Trasferimento fittizio della sede legale: l’onere della prova spetta ai creditori

Redazione 30/05/16
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In tema di trasferimento della sede legale all’estero, la presunzione della coincidenza di quest’ultima con il centro degli interessi principali della società può essere superata solo dai creditori istanti con la dimostrazione di elementi contrari, senza che si possa attribuire alla società l’onere di provare l’effettività del trasferimento della sede.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, con la sentenza n. 10925 depositata il 26 maggio 2016.

Il caso. 

Il Tribunale dichiarava il fallimento di una con sede sociale a Londra, poiché riteneva fittizio il trasferimento. La sentenza veniva impugnata ma anche la Corte d’Appello di Bologna rigettava il reclamo.

La società, allora, ricorreva innanzi alla Corte di Cassazione deducendo la violazione dell’art. 9 l.fall. e dell’art. 3, Regolamento CE n. 1346/2000, in quanto il trasferimento della sede sociale era avvenuto prima del deposito dell’istanza di fallimento.

La decisione.

Gli Ermellini hanno ritenendo fondato il ricorso.

Invero, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente riconosciuto la presunzione della coincidenza del COMI della società con il luogo in cui si trova la sede statutaria, salvo prova contraria. Tale presunzione può infatti essere superata dai creditori istanti dimostrando la sussistenza di elementi idonei in tal senso, quali potrebbero essere rapporti bancari o contratti in corso, che rivelino la sussistenza di un effettivo esercizio dell’attività economica in un altro Stato membro. Dunque, nel caso in cui risulti accertata una discrepanza tra sede legale e sede effettiva, quest’ultima prevale quale criterio determinante per l’individuazione della giurisdizione (Cass. Civ. n.2243/2015).

Nel caso di specie, tali elementi non ricorrevano in quanto il giudice di merito ha erroneamente posto a carico della società l’onere di dimostrare l’effettività del trasferimento della sede sociale.

Infatti, i creditori non avevano fornito alcuna dimostrazione della permanenza in Italia del centro degli interessi principali della società, necessaria per superare la presunzione di cui all’art. 3 del Regolamento CE 1346/2000

In conclusione, il Collegio ha accolto il ricorso, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano e, nel merito, ha revoca la dichiarazione di fallimento.

Redazione

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