Pubblica amministrazione: acquisto quote di una società

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L’acquisto e la detenzione di quote di partecipazione di società da parte di un ente pubblico, è disciplinato dal TUSP, Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (d. lgs 175/2016).
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Indice

1. Nota sulla trattazione


Data la multidisciplinarietà dell’oggetto della relazione, costituita da una pluralità di istituti di per sé complessi ed articolati, ma strettamente connessi tra loro, la trattazione che segue verrà suddivisa per macro argomenti:
a)      Acquisto quote di una società da parte della pubblica amministrazione;
b)     Controllo analogo;
c)      Controllo analogo congiunto
All’interno di questi vi sarà poi ulteriore specificazione dei singoli istituti trattati, con tutti gli estremi dei richiami normativi e giurisprudenziali individuati.
Il presupposto della trattazione è la verifica della legittimità (e degli effetti) dell’acquisto di quote di partecipazione da parte di una pubblica amministrazione, in primo luogo alla luce del testo unico delle società a partecipazione pubblica (TUSP).
Strettamente funzionali a garantire la legittimità dell’acquisto delle quote sono l’istituto dell’in house providing, con particolare riferimento al requisito del controllo analogo e, nel caso diuna società in house plurifrazionata/pluripartecipata – controllo analogo congiunto.
Si precisa che i riflessi dell’acquisto delle partecipazioni sono molteplici: non solo rilevano ai fini della verifica di conformità della Corte dei conti e AGCM (in sede di comunicazione dell’acquisto) ma anche in termini di trasparenza; controllo di gestione da parte del revisore dei conti, affidamento, nonché in caso di contenzioso.

2. Acquisto quote di una società da parte della pubblica amministrazione


L’acquisto e la detenzione di quote di partecipazione di società da parte di un ente pubblico, è disciplinato dal TUSP, Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (d. lgs 175/2016).
Il TUSP impone a tutti gli enti pubblici che intendono acquistare delle quote di partecipazione di società, degli stringenti oneri motivazionali, in quanto il provvedimento di acquisto delle quote dovrà essere inviato alla Corte dei Conti ed all’Antitrust (art 5).
L’Art 4  dispone infatti che “Le amministrazioni pubbliche non possono…..acquisire o mantenere partecipazioni in società che non hanno come oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionalied enuclea le attività che la società deve svolgere.
Tra le attività ammesse rientrano:
lett a) “produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai medesimi servizi”;
lett d) “autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti allo svolgimento delle loro funzioni….”
In sintesi occorre dimostrare che la società eroghi servizi che siano strettamente necessari per l’ente pubblico (art 20 comma 2 lett a): se manca o viene meno questo vincolo di scopo non vi è giustificazione dell’acquisto/possesso delle quote di partecipazione e , pertanto,  l’ente deve predisporre un piano di razionalizzazione  volto all’alienazione delle quote.
La verifica della sussistenza dei presupposti per la detenzione delle quote (e l’adozione di eventuali piani di razionalizzazione)  sono in capo all’ente e vanno effettuati annualmente entro il 31 dicembre di ogni anno e comunicati al MEF con le modalità di cui all’art 17 del d.l. 90/2014.
Il mancato ottemperamento a quanto sopra, determina l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, salvo danno erariale rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile da parte della competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti (art. 20 comma 2 e 24 comma 1 tusp).
L’istituto delle Società in house è espressamente individuato dall’art 16 del Tusp come strumento idoneo alla realizzazione del vincolo di scopo, ma a 3 condizioni:

  • non vi deve essere partecipazione di capitali privati;
  • l’ente deve esercitare sulla società il controllo analogo o – in caso di più proprietari –  congiunto, dato l’espresso rinvio al Codice dei contratti pubblici (oggi D.lgs 31 marzo 2023 n. 36).
  • lo statuto della società deve prevedere che oltre l’80% del fatturato sia realizzato dallo svolgimento di compiti affidati dagli enti pubblici soci.

