Vignera, provvedimento 27 novembre 2012

Redazione 04/12/12
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TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO; ordinanza 27 novembre 2012, *********. *******; ric. R.: ORDINAMENTO PENITENZIARIO – ISTITUTI DI PREVENZIONE E DI PENA – MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE – DETENZIONE DOMICILIARE GENERICA – PRESUPPOSTI PER LA CONCESSIONE – PENA DETENTIVA NON SUPERIORE AD ANNI DUE – CONDIZIONE DI AMMISSIBILITA’ – SUSSISTENZA AL MOMENTO DELLA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA – NECESSITA’ – SUCCESSIVA SOPRAVVENIENZA – IRRILEVANZA (Legge 26 luglio 1975 n. 354, norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, art. 47 ter).

L’art. 47 ter, comma 1 bis, O. P., nel prevedere l’applicabilità della detenzione domiciliare c.d. generica per l’espiazione di una pena detentiva non superiore ad anni due, pone una condizione di ammissibilità della relativa domanda del condannato, la quale conseguentemente deve sussistere al momento della presentazione della domanda stessa, restando irrilevante la sua sopravvenienza nel corso del procedimento.

N. SIUS 2012 / 4544 – TDS TORINO

N. SIEP 2012 / 6 – PG CAP MILANO

ORDINANZA N. 2012/4286

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO

________________________________________________

IL TRIBUNALE

il giorno 27-11-2012 in TORINO si è riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei componenti:

1) ***********************

 

Presidente rel.

2) Dott. CALI MONICA

 

Giudice

3) *************************

 

Esperto

4) ***********************

 

Esperto

con la partecipazione del Dott. BORGANI VIRGINIA, Sost. Procuratore ******** presso la Corte di Appello di TORINO, per deliberare sulla domanda di detenzione domiciliare ex art. 47 ter, comma 1 bis O.P. presentata da *****, nato a XXX (MAROCCO) il XX-XX-XXXX, detenuto presso la Casa Reclusione di ALESSANDRIA – STRADA CASALE N. 50/A ALESSANDRIA, con fine pena al 13 novembre 2014,

OSSERVA

quanto segue.

1. – ***** sta espiando una pena complessiva di anni 7, mesi 8, giorni 20 di reclusione in virtù di un cumulo di pene inflitte con 3 sentenze di condanna per plurime violazioni della normativa sugli stupefacenti ed altro.

Originariamente era inserita nel cumulo altra sentenza di condanna ad anni 4 di reclusione per fatti specifici (per cui la pena iniziale era pari complessivamente ad anni 11, mesi 8, giorni 20 di reclusione), ma con ordinanza in data 19 luglio 2012 la Corte di Appello di Milano ha rimesso il condannato nei termini per impugnare codesta sentenza, dichiarando conseguentemente la non esecutività della stessa (di guisa che il relativo procedimento deve considerasi ancora pendente).

L’esecuzione della pena è iniziata il 15 aprile 2010 e (a seguito delle detrazioni per liberazione anticipata) terminerà il 13 novembre 2014.

Il 1° agosto 2012 il detenuto ha chiesto la detenzione domiciliare “generica” ex art. 47 ter, comma 1 bis, O.P., deducendo che la propria sorella era disposta a dargli ospitalità e chiedendo l’applicazione provvisoria del beneficio al Magistrato di Sorveglianza di Alessandria.

Quest’ultima istanza, pervenuta l’11 agosto 2012 all’Ufficio di Sorveglianza alessandrino, lo stesso giorno veniva rigettata dal Giudice monocratico per la sua manifesta inammissibilità, atteso che la pena residua da espiare era superiore al limite biennale previsto dall’art. 47 ter, comma 1 bis, prima parte O.P.

2. – Sebbene tractu temporis codesta pena sia divenuta inferiore a tale limite (essendo oggi pari ad anni 1, mesi 11, giorni 14), va ribadita la declaratoria di inammissibilità dell’istanza.

