Separazione: le voci di paese non valgono a fondare l’addebito

Redazione 13/05/13
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Anna Costagliola

La separazione non può essere addebitata al coniuge a cui voci di paese attribuiscono una relazione extraconiugale. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11008 del 9 maggio scorso in cui si ribadisce, ai fini dell’addebito, la necessità della certezza del tradimento e del fatto che questo abbia compromesso irrimediabilmente l’unione.

Con la pronuncia in oggetto i giudici di legittimità hanno ritenuto corretto e coerente il tessuto motivazionale della sentenza impugnata, il quale consente di ricostruire in modo completo l’iter logico-giuridico della decisione e di escluderne la censurabilità. In particolare, la Corte di merito aveva respinto una richiesta di addebito della separazione per violazione del dovere di fedeltà in ragione della particolare frequentazione intrattenuta dal coniuge con un collega e per l’ambiente nel quale la coppia viveva, una piccola cittadina di provincia dove circolavano pettegolezzi su detta frequentazione, come anche dimostrato da scritte di vernice spray sulle mura che chiaramente schernivano il coniuge «tradito». Secondo il giudice dell’appello gli elementi emergenti dall’istruttoria erano insufficienti ad acclarare l’effettiva sussistenza di una relazione extraconiugale né, a maggior ragione, il ruolo di causa efficiente in ordine al verificarsi dell’irreversibile crisi matrimoniale. Mancava, pertanto, la ravvisabilità di indizi gravi e concordanti in ordine a concreti comportamenti del coniuge intesi consapevolmente alla violazione del dovere di fedeltà né tali da ingenerare apparenze determinanti offesa alla dignità e all’onore del coniuge.  

Essendo inibito al giudice di legittimità il riesame degli apprezzamenti svolti dal giudice del merito in ordine alla valenza sul piano probatorio delle emergenze processuali, gli Ermellini si sono limitati a riconoscere come la Corte d’appello abbia esaminato analiticamente le deposizioni testimoniali acquisite, desumendone la inidoneità, anche per la non univocità ed obiettività, a confermare in modo incontrovertibile la relazione extraconiugale della moglie accusata con il suo amico. Non basta, infatti, uno stretto rapporto di amicizia e un’assidua frequentazione con una persona a dimostrare l’esistenza di una relazione extraconiugale e, quindi, a fondare l’accusa di infedeltà. Né, a tal fine, possono valere i pettegolezzi del piccolo centro, quand’anche questi sfocino in imbarazzanti scritte sui muri e lettere anonime all’altro coniuge.

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