Tale modificazione, infatti, non viola l’art. 1120 c.c., non trovandoci al cospetto di innovazione vietata in considerazione dell’irrilevante menomazione del godimento e dell’uso del bene comune, quanto piuttosto ad una rivalutazione economica per le singole unità abitative ed una maggiore utilità per tutti i condòmini.
Fatto
Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 21342, depositata in data 29 agosto 2018.
Un condomino impugnava la delibera assembleare con la quale era stato deciso di trasformare un’area condominiale, sulla quale erano allocati alberi da frutto, in parcheggio condominiale.
L’attore, infatti, chiedeva la nullità ovvero l’annullamento della stessa per violazione dell’art. 1120 Cc, trattandosi di innovazione vietata, nonché per la lesione del decoro architettonico dell’edificio.
Il condominio resisteva in giudizio e il Tribunale di Roma rigettava la pretesa del condomino.
Sul gravame interposto dal condomino la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, annullava la delibera impugnata attesa la destinazione a verde di una parte delle aree comuni prevista contrattualmente, la violazione del decoro del complesso immobiliare e la violazione del diritto del condomino all’utilizzo dell’area comune nella sua originaria destinazione.
Ricorre per cassazione il condominio soccombente eccependo, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1120 Cc, considerato che il cambio di destinazione dell’area condominiale poteva essere legittimamente deliberato dalla maggioranza assembleare, in mancanza di specifici vincoli riportati nei singoli atti di acquisto.
Decisione della Corte di Cassazione
Il Giudice di legittimità premette che : “questa Corte ha più volte affermato che la delibera assembleare di destinazione a parcheggio di un’area di giardino condominiale, interessata solo in piccola parte da alberi di alto fusto e di ridotta estensione rispetto alla superficie complessiva, non dà luogo ad una innovazione vietata dall’art. 1120 cod. civ., non comportando tale destinazione alcun apprezzabile deterioramento del decoro architettonico, né alcuna significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune, ed anzi, da essa derivando una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini (ex plurimis, Cass 12/07/2011, n. 15319; Cass. 06/12/2016, n. 24960)”.
Ciò posto, “priva di riscontro risulta anche la ritenuta menomazione del diritto del singolo condomino alla fruizione dell’area verde nella sua consistenza originaria, diritto che esiste se ed in quanto la trasformazione di parte dell’area verde in parcheggio risulti Il limite fissato dall’art. 1120, ultimo comma, cod. civ. non si indentifica nel semplice disagio, ovvero nel minor godimento che l’innovazione procuri al singolo condomino rispetto a quella che, fino a quel momento, è stata la sua fruizione della cosa comune. La norma richiama infatti il concetto di inservibilità della cosa comune, concetto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, implica la concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità (Cass. 12/07/2011, n. 15308)”
Ricorda la Corte di Cassazione come i limiti al mutamento della destinazione d’uso dell’area comune possono discendere esclusivamente da un regolamento contrattuale o da una delibera adottata da tutti i condòmini, non riscontrabili nel caso di specie.
Conseguentemente il ricorso viene accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa sezione, per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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