Sanatoria edilizia e nuove previsioni paesaggistiche (Tar Salerno n. 911/2016).

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Il T.a.r. Campania, Salerno, è adito per l’annullamento del parere negativo al condono edilizio, espresso dal competente Ente Parco, nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto della parte ricorrente a conservare l’opera e l’obbligo del Comune, rimosso l’illegittimo parere negativo dell’Ente Parco, al rilascio del titolo edilizio in sanatoria.

In particolare, parte ricorrente ha impugnato l’atto con il quale l’Ente Parco Nazionale ha espresso parere negativo all’istanza di condono edilizio di un piano seminterrato evidenziando il contrasto con il comma 3, art. 8 delle Norme Attuative del Piano e con l’art. 12, comma 2, lett. b) della Legge n. 394/91, in quanto: “intervento edilizio eccedente quanto previsto alle lettere a), b) e c), di cui al comma 1 dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 […] nuova opera edilizia con ampliamento della costruzione esistente”.

Parte ricorrente, evidenziata la sopravvenienza del vincolo rispetto alle opere de quibus, ha dedotto, a sostegno del gravame, sotto distinti e concorrenti profili, i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere.

In sintesi, con i primi tre motivi di gravame si è sostenuto che l’Ente Parco avrebbe attribuito rilievo ostativo assoluto alle disposizioni vincolistiche conseguenti alla destinazione a Parco dell’area in cui si colloca l’intervento senza curarsi del fatto che queste sono successiva alla realizzazione delle opere, siccome risalenti al 1978 ed oggetto di domanda di sanatoria del 1986.

Ha osservato in sentenza l’adito Collegio giudicante come la specialità della normativa sul condono edilizio, attesa la sua natura derogatoria ed eccezionale, ne impone una lettura di stretta interpretazione.

La giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di affermare che qualora la domanda di concessione in sanatoria riguardi un immobile edificato prima della imposizione del vincolo, la disciplina applicabile è sempre e comunque quella di cui all’art. 32 Legge. n. 47 del 1985 e l’opera diventa sanabile ove intervenga il parere favorevole della autorità preposta alla gestione del vincolo.

Invero, la disposizione di portata generale di cui all’art. 32, comma 1, Legge n. 47 cit., nella parte in cui subordina al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo il rilascio della concessione in sanatoria, deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia da parte dell’organo tutorio si radica in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca dell’introduzione del vincolo. Quanto all’art. 33 della medesima Legge, che prevede la non sanabilità degli abusi commessi in spregio di un vincolo di inedificabilità assoluta già vigente al momento dell’attività edificatoria, la disposizione non può essere caricata di un significato che non ha: è difficile, infatti, considerare del tutto inesistente un vincolo di inedificabilità totale per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione e ritenere, pertanto, che l’abuso commesso sia senz’altro sanabile.

Un giusto raccordo tra gli articoli in esame comporta che la fattispecie, siccome non specificamente disciplinata dall’art. 33, ricada nella previsione di carattere generale contenute nel comma 1 dell’art. 32.

Orbene, ciò comporta che, nel compiere il giudizio di compatibilità, l’amministrazione non può non tener conto delle prescrizioni recate dal vincolo stesso, così come accade nel caso di vincolo relativo sopravvenuto, con l’effetto, quindi, di poter ritenere non sanabile il manufatto quando contrasti con le prescrizioni recate dal vincolo stesso.

Ha affermato la giurisprudenza (T.a.r. Lazio, II, 4 febbraio 2011, n. 1044): << si deve osservare in primo luogo che, qualora ricorra un vincolo assoluto, ancorché successivo, l’Amministrazione può, e deve, accertare la compatibilità del manufatto con il contesto ambientale con riferimento al momento in cui viene esaminata la domanda di sanatoria (Cons. Stato Sez. V 22/12/94 n. 1574; Cons. Stato A.P. 22/7/99 n. 20; Cons. Stato Sez. VI 22/8/03 n. 4765; ecc.). Nel caso di assoluta di inedificabilità, il relativo vincolo non potrebbe considerarsi del tutto inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione, dovendo applicarsi in questi casi lo stesso regime indicato nella previsione generale di cui all’art. 32 comma 1 della L. 47/85, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere sottoposte a vincolo, al parere favorevole dell’autorità preposta alla sua tutela (cfr. Cons. Stato A.P. n. 20/99).