Invero, è un principio generale del nostro ordinamento giuridico quello secondo cui, a differenza delle c.d. condizioni dell’azione [dalle quali scaturisce il diritto potestativo ad ottenere una qualsiasi decisione di merito (non importa se favorevole o contraria) e che sono rilevanti anche se sopravvenute nel corso del giudizio: v. esemplificativamente Cass. civ., Sez. III, 23 gennaio 1991 n. 638], i presupposti per l’ammissibilità della domanda o per la sua proponibilità o per la sua procedibilità [ed in generale tutti i presupposti necessari per la valida instraurazione del procedimento: c.d presupposti processuali (generali o particolari)], essendo finalizzati a disciplinare il regolare ed “ordinato” esercizio della giurisdizione, devono già sussistere al momento della proposizione della domanda stessa, mentre è assolutamente irrilevante la loro sopravvenienza nel corso del giudizio (invalidamente) instaurato: v. esemplificativamente Cass. pen., Sez. III, 23 marzo 2005 n. 17631 [“Ove la rimozione delle conseguenze dannose o pericolose del reato costituisca una condizione di ammissibilità dell’oblazione (art. 162 bis, comma 3, c.p.), la stessa debba essere già stata effettuata al momento dell’opposizione al decreto penale e della domanda contestuale di oblazione, a nulla rilevando una condotta in tal senso intervenuta nelle more del giudizio di opposizione”]; Cass. civ., Sez. I, 5 ottobre 2009 n. 21202 [“In tema di contenzioso elettorale, ai fini della impugnativa giurisdizionale da parte dei cittadini elettori o di qualunque altro interessato ai sensi dell’art. 82 del d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570, richiamato dall’art. 70, comma 3, del d.lgs. 18 agosto 2000, n, 267, la deliberazione di convalida dell’eletto costituisce presupposto processuale della domanda nei suoi confronti, la cui mancanza non solo rende inammissibile l’azione, ma preclude anche la possibilità di una domanda di mero accertamento della ineleggibilità del candidato volta ad ottenere una sentenza dichiarativa, per l’eventualità che gli venga in futuro attribuita la carica. Nè assume rilievo la circostanza che la deliberazione sopravvenga nel corso del giudizio, trattandosi di requisito indispensabile per proporre l’azione giudiziaria che deve necessariamente sussistere al momento della proposizione della domanda”]; Cass. civ., Sez. I, 23 luglio 2009 n. 172 [“In tema di riconoscimento dell’efficacia del lodo arbitrale estero, la produzione del compromesso, in originale o in copia autentica, contestualmente alla proposizione della domanda, prescritta dall’art. 4 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958 (resa esecutiva con legge 19 gennaio 1968, n. 62) e dall’art. 839, secondo comma, cod. proc. civ., configura non già una condizione dell’azione, ma un presupposto processuale, necessario per la valida introduzione del giudizio, che deve pertanto sussistere, quale requisito formale di procedibilità della domanda, al momento dell’instaurazione del procedimento. e non può essere integrata mediante il deposito del documento nel giudizio di opposizione al decreto emesso dal presidente della corte d’appello, non essendo soggetta alla disciplina dettata dall’art. 184 cod. proc. civ. per la produzione di documenti”]; Cass. civ., Sez. III, 15 luglio 2008 n. 19436 (“In materia agraria il tentativo di conciliazione deve essere sempre preventivo, attivato cioè prima dell’inizio di qualsiasi controversia agraria, atteso che la norma di cui all’art. 46 della legge n. 203 del 1982, inderogabile e imperativa, non consente che il filtro del tentativo di conciliazione possa essere posto in essere successivamente alla domanda giudiziale. Ne consegue che l’esperimento preventivo del tentativo di conciliazione di cui al citato articolo costituisce condizione di proponibilità della domanda la cui mancanza, rilevabile anche d’ufficio nel corso del giudizio di merito, comporta la definizione della causa con sentenza dichiarativa di improponibilità”); Cass. civ., Sez. I, 1° marzo 1997 n. 1819 [“Per la proponibilità della domanda di divorzio il termine triennale di ininterrotta separazione (fissato dall’art. 3, n. 2, lett. b), l. 1 dicembre 1970 n. 898) deve essere già decorso alla data del deposito del ricorso introduttivo del giudizio in cancelleria, senza che rilevi il suo maturarsi prima della notificazione del ricorso stesso alla controparte”].

Poichè, pertanto al momento della presentazione della domanda de qua (1° agosto 2012) la pena residua da espiare risultava superiore ad anni due di reclusione (essendo prevista per il 13 novembre 2014 la data finale della sua esecuzione), deve essere dichiarata l’inammissibilità della domanda medesima (sebbene oggi quella pena risulti inferiore ad anni due), atteso che il limite biennale di pena espianda fissato dall’art. 47 ter, comma 1 bis, prima parte O.P. costituisce sicuramente una condizione di ammissibilità della misura in discorso [v. in tal senso Cass. pen., Sez. I, 12 marzo 2001 n. 17280: “Il meccanismo processuale di sospensione dell’esecuzione previsto dall’art. 656 c.p.p. è strumentale alla proposizione di istanze volte all’applicazione di misure alternative, ciascuna delle quali resta comunque assoggettata alle condizioni di ammissibilità previste dalla sua propria disciplina. E’ pertanto da escludere che la detenzione domiciliare per l’espiazione di pene o di residui di pena non superiori ai due anni, prevista dall’art. 47 ter comma 1 bis dell’ordinamento penitenziario, possa trovare applicazione in favore di condannato il quale, trovandosi già agli arresti domiciliari e dovendo espiare una pena superiore ai suddetti limiti ma ricompresa in quelli più ampi previsti dal comma 5 del citato art. 656, abbia beneficiato della sospensione dell’esecuzione ai sensi del comma 10 stesso art. (nel testo antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 10 comma 1 lett. g), d.l. 24 novembre 2000 n. 341 conv. con modif. in l. 19 gennaio 2001 n. 4)”].

Una diversa conclusione, invero, favorirebbe un flusso continuo di domande di misure alternative alla detenzione “in prevenzione” (presentate, cioè, ben prima della “maturazione” delle relative condizioni e/o nell’attesa della loro concretizzazione nelle more della decisione giudiziale): flusso costituente innegabilmente un ostacolo al regolare funzionamento dell’amministrazione della giustizia.

P.Q.M.

dichiara inammissibile l’istanza.

Torino, 27 novembre 2012

Il Presidente estensore

Dr. ****************

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