La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 143, co. 1, d.P.R. n. 115/2002, perché non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente: vediamo come. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Indice
- 1. Il fatto
- 2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione: è illegittimo costituzionalmente l’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149
- 3. La soluzione adottata dalla Consulta
- 3. Conclusioni: illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149
1. Il fatto
La Corte di Cassazione, Seconda sezione civile, era stata investita di un ricorso proposto da una avvocata che, nominata d’ufficio per assistere il genitore di un minore in un procedimento per la dichiarazione di adottabilità dello stesso, non aveva ricevuto il compenso per il mandato svolto dalla parte rappresentata.
Ebbene, esperito infruttuosamente il tentativo di recupero del relativo credito, la professionista si era rivolta al Tribunale per i minorenni di Potenza, giudice del procedimento in cui erano maturate le reclamate competenze, chiedendo la liquidazione dei compensi a carico dell’erario fermo restando che, a seguito del rigetto della domanda, l’avvocata aveva interposto opposizione, a sua volta rigettata sul presupposto che «quanto previsto per la difesa di ufficio in ambito penale non potesse estendersi anche alla difesa di ufficio svolta in un procedimento di adottabilità di un minore».
La professionista aveva quindi proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, così strutturati: 1) vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, per non avere il giudice di merito chiarito le ragioni per cui, dopo aver sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale per i minorenni di Bari, dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 nella parte in cui non prevedeva che fossero anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio di genitore irreperibile nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983, e accolta con sentenza n. 135 del 2019, non aveva ritenuto di poter estendere al difensore d’ufficio del genitore insolvente i principi già affermati da quella pronuncia; 2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale nei termini appena esposti. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
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2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione: è illegittimo costituzionalmente l’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149
La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», denunciandone il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile).
In particolare, il giudice a quo faceva proprio il dubbio di illegittimità costituzionale sollevato dalla ricorrente, denunciando la norma in questione per la ritenuta disparità di trattamento tra il difensore d’ufficio del genitore insolvente e quello del genitore irreperibile e, ancora, dell’assistito insolvente nel processo penale, individuando nelle indicate categorie soggettive altrettanti tertia comparationis.
Più nel dettaglio, il giudice rimettente escludeva la possibilità di una applicazione analogica dell’art. 117 del d.P.R. n. 115 del 2002, dettato per il difensore di ufficio nominato nell’ambito di un processo penale, al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei procedimenti di cui alla legge n. 184 del 1983, ostandovi il carattere eccezionale della citata disposizione, che deroga al principio generale secondo il quale solo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato comporta l’onere, per quest’ultimo, di corrispondere al difensore le somme spettanti allo stesso a titolo di compensi e spese, valorizzando al contempo la diversità dei presupposti e delle finalità della difesa d’ufficio e del patrocinio a spese dello Stato, garantendo, la prima, l’esercizio di una difesa effettiva ai soggetti indagati o imputati in un procedimento penale o alle parti di uno dei giudizi per i quali il legislatore ha previsto l’indefettibilità di una difesa tecnica, tra i quali quelli di cui alla legge n. 184 del 1983, e assicurando il secondo ai non abbienti, in tutti i procedimenti, l’esercizio del diritto di difesa, nel rispetto della previsione di cui all’art. 24 Cost..
Ciò posto, in punto di rilevanza, l’ordinanza di rimessione evidenziava l’intervenuta documentazione della condizione di insolvenza del genitore assistito, per avere il difensore d’ufficio tentato inutilmente di porre in esecuzione il titolo giudiziario ottenuto per il maturato credito professionale, come da verbale negativo di un pignoramento mobiliare, debitamente allegato e riscontrato dal giudice di merito.
Invece, quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, in riferimento alla denunciata disparità nel trattamento fra le due fattispecie del difensore d’ufficio del genitore irreperibile e del genitore insolvente, nel richiamare la sentenza n. 135 del 2019, il giudice a quo valorizzava il carattere obbligatorio della difesa d’ufficio nelle due esaminate fattispecie atteso che, a suo avviso, non rileverebbe in contrario la circostanza che il difensore d’ufficio del genitore insolvente, a differenza di quello del genitore irreperibile, potrebbe farsi rilasciare la nomina a difensore di fiducia per poi richiedere, a soddisfazione del vantato credito, l’ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato: argomento, questo, speso dal Tribunale per i minorenni di Potenza per rigettare l’istanza della ricorrente di liquidazione dei compensi a lei dovuti a carico dell’erario visto che, deduceva il Collegio rimettente, il legislatore ha previsto l’obbligatorietà della difesa proprio per evitare il rischio che soggetti economicamente e socialmente deboli possano ricevere tutela deteriore in un giudizio in cui vengono in rilievo «interessi di primaria rilevanza» che, correlati al rapporto tra genitori e figli, sono dettati a protezione del diritto della famiglia e della prole.