Ciò comporta che, nel compiere il giudizio di compatibilità, l’Amministrazione non può non tener conto delle prescrizioni recate dal vincolo stesso, così come accade nel caso di vincolo relativo sopravvenuto (Cons. Stato Sez. V 7/10/03 n. 5918), con l’effetto, quindi, di poter ritenere non sanabile il manufatto quando contrasti con le prescrizioni recate dal vincolo stesso (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 novembre 2008, n. 10460).

Ai sensi dell’art. 32, primo co., 28 febbraio 1985, n. 47 per le opere costruite su aree sottoposte a vincolo ”… il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. …”.

Per questo è dunque evidente il valore prioritario della verifica della compatibilità dell’opera rispetto al vincolo, con la conseguenza che il parere della Soprintendenza è pregiudiziale ad ogni altra valutazione poiché, se sfavorevole, rende impossibile la sanatoria dell’opera (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 29 maggio 2006, n. 3216)>>.

Si è poi sottolineato così in sentenza come il Supremo Collegio (Sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 231) abbia ritenuto che “L’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico chiamata ad esprimersi nell’ambito di un procedimento di sanatoria edilizia non può prescindere dal considerare che le prescrizioni di tutela sono sopraggiunte alla realizzazione dell’intervento edilizio; la motivazione di un eventuale diniego, pertanto, non può fare perno esclusivamente sulla contrarietà dell’intervento edilizio realizzato rispetto alle nuove previsioni paesaggistiche”.

Tale principio, compendiato nella citata massima, è stato affermato dai Giudici di Palazzo Spada con riferimento ad una istanza di condono edilizio, rilevando che “il diniego dell’Ente parco non avrebbe potuto far perno esclusivamente sulla contrarietà dell’intervento edilizio realizzato rispetto alle nuove previsioni del piano del parco, che evidentemente hanno valenza vincolante pro futuro senza incidere, in senso draconianamente ostativo, in ordine alle costruzioni già realizzate e già oggetto di domanda di sanatoria straordinaria. Sotto tale profilo, appare apprezzabile e meritevole di accoglimento il motivo di ricorso di primo grado che ha stigmatizzato il carattere irragionevole ed insufficiente della motivazione addotta dall’Ente parco, esclusivamente su tale questione, a sostegno del diniego di nulla – osta”.

D’altra parte, anche nella legge fondamentale sul condono edilizio (Legge n. 47 del 1985 cit.), il vincolo paesistico implicante inedificabilità dell’area (art. 33, comma 1 lett. a) in tanto è ostativo al rilascio del titolo in sanatoria in quanto sia preesistente all’intervento edilizio, con ciò restando dimostrata per tabulas l’irragionevolezza del rilievo formale del sopravvenuto regime di inedificabilità dell’area quale limite insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati.

Di tale principio l’adito Tar Salerno ha fatto applicazione per la soluzione della questione sottoposta al suo giudizio, in quanto l’Ente Parco ha articolato un quadro motivazionale che si connota per il semplice richiamo della disciplina vincolistica, in assenza di ogni riferimento alle caratteristiche dell’intervento secondo la loro natura e consistenza.

In altre parole, il parere in questione si limita ad un mero riscontro con le previsioni del piano del parco e non contiene una valutazione specifica dell’attuale ed effettiva compatibilità dell’intervento. Alla luce di tale argomentazione secondo il G.A. di Salerno è fondata la censura di difetto motivazionale con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

 

Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

Cassano Giuseppe

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