Da tutto ciò ne consegue che occorrerà motivare analiticamente alla Corte dei Conti la necessità di ricorrere ad affidamenti  in house per legittimare l’acquisto delle quote societarie.
A seguito della modifica della legge 175 del 2016 avvenuta dall’art. 11 della legge 5 agosto 2022, n. 118, a decorrere dal 2022, quella che prima consisteva in una mera comunicazione a fini conoscitivi da parte dell’ente acquirente, oggi è diventata – nonostante il termine usato sia “parere” – oggetto un vero e proprio “controllo/verifica di conformità” della motivazione che sta alla base dell’acquisto del quote, per cui la Corte dei conti svolgerà un’attività estremamente analitica  dei provvedimenti che stanno alla base dell’acquisto.
Infatti il terzo comma dell’art. 5 TUSP  afferma che la Corte dei conti competente delibera sulla “conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo, (oneri motivazionali), nonché dagli articoli 4 (finalità perseguite con l’acquisto) , … 8-(acquisto partecipazioni in società già costituite), con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa”.
Occorre quindi acquisire cognizione dei parametri usati dalla Corte in sede di verifica. 
La Corte dei conti sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, con deliberazione n. 32/2023/INPR ha fornito “indicazioni istruttorie preliminari all’esame della sezione regionale in merito ai provvedimenti contemplati dall’art 5 del TUSP  estrinsecando  i seguenti parametri funzionali alla verifica di conformità

  • compatibilità tra l’oggetto sociale e le finalità istituzionale dell’ente;
  • compatibilità con la normativa comunitaria sui c.d. aiuti di Stato;
  • compatibilità delle prescrizioni contenute negli artt. 7 e 8 del Tusp;
  • convenienza economica e sostenibilità finanziaria, anche sotto il profilo della gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;
  • compatibilità della scelta rispetto ai principi di efficienza, efficacia ed economicità;

alla comunicazione deve essere allegato un apposito questionario, debitamente compilato – a pena di esito negativo del giudizio della Corte – volto a fornire indicazioni utili alla verifica del rispetto dei parametri sopra citati.
Congiuntamente al questionario dovranno altresì essere allegati:

  • i bilanci di esercizio degli ultimi 3 anni;
  • relazione sulla gestione;
  • relazioni degli organi di controllo;
  • la relazione di governo dell’organo societario (trattasi di eventuali ulteriori strumenti di gestione quali regolamenti interni, ufficio di controllo interno, codici di condotta di cui all’art 6 Tusp) 

Ben si comprende come la dimostrazione  del rispetto degli stessi sia fondamentale per evitare un rigetto o rilievi  e di quanto sia penetrante il controllo effettuato in sede di verifica di conformità.
In caso di esito negativo, all’ente non è precluso procedere all’acquisto, ma occorrerà nel provvedimento indicare le ragioni per le quali ci si è discostati dal parere e, tanto il parere fornito quanto il provvedimento adottato, dovranno essere pubblicati sul proprio sito istituzionale.
Il controllo operato dalla Corte  comprende anche la verifica del requisito del controllo analogo e del controllo analogo congiunto.
Il combinato disposto tra la normativa del Tusp (i cui art 2 lett d) e 16 lett c) fa espresso richiamo all’istituto del controllo analogo congiunto imponendo, affinché gli affidamenti alla società in house  siano a loro volta legittimi,  che  sia soddisfatto, tra gli altri, il requisito del  controllo analogo.
Nel caso specifico di società in house plurifrazionato/pluripartecipato, occorrerà specificamente verificare la sussistenza del controllo analogo congiunto.
In assenza di prescrizioni normative che individuino uno specifico modello di gestione e/o strumento con cui esercitare il controllo analogo congiunto,  è intervenuta la giurisprudenza, chiarendo le condizioni di sussistenza e di legittimità degli istituti.


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2. Il controllo analogo


Il  “controllo analogo consiste «in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni» (così C.d.S., Sez. V, sentenza n. 6460/2020)”
Per quanto riguarda la natura del controllo analogo si richiama quanto previsto dall’art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. c) d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, secondo cui consiste in una “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”, nonché dall’articolo 5, comma 2, del c.c.p. «Un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del comma 1, lettera a), qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.
Con riferimento a quanto sopra, il controllo analogo si esplica ogni qual volta l’Ente pubblico partecipante abbia il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house, tra cui la nomina degli organi amministrativi aziendali, i quali vengono pertanto a trovarsi in posizione di subalternità stringente, sino al punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonomia rilevante sugli argomenti strategici e/o importanti. Il controllo deve essere sugli organi (gli Enti devono avere il potere di nomina e di revoca degli amministratori) e sulla gestione (gli Enti devono autorizzare o vagliare gli atti di gestione che sono strategici ed importanti per la vita sociale nonché per lo svolgimento del servizio affidato.
Il controllo analogo, nel rispetto del diritto societario, può essere riassunto nelle seguenti attività:

