In presenza di figli minori, la casa familiare resta all’ex convivente collocatario della prole e assegnatario dell’immobile per provvedimento giudiziale, anche se non proprietario o conduttore in virtù di un rapporto di locazione o comunque autonomo tito

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In tema di famiglia di fatto, la pacifica qualificazione della convivenza “more uxorio” quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, impone che l’assegnazione della casa familiare, ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza di fatto, allorchè vi siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, deve regolarsi mediante l’applicazione del principio di responsabilità genitoriale (Cfr. artt. 261, 147 e 148 cod. civ.; art. 30 Cost.), il quale postula che sia data tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimento dei figli, a prescindere dalla qualificazione dello “status” (Corte Costituzionale n. 166 del 1998). Puntuale richiamo che rileva il diritto dei figli minori nati fuori dal matrimonio alla conservazione dell’habitat familiare in virtù della definitiva equiparazione ai figli nati all’interno del matrimonio (cfr. legge delega n. 212 del 2012; dlgs n. 154 del 2013). Parificazione ampiamente realizzata dalla Suprema Corte di Cassazione che con ultima sentenza dell’11settembre 2015 n. 17971 afferma che nelle convivenze di fatto, in presenza di figli minori nati da due conviventi, l’immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell’immobile o conduttore in virtù di rapporto di locazione o comunque autonomo titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all’immobile. Egli, pertanto, in virtù dell’affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto (ex art. 2 Cost.) della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell’immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l’altro convivente, in vista dell’esclusivo interesse della prole alla conservazione, per quanto possibile, dell’habitat domestico anche dopo la separazione dei genitori. Ne consegue che la consacrazione della destinazione dell’immobile a casa familiare, cristallizzata, nel caso di specie, dal provvedimento di assegnazione disposto dal Tribunale per i minorenni, caratterizzata da un vincolo di scopo che si protrae fino a quando le figlie minori o maggiorenni non autosufficienti conservino tale habitat domestico, giustifica, altresì, l’opponibilità di tale vincolo anche al terzo acquirente dell’immobile, consapevole, al momento del rogito di acquisto, della destinazione specifica a casa familiare impressa all’abitazione, nonché della finalità di eliminarne tale carattere mediante il trasferimento, non rilevando, nella specie, l’anteriorità del trasferimento immobiliare rispetto al provvedimento di assegnazione dell’immobile a casa familiare.

Zecca Maria Grazia

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