Overruling processuale: la tempestività dell’atto va valutata con riferimento alla giurisprudenza vigente al momento dell’atto stesso

Redazione 15/07/11
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Con una sentenza depositata l’11 luglio 2011, le Sezioni Unite civili della Cassazione si sono pronunciate sul tema cd. dell’overruling (letteralmente: cambio delle regole in corso d’opera), chiarendo come il cambiamento della giurisprudenza della Cassazione in materia processuale non può sempre avere come conseguenza una valutazione di inidoneità della condotta posta in essere conformemente all’indirizzo al tempo prevalente.

Il mutamento di giurisprudenza o, comunque, l’arresto a carattere innovativo, rispetto ad orientamenti sufficientemente stabili della giurisprudenza pregressa, risultano essere, di recente, fenomeni non infrequenti soprattutto (ma non solo) nell’ambito del diritto processuale, in particolar modo sotto la spinta del principio del giusto processo, anche, e specialmente, nella sua declinazione della ragionevole durata (si pensi, da ultimo, all’inversione di rotta operata da Cass., sez. un., sent. 19246/2010, sulla riduzione dei termini di comparizione e costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo).

Secondo la Suprema Corte, in presenza di overruling in materia processuale, se è difficile sfuggire «alla conseguenza che l’atto compiuto dalla parte ed il comportamento da essa tenuto, in conformità all’orientamento overruled, risulti ora per allora non rituale», ovvero «inidoneo» per effetto dell’intervenuto mutamento giurisprudenziale, tuttavia tale effetto si pone in contrasto con il principio costituzionale del giusto processo. Si sottolinea, infatti, come i cambiamenti giurisprudenziali debbano, al pari delle leggi retroattive, rispettare a loro volta il principio di ragionevolezza, in quanto non possono «frustrare l’affidamento ingenerato come, nel cittadino, dalla legge previgente, così, nella parte, da un pregresso indirizzo ermeneutico, in assenza di indici di prevedibilità della correlativa modificazione».

L’attenzione della Corte è focalizzata sulle conseguenze di un cambiamento di giurisprudenza sulle regole del processo, il quale si caratterizzi, da un lato, da un’assoluta imprevedibilità e, dall’altro, da un effetto di preclusione del diritto, di azione o di difesa, della parte che aveva confidato nella stabilità del precedente orientamento. In questo caso sono proprio le particolari caratteristiche dell’overruling a giustificare, per la loro eccezionalità, una scissione tra il comportamento della parte che risulta ex post non conforme alla disciplina del processo e l’effetto di preclusione che ne dovrebbe discendere.

È, pertanto, facendo leva sul principio del giusto processo che si afferma la inoperatività, nei confronti della parte che ha confidato nella consolidata interpretazione della regola, della preclusione introdotta dall’overruling, per cui la tempestività dell’atto va valutata con riferimento alla giurisprudenza vigente al momento dell’atto stesso. Diversi sono gli strumenti per evitare che dal mutamento dell’orientamento giurisprudenziale già consolidato derivi alla parte incolpevole un pregiudizio processuale non riparabile: dalla possibilità di rimessione in termini per la parte che ha rispettato le scadenze ma non le forme prescritte dal nuovo indirizzo all’esclusione, come nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, degli effetti propri della preclusione.

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