Orbene, per la Suprema Corte, a fronte delle indicate esigenze, ipotizzare che «il difensore d’ufficio dell’incapiente sia costretto, per tutelare il proprio credito, a perdere tale qualifica, divenendo di fiducia», per poi consentire al proprio assistito l’accesso al patrocinio a spese dello Stato avrebbe, per la Corte di Cassazione, l’effetto di «riportare la questione ai suoi blocchi di partenza, vanificando la stessa ratio della scelta legislativa» di introdurre una difesa d’ufficio, tenuto conto altresì del fatto che anche il difensore di ufficio dell’imputato o indagato ha diritto di rivolgersi all’erario una volta esperite senza esito le procedure di recupero del suo credito professionale.
Precisato ciò, per di più, in una diversa prospettiva, il giudice a quo denunciava la manifesta irragionevolezza in cui incorrerebbe la norma censurata nel trattare in modo differente il difensore d’ufficio del genitore insolvente e quello dell’imputato che versa in identica situazione, richiamandosi all’uopo il modello adottato dalla Consulta, nella sentenza n. 135 del 2019, intervenuta in via additiva sull’art. 143, comma 1, t.u. spese di giustizia, nella parte in cui non prevedeva, nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983, il diritto del difensore d’ufficio del genitore irreperibile a chiedere l’anticipazione degli onorari e delle spese all’erario, diversamente da quanto stabilito per il difensore dell’imputato irreperibile, sottolineandosi, in proposito, nella ordinanza di rimessione, i «significativi profili» di omogeneità della difesa d’ufficio nei processi penali e in quelli di adottabilità del minore, individuati nella natura dei diritti in gioco e nel ruolo del difensore chiamato ad apprestarvi tutela, nonché nelle condotte che si giudicano, le quali «possono anche integrare parallele ipotesi di reato e che possono condurre ad esiti pure più dolorosi di quelli penali».
Trattato anche tale aspetto, ricordava oltre tutto la Corte rimettente come, nella richiamata sentenza n. 135 del 2019, la mancata previsione di una «liquidabilità, a carico dell’erario, degli onorari spettanti al difensore d’ufficio dell’irreperibile nei processi di adottabilità» fosse stata ritenuta non tanto la conseguenza di una scelta definitiva del legislatore, quanto, e piuttosto, l’esito di una stigmatizzata inerzia dello stesso che aveva comportato il rinvio di ogni intervento «ad una successiva specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184», mai adottata.
Ebbene, secondo il giudice a quo, considerazioni analoghe varrebbero per il caso sottoposto al suo esame, in cui il soggetto assistito d’ufficio non era irreperibile, ma insolvente.
Le due fattispecie sarebbero, per i giudici di piazza Cavour, dunque, «assimilate dal fatto che il difensore d’ufficio non può trovare soddisfazione del suo credito dal proprio cliente, in ambo i casi per motivi non dipendenti dalla sua volontà», rilevandosi contestualmente che, nell’ambito del procedimento finalizzato alla dichiarazione di adottabilità di un minore, «sono coinvolti ‒ come e più di quanto accade nel procedimento penale: cfr. ancora Corte cost. n. 135 del 2019, in motivazione ‒ interessi e diritti fondamentali della persona, e precisamente il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, sancito dall’art. 30 della Costituzione, nonché il diritto del minore ad essere cresciuto ed educato nell’ambito della propria famiglia d’origine, tutelato dall’art. 18 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo».
Nessuna rilevanza assumeva, all’opposto, sempre secondo il Collegio rimettente, la risalente prospettiva dell’ordinanza n. 270 del 2012, con la quale la Consulta, nella ritenuta diversità dei modelli processuali a confronto, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale concernente il differente trattamento riservato all’avvocato impegnato nella «difesa di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato» a seconda che egli abbia esercitato la propria attività nel processo penale o in quello civile, amministrativo, contabile e tributario, osservandosi, al riguardo, che il dubbio oggetto del precedente del 2012, sollevato in riferimento all’art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, riguardava esclusivamente il quantum della pretesa, per la sofferta riduzione alla metà delle competenze spettanti al difensore in caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio civile, amministrativo e contabile e non, invece, nel giudizio penale.
In effetti, tale soluzione non potrebbe riproporsi, secondo il giudice a quo, con riguardo alla odierna questione, in cui a venire in rilievo è l’an della pretesa creditoria del difensore, al quale è negato irragionevolmente il compenso riconosciutogli invece nel processo penale.
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3. La soluzione adottata dalla Consulta
La Corte costituzionale – dopo avere ripercorso i passaggi argomentativi addotti nell’ordinanza di rimessione e ricostruito il quadro normativo di riferimento – reputava la questione proposta fondata.
In particolare, il Giudice delle leggi notava prima di tutto che la estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 143, comma 1, t.u. spese di giustizia, alla figura del difensore d’ufficio nel caso di irreperibilità della parte assistita nei processi disciplinati dalla legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 149 del 2001, affermata dalla richiamata sentenza n. 135 del 2019, ne determina l’estensione altresì alle ipotesi del difensore della parte insolvente nei medesimi processi visto che sarebbe, in caso contrario, incoerente disciplinare in modo diverso situazioni in cui l’avvocato difensore veda comunque non soddisfatto il proprio credito per motivi non dipendenti dalla sua volontà e parimenti derivanti dalla condotta dell’assistito.
