Un terzo creditore del condominio non può chiedere le quote non pagate a colui che non era condomino al momento in cui è sorto il debito

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riferimenti normativi: art.  63 disp. att. c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 24654 del 03/12/2010

La vicenda

Un avvocato chiedeva e otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio per il mancato pagamento del compenso per attività giudiziali e stragiudiziali svolte tra il 2002 ed il 2008. Successivamente aveva agito in esecuzione, per la quota parte, nei confronti di un singolo proprietario che si opponeva al precetto, facendo presente di aver acquistato il proprio immobile nel 2013; di conseguenza il condomino sosteneva, tra l’altro, di non essere tenuto al pagamento pro quota del suddetto debito condominiale, per essere tale debito sorto quando egli non era ancora condomino.

Il Tribunale accoglieva l’opposizione al precetto. La Corte d’Appello, invece, in considerazione del fatto che l’art. 63 disp. att. c.c. opera solo nei rapporti tra condomino e condominio e non anche nei rapporti tra condomino e terzi creditori del condominio,  riteneva dovesse applicarsi l’art. 1104 c.c., comma 3 secondo cui il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.

A sostegno della propria tesi la Corte sottolineava l’esigenza, di carattere pratico, di non caricare il terzo creditore dell’onere, potenzialmente molto gravoso, di accertare chi fossero i condomini al momento dell’insorgenza dell’obbligazione.

Alla luce di questa decisione il condomino si vedeva costretto a ricorrere in cassazione evidenziando l’errore in cui erano incorsi i giudici di secondo grado secondo cui il cessionario di un’unità immobiliare di un fabbricato condominiale sarebbe obbligato, ai sensi dell’art. 1104 c.c., a rispondere dei debiti del condominio verso terzi pur quando si tratti di debiti sorti prima dell’acquisto di unità immobiliare nel caseggiato.

La questione

Il cessionario di un’unità immobiliare di un fabbricato condominiale è obbligato, ai sensi dell’art. 1104 c.c., a rispondere dei debiti del condominio verso terzi pur quando si tratti di debiti sorti anteriormente al suo acquisto?

La soluzione

La Cassazione ha dato torto all’avvocato. Del resto, il soggetto su cui grava il debito è colui che partecipa al condominio nel momento di insorgenza dell’obbligazione, quale che sia tale momento.

Secondo i giudici supremi, il principio della diretta riferibilità ai singoli condomini della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e l’appartenenza di quest’ultimo al condominio. In ogni caso la Cassazione ha rilevato come equiparare, ai fini della responsabilità del cessionario di un’unità condominiale, la nozione di “contributi” con quella di quota millesimale del credito vantato dal terzo nei confronti della comunione, contrasti con il canone interpretativo, fissato nell’art. 12 preleggi, nel “significato proprio delle parole”: il debito per “contributi” è, infatti, per definizione, un debito nei confronti degli altri comunisti, non un debito nei confronti dei terzi.

Le riflessioni conclusive

L’obbligazione di corrispondere i contributi relativi ai beni e servizi comuni può qualificarsi propter rem.

Tali obbligazioni vengono definite ambulatorie, nel senso che si trasferiscono automaticamente insieme alla titolarità del bene o, meglio, nel senso che le parti del rapporto variano in seguito alla circolazione del bene, senza bisogno di una previsione espressa.

Il principio dell’ambulatorietà ha riscontro nella norma contenuta nell’art.63, 2° co., disp. att. c.c., la quale dispone che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente (il subentro va correlato all’atto di compravendita).

In ordine al periodo indicato dalla norma, si ritiene che per “anno” debba intendersi non quello solare, ma quello di gestione, comprendente sempre 365 giorni, a partire dalla data scelta dall’assemblea dei condomini o fissata nel regolamento (ad esempio, dal 30 giugno e non dal 1° gennaio).

L’acquirente di una unità immobiliare condominiale, quindi, può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa (venditore), solidalmente con lui, ma non al suo posto.

In caso di acquisto di immobile sito in condominio, il criterio per stabilire quando sorge l’obbligazione del condomino, per quanto riguarda le spese di manutenzione ordinaria, deve essere individuato nel momento in cui effettivamente si compie l’attività di gestione riguardante la manutenzione dei beni comuni, sul presupposto che l’erogazione delle relative spese non richiede l’autorizzazione dell’assemblea, trattandosi di esborsi che rientrano nei poteri dell’amministratore (Trib. Roma 7 febbraio 2017).

Diversamente, per individuare, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni (ristrutturazione della facciata dell’edificio condominiale), deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.

L’obbligo del cessionario nei confronti del condominio si configura in capo a chiunque, sia pure, come nel caso in esame, in dipendenza di aggiudicazione forzata, succeda nella proprietà dell’immobile condominiale. Tuttavia non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63, disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali (Cass. civ., Sez. II, 25/01/2018, n. 1847).

In ogni caso, il principio dell’ambulatorietà riguarda il rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare (cioè tra condominio e venditore ed acquirente), non anche nel rapporto tra questi ultimi (cioè venditore e compratore).

In questo secondo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto dalle parti, è invece operante il principio generale della personalità delle obbligazioni: l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino; e se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, appena innanzi ricordato, sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa.

In altre parole, la norma sopra detta, che è applicazione in tema di condominio del principio di cui all’art.1104 c.c., dettato in materia di comunione – non esclude l’obbligo del condomino alienante di pagare i contributi maturati quando rivestiva la qualità di condomino e non ancora soddisfatti al momento della cessione.

Tuttavia, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà dell’immobile di proprietà esclusiva, l’alienante perde la qualità di condomino e, poiché l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali è collegato al rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile, alla perdita di quella qualità consegue che non possa essere chiesto né emesso nei suoi confronti un decreto ingiuntivo.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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