Il caso
Il Tribunale del riesame di Roma ha dichiarato inammissibile inaudita altera partem, per carenza di interesse all’impugnazione l’appello proposto dalla società avverso l’ordinanza, con la quale veniva applicata all’anzidetta società una misura cautelare del divieto di contrarre con la P.A. per un periodo di un anno. Il Tribunale ha poi dichiarato inammissibile l’appello in considerazione del fatto, che è intervenuta la revoca della misura interdittiva disposta dal Tribunale di Roma, ex art. 17 e 49 del dlg. n. 231/2001.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per Cassazione la società, la quale ha detto la erronea applicazione dell’art. 127 co. 9 c.p.p.
Nel ricorso è stato messo in luce che la revoca interdittiva è stata posta in luce dopo l’appello cautelare, in forza del quale il Tribunale avrebbe dovuto procedere con un’udienza camerale nel contraddittorio tra le parti e valutare i gravi indizi.
La decisione
Con la sentenza n. 51515/2018, depositata il 14 novembre, le Sezioni Unite hanno affermato che “l’appello avverso una misura interdittiva, che nelle more sia stata revocata a seguito delle condotte riparatorie ex art. 17 D. Lgs. 231/2001 poste in essere dalla società indagata, non può essere dichiarato inammissibile de plano, secondo la procedura prevista dall’art. 127, comma 9, cod. proc. pen., ma, considerando che la revoca può implicare valutazioni di ordine discrezionale, deve essere deciso nell’udienza camerale e nel contraddittorio tra le parti, previamente avvisate“.
La Corte ha aggiunto che “la revoca della misura interdittiva disposta a seguito delle condotte riparatorie poste in essere ex art. 17 D. Lgs. 231/2001, intervenuta nelle more dell’appello cautelare proposto nell’interesse della società indagata, non determina autonomamente la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione“.
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