Sulla dignità del lavoratore la Corte Costituzionale batte il “Decreto Dignità”

Scarica PDF Stampa

La pronuncia della Suprema Corte

Con la sentenza 26 settembre-8 novembre 2018, n. 194, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti), uno dei provvedimenti normativi costituenti il c.d. “Jobs act”.
La censura della Suprema Corte riguarda la disciplina della tutela risarcitoria dovuta nei casi in cui sia stato accertato dal Giudice che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa oggettiva. La norma censurata prevede l’erogazione di un importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto, per ogni anno di servizio, con il minimo di 4 mensilità e il massimo di 24. Detta norma, com’è noto, è stata recentemente modificata dal decreto- legge 12.7.18, n. 87, c.d. “decreto dignità”, convertito in legge 9.8.2018 n. 96. Nella nuova formulazione, la tutela risarcitoria in questione era stata elevata all’importo non inferiore a 6 mensilità e non superiore a 36.
Ebbene, la Corte Costituzionale ha dichiarato contraria alla Carta Costituzionale la norma del decreto legislativo 23/2015 che quantifica la tutela risarcitoria, con riferimento specifico alle modalità per determinare l’ammontare di detta tutela, in quanto, utilizzando come unico parametro l’anzianità di servizio del lavoratore, non costituisce un adeguato ristoro del danno prodotto dal licenziamento, nella diversità delle situazioni, e nemmeno assume efficacia dissuasoria nei confronti del datore di lavoro dal licenziare ingiustificatamente. In tal modo, ha affermato la Corte, “…la disposizione censurata comprime l’interesse del lavoratore in misura eccessiva, al punto da risultare incompatibile con il principio di ragionevolezza.”

Flessibilità del lavoro e dignità del lavoro

Senza entrare nello specifico della sentenza, alla cui lettura integrale si rinvia, segnalandone la chiarezza e facilità di lettura, pur nella corposità , qui si intende richiamare l’attenzione sul fatto che si tratta del primo vulnus alla normativa costituente il Jobs act del Governo Renzi, che in nome della supposta maggiore facilità all’accesso al mondo del lavoro, ha scardinato la preesistente normativa sul lavoro ritenuta troppo garantista per i lavoratori e penalizzante per i datori di lavoro.
A ripristinare la dignità del lavoro, ci aveva provato, in tempi recenti, il c.d. decreto dignità, già sopra citato, che avrebbe dovuto rappresentare, parole del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Di Maio, la prima di una serie di misure normative volte a ridurre la precarietà del lavoro limitando i poteri del datore di lavoro e rendendo più onerosa la flessibilità.
Ben oltre i modesti interventi riparatori operati dal sopra citato “decreto dignità”, è l’effetto della censura operata della Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, il cui intervento ci costringe a ricordare che il lavoro non è una merce, ma persone e tessuto vivo della società, e la misura della sua civiltà.
Nel merito della questione, la Suprema Corte richiama la tutela assicurata dall’art. della legge 604/66 e succ. mod. e int., che lascia al giudice la determinazione del risarcimento, avendo riguardo oltreché’ all’anzianità di servizio del lavoratore, anche ad altri parametri quali il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’impresa, il comportamento e le condizioni delle parti; a criteri analoghi si riconduce anche la determinazione dell’indennità risarcitoria, da parte del giudice, assicurata dall’art. 18, c.5, della legge 300/70.

I profili di contrasto con la Carta Costituzionale

In estrema sintesi, I contrasti con la Carta Costituzionale sono individuati:
. relativamente all’art. 3, sotto l’aspetto dell’ingiustificata identità di tutela assicurata a situazioni che possono essere molto diverse, quanto alla gravità del pregiudizio subito dal lavoratore;
. relativamente all’art. 4, 1 c., la Suprema Corte ha confermato le precedenti pronunce ribadendo che tale norma esprime l’esigenza di ampliare la tutela del lavoratore quanto alla conservazione del posto di lavoro, ma l’attuazione ne è stata affidata al legislatore ordinario, che ben può valutare nel tempo la situazione economica generale, purché’ non incida sulla effettività della tutela;
. relativamente agli artt. 76 e 117 della Costituzione, tramite l‘art. 24 della Carta Sociale Europea del 3.5.96, ratificata dall’Italia con l. 30/99, che, in armonia con l’art. 35 della Costituzione, impegna le parti a bilanciare la facoltà di licenziamento senza valido motivo con il riconoscimento al lavoratore di un congruo indennizzo.
Tra le altre censure, era stata prospettata anche la violazione dell’art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma la Suprema Corte ha argomentato che la fattispecie non è regolata dal diritto Europeo, richiamando l’art. 51 della stessa Carta ove e’ previsto che le disposizioni si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione; anche relativamente all’art.10 della Convenzione sui licenziamenti n. 158/82, la Corte ha rilevato che poiché’ tale Convenzione non è stata ratificata dall’Italia, non ne è vincolata.