  • controllo sugli atti e provvedimenti societari a carattere strategico e programmatici pluriennali (statuti, approvazione piano industriale, piano di sviluppo, relazione programmatica pluriennale, atti di amministrazione straordinaria);
  • controllo sugli atti e provvedimenti societari di pianificazione (relazione programmatica annuale, piano degli investimenti e disinvestimenti, piano occupazionale, budget economico e finanziario, programma degli acquisti e dei lavori), di bilancio e sui regolamenti di gestione;
  •  controllo orientato ad indirizzare l’attività della società in house verso il perseguimento dell’interesse pubblico;
  • controllo sulla gestione e sui risultati intermedi orientati alla verifica dello stato di attuazione degli obiettivi, con individuazione delle azioni correttive in caso di scostamento o squilibrio finanziario; – esercizio di poteri autorizzativi e di indirizzo attraverso l’emanazione da parte del socio di specifiche direttive generali sul funzionamento amministrativo delle società;
  • esercizio di poteri ispettivi che comportano una diretta attività di vigilanza e controllo presso la sede e/o nei confronti dell’organo amministrativo della società in house;

3. Il controllo analogo congiunto


Nel caso di una società in house caratterizzate da un’aggregazione societaria formata da più Enti si configura la fattispecie di in house plurifrazionato/pluripartecipato.
Per quanto riguarda l’acquisto delle quote diverse sentenze del giudice amministrativo (cfr. TAR Lombardia, Brescia sez. I, 23/3/2021 n. 281; Cons. Stato, V, 18 luglio 2017, n. 3554) hanno precisato che  non è necessario l’acquisto di un quantitativo minimo di quote ai fini dell’esercizio del controllo analogo congiunto: quindi anche il possesso di quote cosiddette “pulviscolari” non è di per preclusivo  all’esercizio di tale controllo.
Ma questa realtà frammentata si deve necessariamente coniugare con la necessità di garantire congiuntamente ai soci, Enti Pubblici, un controllo sugli obiettivi e sui programmi tale da limitare l’autonomia della società stessa: da qui l’istituto del controllo analogo congiunto.
Secondo la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in caso di società partecipata da più autorità amministrative non è indispensabile che ciascuna di queste «detenga da sola un potere di controllo individuale» sulla società, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi «sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta» (sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord; §§ 28 – 33). A questo scopo, la Corte di Giustizia ha inoltre affermato che non è necessario il possesso di una quota minima di partecipazione al capitale sociale (cfr. nello stesso senso: Cons. Stato, V, 18 luglio 2017, n. 3554); per contro occorre che in virtù della partecipazione azionaria acquisita non sia preclusa alla singola autorità «la benché minima possibilità di partecipare al controllo» sulla società.
Dalla lettura della sentenza emerge che  in linea generale il requisito del controllo analogo proprio dell’in house providing non può essere apprezzato secondo una stretta logica dominicale, incentrata sull’entità della partecipazione al capitale sociale della società in house e che, con riguardo specifico alla fattispecie in cui la società sia partecipata da più enti pubblici (c.d. in house plurifrazionato o pluripartecipato), il controllo analogo sussiste se esercitato congiuntamente dalle amministrazioni pubbliche partecipanti.
In linea con la citata sentenza del giudice europeo , il Consiglio di Stato ha affermato che
la sussistenza del controllo analogo nel caso degli organismi pluripartecipati deve essere vagliata non in relazione alla posizione del singolo ente, bensì in modo ‘globale e sintetico’ ………sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente” (Cons.
Stato, V, sent. 182 del 2018; Cons. Stato, 30 aprile 2018, n. 2599).
Viceversa la partecipazione della singola amministrazione non può ritenersi effettiva quando vi siano soci di maggioranza in grado di imporre le proprie scelte alla minoranza, già a partire dalla nomina dell’organo amministrativo (Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2154).
Il controllo analogo congiunto può essere realizzato secondo 3 modalità:

  • mediante espresse disposizioni statutarie che riconoscano un potere di veto esercitabile dai singoli soci oppure quorum rafforzati con la variante del computo capitario piuttosto che capitale;
  • mediante patti parasociali;
  • ricorrendo ad un organo “extrasocietario” di controllo, costituito da rappresentanti di ciascun ente e con il potere di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società (es atti di programmazione, di straordinaria amministrazione, bilanci, ecc.)

