Cosa implica la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove in materia di revisione

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(Ricorso rigettato)

Il fatto

La Corte di Appello di Salerno dichiarava inammissibile l’istanza con cui si chiedeva la revisione della sentenza con cui l’istante era stato condannato dal Tribunale di Crotone alle pene, principale ed accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale ascrittigli.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questa decisione veniva proposto ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi: 1) violazione di legge in quanto, secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva ritenuto erroneamente che, nel proporre l’istanza di revisione, il difensore fosse stato privo di procura speciale che, invece, era stata rilasciata dall’assistito in calce all’istanza di revisione; 2) violazione di legge in quanto le prove su cui il ricorrente avevano fondato la propria istanza di revisione, secondo la difesa, dovevano considerarsi prove nuove trattandosi di prove ammesse dal giudice procedente e non escusse per mancata citazione dei testimoni da parte dell’imputato, che non era mai stato edotto del procedimento a suo carico, dunque non per sua colpa, nonché palesemente idonee ad inficiare l’accertamento dei fatti posti alla base della sentenza di condanna.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso non veniva accolto nonostante la fondatezza del primo motivo di impugnazione atteso che, se non poteva non rilevarsi che, come eccepito dal ricorrente, dagli atti, consultabili in questa sede di legittimità, essendo stato dedotto un error in procedendo, emergeva come il ricorrente avesse conferito al suo legale, nello stesso atto con cui lo nominava difensore di fiducia, con firma debitamente autenticata dal difensore, procura speciale al fine, tra gli altri, di “proporre ogni tipo di impugnazione, anche ex art. 571, c.p.p., co. III, conferendogli sin da ora procura speciale in ogni stato e grado del procedimento compreso quello davanti agli organi di sorveglianza, nonché di rinunciare all’impugnazione ex art. 589, c.p.p., e di esercitare le facoltà e i poteri di cui all’art. 599, comma IV e 602, c.p.p., nonché procedimenti di revisione penale”.

Orbene, per la Suprema Corte, tale formula, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, pur nell’assenza di riferimenti specifici al “procedimento per il quale il potere di delega è stato speso”, non consentiva di nutrire dubbi sulla volontà da parte del ricorrente di attribuire al difensore di fiducia di potere di proporre istanza di revisione di sentenze di condanna penali pronunciate nei suoi confronti stante l’inequivoco significato dell’espressione “procedimenti di revisione penale” dato che, come affermato da un orientamento della giurisprudenza di legittimità ritenuto condivisibile nella pronuncia qui in commento, nei casi in cui nel giudizio penale sia prescritto che la parte stia in giudizio col ministero di difensore munito di procura speciale, il mandato, in virtù del generale principio di conservazione degli atti, deve considerarsi valido anche quando la volontà del mandante non sia trasfusa in rigorose formule sacramentali ovvero sia espressa in forma incompleta, potendo il tenore dei termini usati nella redazione della procura speciale e la sua collocazione escludere ogni incertezza, come nel caso in esame, in ordine all’effettiva portata della volontà della parte (cfr. Cass., Sez. 4, n. 3445 del 11/09/2019).

Precisato ciò, nel resto il ricorso proposto veniva considerato affetto da genericità atteso che, se è vero che in tema di revisione la prova nuova deve considerarsi tale anche quando, pur esistendo al tempo del giudizio, non sia stata portata a conoscenza del giudice, così come nuovi devono considerarsi quegli elementi di prova che, quantunque risultanti dagli atti, non furono conosciuti e valutati dal giudice per omessa deduzione delle parti ovvero per il mancato uso dei poteri d’ufficio (cfr. Cass., Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014), per cui, per la Cassazione, non poteva condividersi l’assunto della Corte territoriale secondo cui non rientravano nel novero delle prove nuove quelle, non ancora formate, perché rimesse “all’attività istruttoria richiesta al giudice” e all’esito “meramente ipotetico” della relativa acquisizione “e al suo sviluppo auspicato” (cfr. p. 2), è altrettanto vero però, secondo la Suprema Corte, che, alla luce dell’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, in tema di revisione la prova nuova è quella che, ex art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., da sola o unitamente a quelle già acquisite, sia idonea a ribaltare il giudizio di colpevolezza dell’imputato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018) rilevandosi contestualmente come al riguardo si sia opportunamente precisato che, in tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto nel senso che, sebbene ai limitati fini della formulazione di un giudizio astratto, le prove che si assumono nuove devono risultare idonee, nella comparazione con quelle già raccolte nel giudizio di cognizione, a ribaltare il costrutto accusatorio (cfr. Cass., Sez. 2, n. 15652 del 14/02/2019; Cass., Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014).

Sul punto, tuttavia, per gli Ermellini, il ricorso appariva essere del tutto carente in quanto, rispetto ai fatti contestati all’impugnante, non risultavano a loro avviso articolate le ragioni della rilevanza, nell’indicata prospettiva, delle prove non acquisite, nel raffronto con quelle già raccolte nel giudizio di cognizione.

Inammissibile, infine, appariva essere per la Corte di legittimità il terzo motivo di ricorso in quanto, da un lato, si trattava, secondo il Supremo Consesso, di un motivo nuovo che, pertanto, ai sensi dell’art. 611, co. 1, c.p.p., andava presentato fino a quindici giorni prima dell’udienza, dall’altro, si trattava di un rilievo del tutto apodittico e manifestamente infondato posto che, in tema di revisione, la sospensione dell’esecuzione della pena prevista dall’art. 635, c.p.p. è un istituto di carattere eccezionale poiché deroga al principio di obbligatorietà dell’esecuzione e presuppone l’esistenza di situazioni in cui appaia verosimile l’accoglimento della domanda e la conseguente revoca della condanna, non essendo a tal fine sufficiente la positiva delibazione sull’ammissibilità dell’istanza (cfr. Cass., Sez. 1, n. 35873 del 27/11/2020).

Orbene, tale giudizio prognostico, per i giudici di piazza Cavour, nel caso in esame, non era stato possibile effettuare proprio per la mancanza di ogni riferimento da parte del condannato alla rilevanza delle “prove nuove” non acquisite e ciò a prescindere dalla circostanza che il ricorrente non avesse nemmeno rappresentato di avere proposto la relativa istanza alla Corte di Appello investita solo della richiesta di revisione.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante specialmente nella parte in cui è chiarito cosa implica la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove.

Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, si afferma per l’appunto che, in tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto nel senso che, sebbene ai limitati fini della formulazione di un giudizio astratto, le prove che si assumono nuove devono risultare idonee, nella comparazione con quelle già raccolte nel giudizio di cognizione, a ribaltare il costrutto accusatorio.

Tale pronuncia, quindi, può essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se siffatta valutazione preliminare sia correttamente eseguita.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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