Le sanzioni CONSOB sull’offerta al pubblico di titoli non hanno natura punitiva

La Cassazione conferma: le sanzioni CONSOB ex art. 94 TUF sono amministrative, non punitive, e non richiedono le garanzie penali CEDU.

Redazione 29/10/25
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Con l’ordinanza n. 28122 del 22 ottobre 2025, la Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema della natura delle sanzioni amministrative irrogate dalla CONSOB per violazioni dell’art. 94 del Testo Unico della Finanza (TUF), escludendo che tali misure possano essere considerate “sostanzialmente penali”. La decisione ribadisce un principio ormai consolidato nel diritto interno ed europeo, chiarendo i limiti entro i quali può operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) e riaffermando la natura regolatoria, e non repressiva, del potere sanzionatorio dell’Autorità di vigilanza. Per approfondimenti sulla Corte, abbiamo pubblicato il volume I ricorsi alla corte europea dei diritti dell’uomo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

Corte di Cassazione -sez. II civ.- ordinanza n. 28122 del 22-10-2025

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Il caso: omissione informativa nei prospetti di offerta


L’ordinanza trae origine dall’opposizione proposta da un ex componente del consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza, destinatario di una sanzione pecuniaria di 10.000 euro inflitta dalla CONSOB. L’Autorità aveva rilevato un’omissione informativa nei prospetti di base relativi alle offerte obbligazionarie degli anni 2014 e 2015, in particolare riguardo ai cosiddetti finanziamenti correlati, ossia i prestiti concessi ai soci per l’acquisto di azioni della banca stessa.
La Corte d’appello aveva confermato la sanzione, ritenendo sussistente la colpa dell’amministratore anche in assenza di specifiche deleghe operative, poiché l’obbligo di vigilanza e di corretta informazione grava su tutti i membri del consiglio di amministrazione. Nel ricorso per cassazione, l’interessato aveva chiesto, oltre alla riforma della sentenza, che la Suprema Corte disponesse un rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell’art. 267 TFUE, per verificare la compatibilità del sistema sanzionatorio CONSOB con l’art. 6 della CEDU e con l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, richiamando i principi dell’equo processo e della buona amministrazione. Per approfondimenti sulla Corte, abbiamo pubblicato il volume I ricorsi alla corte europea dei diritti dell’uomo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

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Andrea Sirotti Gaudenzi | Maggioli Editore

2. Il principio del “diritto chiarito” e l’esclusione del rinvio pregiudiziale


La Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di rinvio, applicando il principio del diritto chiarito (acte éclairé) e del diritto chiaro (acte clair), come delineato dalla giurisprudenza europea a partire dalle sentenze Cilfit (C-283/81) e Consorzio Italian Management (C-561/19). Il giudice di ultima istanza è dispensato dal rinvio quando la questione sia irrilevante, già risolta dalla Corte di Giustizia o quando la disposizione di diritto europeo sia di interpretazione univoca.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha osservato che la natura non punitiva delle sanzioni previste dall’art. 94 TUF è stata più volte chiarita sia dalla giurisprudenza nazionale che da quella europea. Tali sanzioni, infatti, non mirano a reprimere comportamenti dannosi o fraudolenti, ma a garantire la trasparenza informativa del mercato finanziario e la tutela degli investitori. L’assenza di finalità afflittiva o deterrente esclude, dunque, che si tratti di misure “sostanzialmente penali”, come invece accade per altre sanzioni CONSOB in materia di abuso di informazioni privilegiate o manipolazione del mercato.

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3. Sanzioni amministrative e sanzioni “penali”: la distinzione sostanziale


La Corte di Cassazione ha ribadito che la distinzione tra sanzioni amministrative e penali non si fonda unicamente sulla qualificazione formale data dal legislatore, ma sulla loro funzione sostanziale. In questo senso, le sanzioni di cui all’art. 94 TUF perseguono finalità preventive e regolatorie, volte a garantire la correttezza e la completezza dei prospetti informativi destinati al pubblico. La loro entità economica è limitata e non incide su diritti fondamentali della persona, motivo per cui non si applicano le garanzie del diritto penale sostanziale e processuale previste dall’art. 6 CEDU.
Diversamente, le sanzioni per insider trading o market abuse, caratterizzate da importi elevati e finalità deterrente, sono considerate “sostanzialmente penali” e richiedono l’applicazione delle garanzie proprie dei procedimenti penali, come riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei casi Grande Stevens e Menarini Diagnostics.

4. Ragioni e conseguenze della decisione


La Corte ha richiamato numerosi precedenti conformi (Cass. nn. 12031/2022, 4524/2021, 24850/2019, 17209/2020), affermando che il rinvio pregiudiziale non può essere utilizzato per rimettere in discussione orientamenti consolidati o per ottenere una revisione indiretta del diritto vivente nazionale. La funzione del rinvio ex art. 267 TFUE è cooperativa e non correttiva: esso serve ad assicurare l’uniformità interpretativa del diritto dell’Unione, non a rivedere interpretazioni ormai stabili.
Sul piano pratico, l’ordinanza conferma che le sanzioni per violazioni informative non attivano le garanzie proprie dei procedimenti penali e che i ricorsi fondati sull’art. 6 CEDU o sull’art. 41 della Carta UE non sono idonei a fondare un rinvio pregiudiziale. La distinzione tra illeciti regolamentari e illeciti punitivi, così riaffermata, garantisce coerenza sistemica e prevedibilità nell’applicazione delle norme in materia di vigilanza finanziaria.

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