Non è legittima la delibera che prevede l’installazione nel cavedio comune di un ascensore che limita fortemente il godimento di tale parte comune e riduce notevolmente l’afflusso di aria e luce nell’appartamento di un condomino

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Riferimenti normativi: art. 1120 c.c.; l. 9 gennaio 1989 n. 13

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 23076 del 26/9/2018; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21339 del 14/07/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4726 del 10/03/2016; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 16468 del 5/08/2015; T.A.R. Lazio 18 gennaio 2016, n. 442

La vicenda

Una condomina citava in giudizio il condominio chiedendo che fossero annullate o dichiarate nulle le delibere assembleari che avevano deliberato di installare un impianto di ascensore nel cavedio comune.

L’attrice notava che, secondo il progetto, il nuovo impianto avrebbe tolto aria e luce al suo appartamento, distando poco più di un metro dalle finestre del bagno e della cucina ed a poco più di 2 da quella della camera da letto; in ogni caso chiedeva anche il risarcimento dei danni.

Il condominio costituendosi, richiedeva di rispingere le domande.

La questione

Il rigoroso rispetto del principio di solidarietà può arrivare a consentire la realizzazione di un ascensore (in una parte comune) in posizione particolarmente ravvicinata rispetto all’appartamento di un condomino che subisce una notevole diminuzione di aria e luce?

La soluzione

Il Tribunale ha dato ragione alla condomina, notando che l’installazione di un ascensore con sacrificio dei diritti individuali anche di un solo condomino costituisce innovazione vietata e la relativa delibera è affetta da nullità.

Non è lecita, quindi, la decisione di realizzare un impianto ascensore che limiti fortemente il godimento del cavedio comune riducendo l’afflusso di aria e luce (funzione precipua del cortile) in danno di un condomino che inevitabilmente subisce una riduzione di valore dell’immobile.

In particolare, secondo il Tribunale, è nulla la delibera, la quale, ancorché adottata a maggioranza al fine indicato (nella specie, relativa all’installazione di un impianto di ascensore nell’interesse comune), sia lesiva dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva, e la relativa nullità è sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137, ultimo comma, c.c., potendo essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse, ivi compreso il condomino che abbia espresso voto favorevole.

Del resto, come nota lo stesso Tribunale, non è risultata possibile la realizzazione dell’impianto in una diversa posizione e non si è potuti giungere ad una soluzione condivisa.

In ogni caso è stata rigettata la domanda risarcitoria proposta dall’attrice, atteso che l’impianto non è stato realizzato e non si è, quindi, prodotto alcun pregiudizio a carico della condomina.

Le riflessioni conclusive

L’applicazione della disciplina sull’eliminazione delle barriere architettoniche è sempre stata oggetto di continue decisioni giurisprudenziali, spesso anche di legittimità.

Bisogna, però, rilevare che in passato la giurisprudenza era divisa in due orientamenti – uno favorevole all’applicazione estensiva della normativa di settore e l’altro, invece, propenso ad un’applicazione rigida dei vincoli da essa previsti riguardo alle deliberazioni assembleari approvate con la maggioranza agevolata.

La situazione nel tempo è andata gradualmente cambiando, soprattutto per l’importante sentenza della Corte Costituzionale n. 167 del 10 maggio 1999, che ha contribuito ad un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da dover essere assunti dall’intera collettività.

Di conseguenza si è cominciato ad affermare che il principio di solidarietà condominiale, che presuppone la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato, implica il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali si deve includere anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche (Cass., sez. II, 05/08/2015, n. 16468).

Il nuovo approccio antidiscriminatorio, pur se potrebbe consentire di superare alcuni limiti della tradizionale normativa anti-barriere, presuppone in ogni caso una valutazione sulla ragionevolezza del sacrificio imposto al resto dei condomini e quindi non consente di garantire una prevalenza assoluta e certa delle ragioni di chi chiede di intervenire sulle parti comuni in un condominio

Si deve considerare infatti che, l’installazione dell’ascensore costituisce innovazione che, ai sensi dell’art. 2 legge n. 13/89, è approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, secondo comma c.c.; tutto ciò ferma rimanendo la previsione del terzo comma del citato art. 2 legge n. 13/1989, che fa salvo il disposto degli artt. 1120 secondo comma (dopo la riforma diventato quarto comma)  e 1121 terzo comma c.c.

Dunque, le innovazioni dirette a eliminare barriere architettoniche, come appunto quelle che dispongano l’installazione di un ascensore, non derogano all’art. 1120, quarto comma c.c. (nuovo testo), ma solo alla maggioranza che diversamente è prescritta dall’art. 1136, quinto comma c.c., richiamato dal primo comma dell’art. 1120 c.c.

Tali principi trovano applicazione anche nell’ipotesi dell’installazione di un ascensore, ancorché volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative, ed ove l’installazione renda talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

Così l’installazione di un ascensore in un edificio multipiano se da un lato realizza un obiettivo di primaria importanza secondo gli attuali canoni giuridici e sociali, perché consente una migliore accessibilità agli appartamenti situati ai piani superiori, non può, nell’ottica dell’eliminazione delle barriere architettoniche dell’intero edificio, prevedere fermate ad un solo piano, né comportare una riduzione od una compressione rilevante dell’accessibilità agli altri appartamenti ed agli spazi comuni (T.A.R. Lazio 18 gennaio 2016, n. 442).

Infatti, sebbene l’innovazione sia diretta ad eliminare le barriere architettoniche, ai sensi dell’art. 2, comma 3 legge n.13/89, resta fermo quanto disposto dall’art.1120 c.c.  ultimo comma c.c., nella parte in cui vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio (ad esempio le scale), inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino, ovvero che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.

Tale situazioni posso ricorrere se le vibrazioni prodotte dal taglio delle scale, fossero capaci di aggravare eventuali fessure o punti di debolezza della muratura condominiale.

Allo stesso modo si deve parlare di innovazione vietata se la delibera assembleare prevede l’installazione dell’impianto in questione con drastica riduzione della larghezza delle scale ad una misura pericolosa sotto il profilo della sicurezza o comporta l’inutilizzabilità del pianerottolo da parte anche di un solo condomino (Cass., sez. II, 14/07/2017, n. 21339).

Così con pronuncia recente e su un caso assolutamente analogo a quello sopra visto (realizzazione nella comune corte interna dell’edificio di un ascensore che aveva ridotto la luce e l’aria dell’appartamento, posto al piano terra, della ricorrente e impedito a quest’ultima l’uso di una porzione rilevante della stessa corte) la Cassazione ha ribadito l’illegittimità dell’installazione in violazione dei diritti individuali dei condòmini (Cass., sez. II, 26/09/2018, n. 23076).

Allo stesso modo non è legittimo che il volume destinato a costituire la “gabbia” dell’ascensore pregiudichi la visuale da alcune delle finestre di taluni degli appartamenti facenti parte del caseggiato (Cass., sez. II, 10/03/2016, n. 4726).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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