Termine per comparire ex art. 601, commi 3 e 5 c.p.p.: chiarimenti della Cassazione

Scarica PDF Stampa Allegati

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7990 del 31 gennaio 2024, ha fornito chiarimenti sul termine di 40 giorni per comparire ex art. 601, commi 3 e 5 c.p.p., dopo la modifica della Riforma Cartabia.

Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione – Sez. II Pen. – Sent. n. 7990 del 31/01/2024

Cass-7990-2024.pdf 343 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della decisione del primo giudice, confermava la condanna dell’imputato per il reato di truffa aggravata, riducendone la pena, previo riconoscimento dell’attenuante del danno risarcito.
L’imputato ha, poi, proposto ricorso chiedendo l’annullamento della sentenza per due motivi: violazione della legge processuale (art. 601 c.p.p.) in quanto non è stato rispettato il nuovo termine di quaranta giorni previsto per l’avviso al difensore della data di udienza di appello, a seguito della modifica apportata dal d. lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), che in questa sede rileva; erronea applicazione della legge penale (artt. 62 n. 4 e 62-bis c.p.) e mancanza della motivazione in ordine all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella del danno patrimoniale di speciale tenuità.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti:

FORMATO CARTACEO

Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia

Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

Antonio Di Tullio, Gabriele Esposito | Maggioli Editore 2023

2. L’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso dell’imputato, si sofferma, preliminarmente, al rispetto del termine dei quaranta giorni per la notifica dell’avviso al difensore della data fissata per il giudizio di appello, osservando che, secondo l’art. 34, comma 1, lett. g), nn. 3 e 4 del d. lgs. 150/2022, la nuova formulazione dell’art. 601, commi 3 e 5 del codice di rito era la seguente: «Il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene i requisiti previsti dall’articolo 429, comma 1, lettere a), d-bis), f), g), nonché l’indicazione del giudice competente e, fuori dal caso previsto dal comma 2, l’avviso che si procederà con udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, salvo che l’appellante o, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore chiedano di partecipare nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del decreto. Il decreto contiene altresì l’avviso che la richiesta di partecipazione può essere presentata dalla parte privata esclusivamente a mezzo del difensore. Il termine per comparire non può essere inferiore a quaranta giorni.
Almeno quaranta giorni prima della data fissata per il giudizio di appello, è notificato avviso ai difensori
».
L’art. 94, comma 2, del decreto, nel testo originario, prevedeva anche una norma transitoria in tema di giudizi di impugnazione che indicava i termini per l’applicazione della sopracitata norma, fino al 1° gennaio 2023.
Tuttavia, in sede di conversione del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162 (che ha posticipato al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore del d. lgs. 150/2022, introducendo l’art. 99-bis), la l. n. 30 dicembre 2022, n. 199, in vigore dal giorno successivo, con l’art. 5-duodecies ha così modificato la norma transitoria: «Per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, nonché le disposizioni di cui all’articolo 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo».
La Corte afferma che era quest’ultima la norma vigente al momento della presentazione dell’appello nell’interesse dell’imputato e vigente tuttora.
Secondo la tesi dell’appellante, l’art. 5-duodecies della l. 30 dicembre 2022, n. 199 avrebbe prorogato l’applicazione delle sole disposizioni emergenziali senza alcuna incidenza sulla modifica relativa alla entrata in vigore del nuovo termine di comparizione di quaranta giorni e di quello conseguente per la notificazione dell’avviso ai difensori della data di udienza ma, ad avviso della Suprema Corte, tale tesi non può essere condivisa alla luce di una lettura coordinata delle norme sopra richiamate.
Si tratta di disposizioni che regolano le modalità di celebrazione dell’udienza di appello (e in Corte di Cassazione), con trattazione orale o cartolare nonché gli avvisi che devono conseguentemente essere dati alle parti e gli adempimenti successivi alla decisione, punti sui quali sono tuttora vigenti le disposizioni previste dall’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, converitito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, adottate a causa dell’emergenza durante la pandemia.

3. Termine di 40 giorni per comparire in udienza ex art. 601, commi 3 e 5 c.p.p.

Avuto particolare riguardo all’art. 601, comma 3 c.p.p., si osserva che il nuovo termine dilatorio di quaranta giorni è inserito, alla fine, dopo disposizioni sull’avviso relativo alla celebrazione dell’udienza con nuove modalità certamente non applicabili in forza della proroga delle disposizioni emergenziali.
Ad avviso della Corte, il termine per comparire avrebbe potuto anche avere una vita autonoma, ma proprio l’eliminazione in blocco del riferimento dell’art. 34 del d.lgs. 150/2022, contenuto nella originaria formulazione della norma transitoria (art. 94, comma 2) fa propendere per la tesi secondo la quale la nuova norma transitoria ha differito l’entrata in vigore anche del nuovo termine per comparire di quaranta giorni e del conseguente uguale termine minimo per la notificazione dell’avviso ai difensori della data di udienza, che pertanto, allo stato, troveranno applicazione solo per le impugnazioni proposte dopo il 30 giugno 2024.
Inoltre, è significativo il fatto, da un punto di vista della interpretazione sistematica, che “l’ampliamento a quaranta giorni del termine di cui si tratta è stato spiegato nella relazione illustrativa al d. lgs. 150 del 2022 proprio in ragione dei nuovi termini previsti dall’art. 598-bis, comma 1, cod. proc. pen., secondo il quale il procuratore generale presenta le sue richieste fino a quindici giorni prima dell’udienza e le parti possono presentare memorie di replica fino a cinque giorni prima. Si tratta, evidentemente, di termini incompatibili con quello di venti giorni previsto per comparire e per la notifica dell’avviso d’udienza i difensori, ai sensi dell’art. 601, commi 3 e 5, del codice di rito nella formulazione originaria“.
In più, la Corte ricorda che la trattazione cartolare costituisce il modello ordinario di celebrazione del processo in appello, essendo la trattazione orale un’ipotesi residuale conseguente ad una richiesta di parte o ad una decisione officiosa del giudice, possibile in determinate situazioni.
Pertanto, risulta confermata una stretta correlazione fra la perdurante applicazione delle disposizioni di cui all’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176, e l’entrata in vigore dell’art. 601, commi 3 e 5, c.p.p. nella nuova formulazione, come modificata dal d. lgs. 150/2022.

4. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Cassazione afferma che la Corte di appello ha correttamente osservato che, diversamente opinando, “dovrebbe ritenersi che, non essendo espressamente escluso, il decreto di citazione dovrebbe anche prevedere tutti gli avvisi previsti dalla nuova normativa che appaiono all’evidenza incompatibili con il rito emergenziale (si pensi ad esempio alle diverse tempistiche per accedere all’udienza anticipata)“.
La Corte precisa, inoltre, che la tesi dell’appellante, secondo la quale la nuova disposizione sul termine per comparire nel giudizio di appello e sull’avviso ai difensori sarebbe vigente a partire dal 30 dicembre 2022, non comporterebbe automaticamente che detto termine sarebbe stato applicabile per i decreti di citazione di appello emessi da tale data. Infatti, occorrerebbe comunque avere riguardo al principio tempus regit actum e diverse potrebbero essere le soluzioni per individuare l’atto rilevante.
La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato l’impugnazione con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Riccardo Polito

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento