le relative misure di carattere organizzativo (si pensi ad es. alla necessità di disporre collegamenti in video-conferenza per gli imputati detenuti soggetti al regime di alta sicurezza, ovvero all’approntamento di aule cd. Bunker, al reperimento di traduttori, ecc.).
In conclusione, il ricorso era rigettato e il ricorrente veniva condannato al pagamento delle spese processuali.
Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse in quanto è ivi asserito, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, poiché l’art. 304, secondo comma, cod. proc. pen., prevede che l’ordinanza di sospensione della decorrenza dei termini della custodia cautelare, nelle ipotesi previste, sia pronunciata nella «fase del giudizio», al giudice è consentito disporre detta sospensione anche prima della relazione del pubblico ministero e della decisione sull’ammissione delle prove, ben potendosi riscontrare la sussistenza dei presupposti di legge (la particolare complessità del dibattimento e l’appartenenza dei reati contestati alle categorie indicate nell’art. 407 cod. proc. pen.) fin dalla fase degli atti preliminari al dibattimento o in quella introduttiva dello stesso.
E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di questo approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che, come avvenuto nel caso di specie, sostenga al contrario che la decorrenza dei termini previsti dall’art. 303 cod. proc. pen. non può essere sospesa per la decorrenza nella fase degli atti preliminari al dibattimento.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, non può che essere positivo.
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