Effetti della pronuncia e sviluppi futuri

La dichiarazione d’incostituzionalità’ incide l’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 23/2015, nella formulazione originaria, oggetto del caso specifico, ma essa involge, per espressa dichiarazione della Corte, anche le modifiche apportate dal decreto legge 87/18, posto che la modifica introdotta da tale norma concerne solo il numero di mensilità minimo e massimo, che sono state innalzate, ma lascia invariato il meccanismo di determinazione dell’indennità.
La Corte Costituzione indica il modo in cui il giudice dovra’ quantificare l’indennità, nei limiti minimi e massimi indicati dalla norma, tenendo conto oltreché’ dell’anzianità’ di servizio, anche degli altri criteri richiamati desumibili dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti, vale a dire numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti.
Va ricordato che contro il decreto legislativo 23/2015, il 26 ottobre 2017 è stato presentato dalla CGIL un reclamo collettivo , al Comitato Europeo dei Diritti Sociali, ai sensi della Carta Sociale Europea.
Inoltre, si richiama l’attenzione sul fatto che la Parte interessata, nel proprio atto di costituzione in giudizio, aveva dedotto anche l’irragionevolezza delle disposizioni censurate sotto il profilo della inidoneità a conseguire lo scopo dichiarato di rafforzare le opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro; questa questione ‘ stata dichiarata inammissibile perché’ non sollevata dal Giudice rimettente.
E ‘possibile quindi che si sia avviato un processo che, se realisticamente non può riproporre il passato, dall’altra potrà ristabilizzare l’equità dei rapporti, quale non potrà mai aversi lasciando fare alla logica del “mercato” che, in quanto tale, tratta beni e servizi, e non persone.

Volume consigliato

Decreto Dignità: nuove regole per il contrasto al precariato

Soluzioni di Diritto è una collana che offre soluzioni operative per la pratica professionale o letture chiare di problematiche di attualità. Uno strumento di lavoro e di approfondimento spendibile quotidianamente. L’esposizione è lontana dalla banale ricostruzione manualistica degli istituti ovvero dalla sterile enunciazione di massime giurisprudenziali. Si giunge a dare esaustive soluzioni ai quesiti che gli operatori del diritto incontrano nella pratica attraverso l’analisi delle norme, itinerari dottrinali e giurisprudenziali e consigli operativi sul piano processuale. Il volume esamina nel concreto il contenuto e la portata delle modifiche introdotte dal nuovo Governo, con l’obiettivo di combattere il lavoro precario e di restituire con ciò ai lavoratori subordinati la “dignità” asseritamente perduta. Lo scopo del lavoro è quello di porre gli operatori del settore nelle condizioni di dare a tali novità normative la più corretta e proficua applicazione. L’Autore pone dunque alcuni interrogativi e fornisce ad essi risposte che consentono, per quanto possibile, di recepire al meglio il nuovo regime giuridico. Il principale responsabile della progressiva mancanza di stabilità dei rapporti di lavoro subordinato, e conseguentemente della (ritenuta) situazione di sudditanza e precarietà in cui si è venuta a trovare parte della popolazione, è stato individuato nella disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato, sul quale effettivamente più frequenti ed incisivi sono stati gli interventi del Legislatore negli ultimi anni. È quindi proprio sulla modifica della disciplina normativa del lavoro a termine, sia nella sua forma “diretta” (vale a dire l’assunzione del lavoratore da parte del soggetto che, in qualità di datore di lavoro formale e sostanziale, effettivamente ne utilizza la prestazione lavorativa) sia nella forma della somministrazione di lavoro (e quindi attuata mediante l’assunzione da parte di un’agenzia per il lavoro, che assume la veste di datore di lavoro formale e che poi provvede a somministrare il lavoratore al soggetto che effettivamente ne utilizza la prestazione lavorativa e che assume la veste di datore di lavoro sostanziale), che il “Decreto Dignità” concentra i propri interventi di maggiore respiro. Luigi Andrea CosattiniAvvocato in Bologna, si occupa di diritto del lavoro, diritto civile e commerciale e diritto tributario. È autore di diverse pubblicazioni su riviste a diffusione nazionale, nonché relatore in numerosi convegni. Da aprile 2015 è Presidente dell’AGER (Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna, sezione regionale dell’AGI, Avvocati Giuslavoristi Italiani).

Luigi Andrea Cosattini | 2018 Maggioli Editore

18.00 €  17.10 €

Sentenza collegata

63667-1.pdf 216kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Dott.ssa Gobbin Valeria

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento