Questa attività viene detta finanza pubblica, e dà luogo a due distinti flussi economici:
· uno che entra nelle casse dello Stato, cioè nell’erario pubblico, e perciò costituito dalle entrate pubbliche;
· un altro che vi fuoriesce, costituito dalle spese pubbliche.
La denominazione economia pubblica ha sostituito da alcuni decenni quella di scienza delle finanze, che venne usata per la prima volta da studiosi tedeschi che così avevano definito la disciplina che si occupava solo delle modalità di reperimento delle risorse da parte dello Stato da impiegare per finanziare la spesa pubblica – che secondo i principi allora dominanti doveva essere ridotta al minimo.
· soggetti attivi, aventi il potere d’imporre tributi in base alla legge. Nel nostro sistema tributario tale potere compete allo Stato, che può in parte delegarlo agli enti territoriali (Comuni, Province e Regioni);
· soggetti passivi, costituiti dai contribuenti che devono sottostare al potere impositivo dei soggetti attivi;
· beni economici di proprietà pubblica, costituiti da fattori produttivi (come terreni, fabbricati, imprese, fonti di energia) e da altri beni economici (come denaro, arredamenti di uffici etc.), purché siano di proprietà pubblica;
· rapporti giuridici intercorrenti tra i soggetti attivi e passivi, oppure tra i soggetti medesimi e i beni economici di proprietà pubblica.
I bisogni pubblici, per i quali si predispongono i servizi, si classificano in generali e speciali, a seconda che i benefici che forniscono siano o meno divisibili fra i cittadini.
I servizi generali sono predisposti a favore dell’intera collettività e sono goduti dai cittadini in quanto membri della stessa: ciascuno ne trae vantaggio, senza che però sia possibile quantificare quanto ciascuno ne fruisca (si pensi alla difesa nazionale, all’ordine pubblico, all’amministrazione della giustizia). Tali servizi sono perciò definiti indivisibili.
Nel caso dei servizi pubblici speciali è invece possibile stabilire, almeno approssimativamente, il vantaggio che ciascun cittadino trae da essi: si pensi al trasporto urbano, in cui ciascun utente paga il servizio sulla base del proprio effettivo godimento. Tali servizi sono, dunque, divisibili.
Vi sono poi servizi pubblici speciali che avvantaggiano l’intera collettività, come ad esempio la pubblica istruzione, ove i singoli utenti traggono un indubbio beneficio individuale e l’intera collettività ne risulta indirettamente avvantaggiata, in quanto in futuro potrà avvalersi di professionisti capaci. In questi casi si parla di servizi parzialmente divisibili.
Spesso, poi, lo Stato soddisfa bisogni prescindendo da una specifica domanda dei cittadini, in considerazione dei vantaggi che l’intera società può trarne (ad esempio l’istruzione o le cure sanitarie). I beni forniti per soddisfare siffatti bisogni vengono chiamati meritori – merit goods – in quanto contribuiscono al progresso della società anche se talora i cittadini non sono in grado di valutarne i vantaggi. Si chiamano invece demeritori – demerit goods – quei beni che pregiudicano il progresso della società, come ad esempio alcool, sigarette, sostanze stupefacenti o inquinanti. Lo stato cerca di scoraggiare questi consumi attraverso la pressione fiscale o l’imposizione di divieti.
I contenuti specifici di tali obiettivi sono:
· pieno impiego dei fattori produttivi, in particolare del lavoro: poiché il mercato non può assicurare automaticamente la piena occupazione, occorre un intervento mirato dello Stato, in grado di rendere effettivo il principio costituzionale che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro;
· sviluppo del reddito pro-capite: dato che il reddito è misura del benessere materiale di una collettività – indicando la quantità di risorse che in media affluiscono ad ogni cittadino – il suo aumento nel tempo è un indice significativo del miglioramento del livello di vita della comunità;
· equa distribuzione del reddito, che si realizza quando le risorse sono ripartite in maniera equilibrata tra tutti i cittadini.
E’ quindi necessario limitare gli squilibri sociali, territoriali ed economici assicurando stabilità monetaria e valutaria, che consiste nella difesa del potere d’acquisto della moneta – lotta all’inflazione – e nel controllo dei conti con l’estero – pareggio della bilancia dei pagamenti. Se infatti l’inflazione o la svalutazione compromettono il potere d’acquisto della moneta nazionale, nessun obiettivo della politica economica può essere raggiunto. Nei Paesi membri della UE, la stabilità monetaria e valutaria è un compito assolto dal Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), costituito dalle banche centrali nazionali dei 28 Paesi membri e dalla BCE.
Altra componente essenziale del diritto finanziario è costituita dalla contabilità di Stato, che regolamenta l’amministrazione delle imprese pubbliche e la responsabilità amministrativa e contabile dei dipendenti pubblici.