Affidamento minori: il minore non va ascoltato se si rischia un coinvolgimento emotivo

Redazione 19/03/13
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Anna Costagliola

Nell’ambito della causa di affidamento il minore non può essere ascoltato se questo lo espone a un negativo coinvolgimento emotivo. Il diniego di ascolto si deve fondare sulla valutazione dell’età, delle condizioni e dei disagi già manifestati dal bambino. Soprattutto il giudice non può esporre il bambino a un ulteriore e negativo coinvolgimento emotivo nella controversia tra i genitori. È questo il principio affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 6645 del 15 marzo scorso con cui ha rigettato il ricorso proposto da una donna avversa la sentenza della Corte di merito che, sulla stessa linea del giudice di primo grado, aveva confermato la sospensione della potestà genitoriale sul figlio minore con conseguente affidamento in via esclusiva al padre, prevedendosi che quest’ultimo accompagnasse il figlio dalla madre a farle vista per tre volte l’anno. Detto provvedimento, come pure precisato dalla Corte d’appello, si era reso necessario in ragione dell’interesse del figlio a causa del comportamento della madre, la quale non si era attenuta alle indicazioni relative alla necessità di intraprendere un percorso terapeutico presso i servizi sociali, al versamento dell’assegno mensile per il mantenimento del figlio e al regime delle visite.

In sede di ricorso al Giudice delle leggi, la ricorrente lamentava l’insufficiente motivazione della decisione della Corte d’appello in ordine al rigetto della richiesta di audizione del minore, finalizzata a disporre l’affidamento ad entrambi i genitori, essendosi questa limitata a rilevare come tale audizione fosse già avvenuta, senza tuttavia considerare che tale adempimento era stato compiuto quando il minore viveva con la madre, e dunque mancando si considerare gli effetti del nuovo regime di affidamento esclusivo del figlio al padre. I giudici della Cassazione, sul punto, hanno rilevato come dal tenore della decisione di merito impugnata risulti la inopportunità di una ulteriore audizione del minore fondata sulla valutazione dell’età, delle condizioni e dei disagi già manifestati dallo stesso, quali emersi dalle risultanze processuali, anche documentali e, quindi, sulla conclusiva, seppure implicita, attribuzione di prevalenza alle esigenze di tutela dell’interesse superiore del bambino, anche a non essere ulteriormente esposto a presumibili pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nella controversia che vedeva contrapposti i genitori.

È dunque la tutela del supremo interesse del minore che deve guidare i giudici nel valutare l’opportunità del suo ascolto, come già affermato in numerose precedenti statuizioni della Corte in cui si è precisato che, se è vero che, in relazione all’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, ratificata dalla L. 77/2003, e all’art. 155sexies c.c., introdotto dalla L. 54/2006, è necessaria l’audizione del minore del cui affidamento deve disporsi, tuttavia detta esigenza va contemperata con la necessità che tale ascolto possa essere in contrasto con i suoi interessi fondamentali. 

Di recente, la riforma sul riconoscimento dei figli naturali (L. 219/2012), tra le altre previsioni, ha assegnato un ruolo di rilievo all’ascolto del minore, prevedendo l’introduzione nel codice civile di una nuova norma, l’art. 315bis, rubricata «Diritti e doveri del figlio», che attribuisce al figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, il diritto di essere ascoltato non solo all’interno dei conflitti familiari conseguenti alla rottura del rapporto(come già previsto dall’art. 155sexies), ma in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, s’intende quando ciò non contrasti con il preminente interesse della tutela del minore.

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