Tecnicismo e giustizia nel piccolo mondo della rete normativa

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Un qualsiasi sistema, come quello sociale, può essere compreso solo nell’interazione tra le parti in cui la complessità conduce a modelli organizzativi indipendenti dai singoli elementi, dove la struttura della rete risulta una proprietà dell’insieme, il modello riduzionista utile per risolvere i singoli problemi viene quindi a perdere la sua efficacia nel momento in cui si vuole comprendere gli effetti di reti complesse, le quali vengono ad amplificare all’apparenza piccoli interessi personali.

La rete sociale è composta da un insieme di legami forti, indispensabili a tenere insieme la stessa, di per sé regolari, e un insieme di legami deboli casuali che rendono piccolo e interconnesso il mondo sociale, questi nel favorire la trasmissione delle informazioni creano strutture che facilitano la potenza computazionale, tuttavia nell’utilizzo di questa potenzialità interviene il “capitale sociale” della fiducia, che non solo permette di accogliere le informazioni ma ne facilita l’uso transazionale, essa interviene anche nelle relazioni gerarchiche favorendo l’autorità che viene pertanto esercitata attraverso l’autorevolezza, rendendo eccezionale l’uso della repressione con il miglioramento dell’efficienza sociale nelle sue varie espressioni, compresa quella economica.

Il concetto fondamentale che risiede alla base di questa struttura tra l’ordinato e il casuale che è il “piccolo mondo”, è che gli estremi del troppo ordinato e rigido sono negativi come l’eccesso del disordinato e del troppo nuovo (Buchanan), non è di per sé il singolo elemento che determina il funzionamento della rete ma il modo in cui è gli elementi si relazionano tra loro, così come nell’architettura normativa non è tanto la singola norma quanto il modo in cui è relazionata, dove la qualità risiede nell’interconnessione.

In questa struttura emergono alcuni elementi portanti detti hub i quali possiedono un surplus di connessioni, attraverso di essi si distribuiscono rapidamente le informazioni e si supera la soglia della massa critica necessaria affinché un’idea possa prevalere e non estinguersi (Albert – Barabàsi), considerando tra l’altro le osservazioni sull’autorità nel modello di interazione sociale ideato da Milgran, non può che concludersi sulla necessità della forza etica di una leadership non potendo sperare in una maggioranza morale, essendo la maggioranza trascinata dalla massa critica di una minoranza.

Questa struttura “aristocratica” in cui gli hub connettono strutture altrimenti eccessivamente ordinate e ripetitive, permette alla rete di reagire velocemente e con coesione archiviando al contempo le informazioni, si creano strutture assimilabili al carattere frattale dove agisce la stessa legge di potenza propria in tutte le reti naturali, una legge che emerge da un ordine alla base della casualità storica, la stessa legge che conduce alla formulazione della legge di Pareto, in cui il riequilibrio avviene mediante la redistribuzione contrattuale.

La rete normativa viene quindi a sovrapporsi alla rete sociale così delineata ancor più stretta a seguito dell’informatica e tende a regolarne i rapporti, vicino all’equilibrio che essa tenderebbe a imporre e mantenere emergono fenomeni ripetitivi che danno luogo a leggi universali (dietro ad un disordine apparente), le quali si perdono se ci allontaniamo verso la caoticità (Capra), infatti un insieme di elementi interagenti possiede proprietà non dipendenti dagli stessi (Landau) e in essi si muovono quelli che Dawkins definisce come “memi”, ossia le “unità di trasmissione culturali”.

Il sistema è allo stesso tempo aperto al flusso esterno di risorse (Prigogine) ma anche autopoietico , ossia chiuso, in un equilibrio relazionale tra processi (Maturana – Varela), che appare come una paradossale coesistenza tra cambiamento e stabilità, questo porta ad una possibile contrapposizione tra senso di giustizia e tecnicità giuridica, dove può sorgere la divaricazione tra la necessità di una giustizia umana e pertanto emozionale nei rapporti sociali, insita nella nostra stessa matrice biologica e la fredda tecnicità giuridica con cui si vuole regolare i possibili conflitti che nascono dai rapporti economici e di potere, la necessità della certezza può condurre in realtà a un profondo senso di frustrazione e alla rivolta, la freddezza tecnica ha pertanto bisogno di un equilibrio di sentimenti che affondino le sue radici in una emozione sociale la quale può essere raffreddata ma non sterilizzata, d’altronde la stessa giustizia non è che una miscela costituita dalla tutela dei bisogni biologici elementari derivanti dalla necessità di vivere in relazione con gli altri membri della nostra specie in funzione di una “ideologia”, che si riflette nell’organizzazione sociale e nel nostro rapporto con l’ambiente.

L’ideologia, frutto della tecnologia, crea i sub-sistemi di rete in concorrenza tra loro fino al prevalere di una di questi, si creano quindi concetti di giustizia concorrenziali in cui la tecnicità procedurale dovrebbe mediare raffreddandone gli eccessi emozionali, ma anche fornendo l’occasione per nuove tensioni, in un sovrapporsi di conflitti economici e tensioni morali dove emergono le incongruenze e le debolezze strutturali sia nei sub-sistemi che tra sub-sistemi lungo le linee di frattura della rete.

 

Bibliografia

  • M. Buchanan, Nexus, Oscar Mondadori, 2011;

  • F. Capra, La rete della vita, Rizzoli, 2010;

  • M. Gladwell, Il punto critico, Rizzoli, 2000;

  • S. Milgram, Obbedienza all’autorità, Einaudi, 2003;

  • H. Poincarè, La scienza e l’ipotesi, Dedalo, 1989.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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