4. Conclusioni


L’onere  più gravoso per la pubblica amministrazione interessata ad effettuare affidamenti in house  consiste oggi nelle modalità e nell’indicazione delle motivazioni che stanno alla base della decisione di acquistare ( e successivamente di mantenere)  le quote societarie da presentare alla Corte dei conti ai sensi del TUSP.
L’onere motivazionale che, a decorrere dal 2022, è talmente articolato e stringente che di fatto assorbe per complessità i presupposti che nella vigenza del D. lgs 50/2016 stavano alla base dell’iscrizione presso il registro dell’Anac (non più in vigore dall’01/07/2023) per tutti gli enti pubblici che decidevano di affidare in House alcuni servizi  (cfr Linee Guida n.7 “Linee guida per l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house”  e “Vademecum per le società in house” del 27/05/2022 ).
In proposito, al fine di effettuare una comparazione ex post, si evidenzia come dalla lettura delle Linee Guida n. 7 e del  Vademecum, la verifica dell’Autorità della sussistenza dei requisiti avvenisse sulla base del solo statuto e dell’atto costitutivo (sebbene potessero essere richiesti ulteriori documenti), quindi secondo criteri meramente formali e non sostanziali, mentre quello della Corte ha oggi ad oggetto specifici documenti contabili e gestionali.
A ciò va aggiunto che il nuovo C.c.p. (D.lgs 36/2023) oltre a non fare più alcun riferimento al registro Anac di cui all’art 192 D.Lgs 50/2016, si limita ad imporre meri obblighi informativi degli affidamenti diretti a società in house alla Banca dati dei contratti pubblici  gestita dall’Autorità (Art 23) .
La decisione del legislatore di eliminare il registro è in linea con l’introduzione della verifica di conformità della Corte dei Conti in sede di acquisto delle quote.
In effetti pare che il ruolo di tali organi sia stato invertito: ciò che originariamente costituiva mera comunicazione alla Corte dei Conti e controllo (formale) da parte di Anac, oggi è oggetto di verifica di conformità da parte della prima e mera comunicazione per la seconda: il potenziamento del ruolo della Corte dei Conti ha definitivamente reso superfluo quello dell’Anac.
Da tenere a mente, infine, che l’acquisto delle quote determinerà, come corollari, una serie di ulteriori attività quali:
 
–        pubblicazione in ammirazione trasparente dell’acquisto delle quote e dei programmi di razionalizzazione;
–        in sede di rendiconto di gestione la sottoposizione all’ente a tutta una serie di controlli da parte del revisore dei conti tra i quali la verifica della necessità di una razionalizzazione annuale a quella che l’individuazione dei servizi che vengono affidati.
 
A tali oneri seguiranno  poi quelli – altrettanto stringenti – relativi all’affidamento diretto alla società in house, fondamentali in caso di ricorsi amministrativi degli operatori economici.
Esistono in fase di affidamento diretto- proprio in quanto derogatorio del principio della concorrenza e delle logiche di mercato (ancor più in caso di detenzione di quote pulviscolari) – rischi di contenzioso, nel dirimere il quale, il giudice amministrativo sarà chiamato a valutare quelli che sono gli estremi della decisione dell’ente ti affidare l’appalto direttamente alla propria società in house.
Il provvedimento con cui si dispone l’affidamento di un appalto alla società in house, per essere legittimo, deve essere supportato da:
1) una valutazione sulla “congruità economica dell’offerta” predisposta dai soggetti in house. La congruità economica deve essere valutata rispetto all’oggetto e al valore della prestazione;
2) una motivazione (“aggravata”) sul “fallimento del mercato” e sui benefici per la collettività che la gestione “in house” riuscirebbe a perseguire rispetto agli «obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Anche in tale fase, a ben guardare, almeno parte di tali oneri motivazionali in sede di affidamento dovranno sottendere agli stessi  comunicati precedentemente alla Corte dei conti e dovranno essere tenuti in considerazione nella valutazione dell’acquisto delle quote.

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Angelo Pitrelli

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