Superbonus in condominio e contenziosi relativi

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Lavori del Superbonus in condominio e contenziosi: delibere invalide, appaltatori inadempienti, opere viziate e reazione del condominio.
L’agevolazione fiscale per la realizzazione di opere di riqualificazione energetica delle parti comuni del fabbricato, nota ai più come Superbonus, ha generato una serie di problematiche applicative e conseguenti conflitti.

Indice

1. Superbonus, cappotto termico, balconi ristretti, delibera invalida e possibile rimedio


Tra gli interventi Superbonus di maggiore successo è certamente da menzionare il cappotto termico. Una volta terminato il lavoro di applicazione di tale manufatto, il condominio risulta dotato di un “guscio” protettivo isolante in grado di far diminuire sensibilmente il consumo di combustibile necessario al riscaldamento, riducendo la dispersione termica attraverso i muri esterni.
Tuttavia tale intervento determina necessariamente la riduzione dello spazio vivibile dei balconi, e non è detto che tutti i proprietari siano favorevoli a tale intervento. Si ricorda che secondo la giurisprudenza prevalente è nulla la decisione assembleare che approva la realizzazione di un cappotto termico adottata senza il consenso espresso dei proprietari dei balconi la cui superficie utile viene ridotta per effetto della posa in opera dei pannelli isolanti (Trib. Busto Arsizio 7 aprile 2021 n. 514). In tal caso è certamente utile, anche dopo l’impugnazione dei condomini danneggiati, far venire meno la delibera invalida, assumendone un’altra (dopo la notifica della citazione) con cui si chiarisca che il cappotto termico riguarderà solo ed esclusivamente le parti condominiali, con esplicita esclusione dei balconi; la delibera sopraggiunta dopo la notifica della citazione comporta senz’altro la cessazione della materia del contendere, anche se i condomini vengono comunque condannati al pagamento delle spese di lite (Trib. Roma 25 luglio 2023 n. 11708).


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2. Superbonus e impresa che rinuncia di fatto all’appalto


Se i lavori che l’appaltatore si è contrattualmente impegnato a realizzare non vengono neppure iniziati, il committente può, innanzitutto, mettere in mora l’appaltatore ai sensi dell’art. 1219 c.c., con apposito atto sottoscritto dallo stesso committente o dal direttore lavori con il quale si invita ad adempiere entro un certo termine, salva la prova che il ritardo non sia imputabile all’appaltatore. Ricorrendo al rimedio previsto dall’articolo 1454 c.c. (diffida ad adempiere), si può intimare per iscritto all’appaltatore di adempiere alle sue obbligazioni entro un dato termine (che non può essere inferiore a quindici giorni) preavvisandolo che, in caso contrario, il contratto sarà risolto di diritto; in tal caso è  fatto salvo, ovviamente, il diritto dei condomini di agire in giudizio per il risarcimento del danno, da identificarsi nel danno emergente ovvero nella differenza tra l’importo pattuito con il convenuto inadempiente e il maggior costo da dover supportare per effetto della sottoscrizione di un altro contratto maggiormente oneroso (Trib. Bologna 13 ottobre 2010, n. 2812). In ogni caso l’appaltatore dovrà restituire tutte le somme già ricevute. Naturalmente il committente-condominio può tutelarsi indicando nel contratto di appalto un termine essenziale ai sensi dell’articolo 1457 c.c. o una clausola risolutiva espressa ex 1456.

3. Superbonus e opere con vizi: la reazione del condominio


Il contenzioso Superbonus non riguarda soltanto i ritardi o le mancate esecuzioni delle opere. Le progettazioni e le realizzazioni sono sempre più rapide e, pur di chiudere nei tempi, si finisce per trascurare particolari strategici per il risultato finale che può risultare affetto da gravi vizi. Si ricorda che i gravi difetti che giustificano l’azione di responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 1669 c.c. possono consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur afferendo ad elementi secondari ed accessori, sia tale da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell’immobile. Figura centrale per la reazione contro l’appaltatore è l’amministratore di condominio a cui è attribuito il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Tale potere va interpretato estensivamente, nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi anche l’azione di cui all’art. 1669 c.c., intesa a rimuovere i gravi difetti delle opere. L’amministratore di condominio è legittimato a proporre l’azione di cui all’art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti delle opere appaltate, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale (Cass. civ., sez. II, 19/04/2017, n. 9911). Certo è possibile che l’assemblea per svariati motivi rinunci all’azione nei confronti dell’appaltatore, che abbia eseguito le opere in questione, per eliminare i vizi ed i difetti in esse riscontrati, decisione che non invadere la sfera dei diritti riservati ai singoli condomini, i quali possono liberamente fare valere nei confronti dell’appaltatore il diritto al risarcimento di eventuali danni ad essi derivanti dalla cattiva esecuzione dell’appalto. Una tale delibera assembleare determina, peraltro, l’insorgere del potere-dovere dell’amministratore, ex art. 1130 c.c., n. 1, di darne attuazione, sicché la stessa non può integrare un fatto illecito idoneo a fondare una responsabilità risarcitoria personale dell’amministratore, oppure una condanna al risarcimento del danno del condominio (Cass. civ., sez. VI, 21/02/2022, n. 5645).

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