Difatti, in entrambi i casi, l’obbligatorietà della difesa d’ufficio, in cui si radica l’irrinunciabilità del relativo incarico, comporta il riconoscimento del diritto del professionista al pagamento, quanto all’an della pretesa, ad opera dell’erario, in via di anticipazione e al verificarsi dell’insolvenza come dell’irreperibilità dell’assistito, per una necessaria corrispondenza tra la pienezza del diritto di difesa, da una parte, e la remunerazione del professionista per la prestazione resa, dall’altra.
Del resto, sempre ad avviso dei giudici di legittimità costituzionale, la difesa d’ufficio vive della medesima connotazione pubblicistica nel procedimento di adozione dei minori, e la sua mancata disciplina nei processi previsti dalla legge n. 184 del 1983 evidenzia, a fronte del regime di proroga voluto dal legislatore quanto all’entrata in vigore del rito in materia di adozione dei minori, una inerzia nel tempo divenuta via via più intollerabile, entro una cornice normativa che pure esprimeva, nei suoi ormai risalenti momenti, la consapevolezza del legislatore circa il rilievo degli interessi in gioco fermo restando che, per il meccanismo di operatività della difesa d’ufficio, accanto al rapporto di mandato tra difensore e assistito si colloca quello tra difensore ed erario che, in via di mera anticipazione, interviene per soddisfare, con la pretesa del professionista ad una remunerazione per l’opera professionale resa, anche la finalità di sostegno del diritto di difesa, conservando poi l’erario la possibilità di recupero del credito quando la parte sia tornata reperibile o solvibile, sempre che la persona assistita dal difensore d’ufficio non chieda e ottenga l’ammissione al patrocinio» (art. 116, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002).
Sulle indicate premesse, quindi, per la Corte di legittimità costituzionale, la ricerca dell’identità di ratio, che si accompagna al sindacato condotto sulla disparità di trattamento, in riferimento all’art. 3 Cost., nella omogeneità del tertium comparationis evocato nella sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2019 – la difesa d’ufficio nel processo penale – all’interno del nuovo giudizio sulla diversa fattispecie ora esaminata, relativa al difensore d’ufficio del genitore insolvente, consente di pervenire al medesimo risultato, qui mutuato dall’art. 116 del d.P.R. n. 115 del 2002, dettato per il trattamento del difensore d’ufficio nel processo penale di persona insolvente, avuto riguardo alla obbligatorietà costituzionale di una scelta legislativa invece mancata, come già ritenuto nell’indicato precedente.
Alla omogeneità di interessi e condizioni delle parti coinvolte nei due diversi contesti processuali, penale e minorile civile, si correla così, per il Giudice delle leggi, l’affermazione che compensi maturati e spese sostenute dal difensore d’ufficio del genitore insolvente, nella loro interezza, anche negli accessori, e di conseguenza, a totale copertura degli stessi, vanno anticipati dall’erario perché interessi egualmente delicati e costituzionalmente rilevanti, di genitori e minori nei processi di adozione e della persona indagata, imputata o condannata nel processo penale, rinvengano nel sistema adeguata tutela, restando però al contempo salva la possibilità per l’erario di recupero, qualora la parte sia tornata reperibile o solvibile, delle somme anticipate se «la persona assistita dal difensore d’ufficio non chiede ed ottiene l’ammissione al patrocinio» (art. 116, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002).
Oltre a ciò, si rimarcava infine come sia onere del difensore d’ufficio dimostrare di aver esperito infruttuosamente la procedura per il recupero dei crediti professionali, condizione al cui realizzarsi, previa allegazione degli esiti negativi della tentata esecuzione, il compenso e le spese spettanti al professionista possono essere anticipati dallo Stato negli importi liquidati con decreto del magistrato, nella misura e con le modalità previste dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, come stabilito dall’art.116 t.u. spese di giustizia.
L’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, era dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983.
3. Conclusioni: illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149
Fermo restando che, come è noto, l’art. 143, co. 1, d.P.R. n. 115 del 2002 dispone che, sino “a quando non è emanata una specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, per effetto dell’ammissione al patrocinio, sono pagate dall’erario, se a carico della parte ammessa, le seguenti spese: a) gli onorari e le spese spettanti all’avvocato, al consulente tecnico di parte e all’ausiliario del magistrato, e sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità rispettivamente previste dagli articoli 82 e 83 ed è ammessa opposizione ai sensi dell’articolo 84; b) le indennità e le spese di viaggio spettanti ai magistrati, ad appartenenti agli uffici, agli ufficiali giudiziari per le trasferte relative al compimento di atti del processo fuori dalla sede in cui si svolge; c) le indennità e le spese di viaggio spettanti a testimoni e a notai; d) i diritti e le indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari per le notificazioni a richiesta dell’ufficio e per le notificazioni e gli atti di esecuzione a richiesta di parte”, con la pronuncia qui in esame, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di siffatto precetto normativo nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia).
Dunque, per effetto di tale decisione, è prevista adesso che pure al difensore di ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 spetta codesta anticipazione da parte dell’erario.
Questa è quindi la novità introdotta da siffatto provvedimento.
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