Licenziamento per ritardi sull’orario di lavoro: quando è lecito?

La Corte di Cassazione afferma che è legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, ripetutamente, si è recato a lavoro in ritardo.

Allegati

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28929 dell’11.11.2024, afferma che è legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, ripetutamente, si è recato a lavoro in ritardo. Per approfondire la materia del lavoro subordinato, si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato

Corte di Cassazione -sez. L- ordinanza n. 28929 dell’11-11-2024

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Indice

1. Il fatto: il licenziamento per ritardo


Il lavoratore impugna il licenziamento irrogatogli per il mancato rispetto dell’orario di lavoro nei giorni 4, 12 e 24 dicembre 2018, ritenendolo illegittimo in quanto sproporzionato alla violazione commessa; il datore di lavoro aveva già in precedenza ammonito il lavoratore per altri precedenti ritardi, non procedendo dapprima al licenziamento ma a sanzioni conservative. Per approfondire la materia del lavoro subordinato, si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato

FORMATO CARTACEO

Il lavoro subordinato

Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni). L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno. L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella). Vincenzo FerranteUniversità Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);Mirko AltimariUniversità Cattolica di Milano;Silvia BertoccoUniversità di Padova;Laura CalafàUniversità di Verona;Matteo CortiUniversità Cattolica di Milano;Ombretta DessìUniversità di Cagliari;Maria Giovanna GrecoUniversità di Parma;Francesca MalzaniUniversità di Brescia;Marco NovellaUniversità di Genova;Fabio PantanoUniversità di Parma;Roberto PettinelliUniversità del Piemonte orientale;Flavio Vincenzo PonteUniversità della Calabria;Fabio RavelliUniversità di Brescia;Nicolò RossiAvvocato in Novara;Alessandra SartoriUniversità degli studi di Milano;Claudio SerraAvvocato in Torino.

 

A cura di Vincenzo Ferrante | Maggioli Editore 2023

2. La decisione della Corte


La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo legittimo il recesso anche alla luce della recidiva in relazione alle tre sanzioni disciplinari conservative precedentemente irrogate al ricorrente.
 La Cassazione rileva che la circostanza che il dipendente perseveri, in più occasioni, nel non rispettare il proprio orario di lavoro legittima il recesso datoriale; infatti, detta condotta dimostra l’inaffidabilità del lavoratore e la totale noncuranza del medesimo rispetto alle disposizioni ricevute, essendosi il lavoratore dimostrato totalmente inaffidabile e noncurante delle precedenti ammonizioni.
Secondo i Giudici di legittimità, nel caso di specie, la condotta è ancora più grave, perché il lavoratore non ha preso in considerazione neppure i precedenti provvedimenti disciplinari, che per lui avrebbero dovuto costituire un’ammonizione a tenere comportamenti più corretti nel futuro.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal dipendente, confermando la legittimità dell’impugnato licenziamento.

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3. Conclusioni


Il licenziamento come conseguenza del ritardo nell’ingresso sul posto di lavoro, a prima vista potrebbe sembrare una sanzione non proporzionata alla violazione commessa.
Tuttavia, in presenza di determinate circostanze, il ritardo potrebbe comportare la perdita del lavoro.
Infatti, la puntualità è considerata una delle qualità fondamentali in un contesto lavorativo, e i ritardi frequenti possono avere un impatto significativo sull’organizzazione e sulla produttività aziendale e devono pertanto essere valutati alla luce di determinati criteri quali:
a) la frequenza e la gravità dei ritardi: è necessario valutare se gli stessi sono sporadici o se si tratta di un comportamento abituale: un singolo ritardo potrebbe non giustificare un licenziamento, mentre ritardi ripetuti, specialmente se non giustificati, possono costituirne un valido motivo;
b) le cause oggettive del ritardo: il ritardo sul lavoro può essere punito solo se è ingiustificato, cioè se non è causato da motivi validi e comprovati quali ad esempio:

  • forza maggiore: eventi imprevedibili e inevitabili come un incidente stradale o un guasto improvviso al mezzo di trasporto;
  • sciopero dei mezzi pubblici se non preannunciato e il lavoratore dipende da questi per recarsi al lavoro;
  • grave problema di salute che impedisce di raggiungere puntualmente il posto di lavoro;

In tutti queste ipotesi, tuttavia, il dipendente è tenuto a comunicare immediatamente al datore il proprio ritardo; la violazione di tale obbligo è punibile anche se in presenza di una giusta causa.
c) politiche aziendali: Le politiche interne dell’azienda riguardanti la puntualità e le assenze devono essere chiare e comunicate a tutti i dipendenti. Se esistono procedure disciplinari, queste devono essere seguite prima di procedere con un licenziamento.
La puntualità è un dovere fondamentale del lavoratore, desumibile dai generali doveri di diligenza, correttezza e buona fede che devono improntare la prestazione del dipendente.
 Dunque, quando un ritardo può giustificare un provvedimento disciplinare, fino ad arrivare al licenziamento?La legge non prevede una risposta univoca e la valutazione va fatta caso per caso, considerando la gravità del ritardo, le sue cause, la frequenza, le mansioni assegnate al dipendente e le esigenze specifiche del contesto lavorativo. 
In conclusione, dunque:

  • il ritardo occasionale e di breve durata non giustifica il licenziamento;
  • il licenziamento è legittimo solo in caso di ritardi gravi e reiterati, che dimostrano una grave negligenza o scarso interesse del dipendente per il proprio lavoro;
  • il contesto lavorativo e le mansioni svolte dal lavoratore sono rilevanti nella valutazione della gravità del ritardo: ad esempio, un ritardo di pochi minuti può essere più grave per un chirurgo rispetto a un impiegato amministrativo;
  • il datore di lavoro deve graduare le sanzioni partendo da quelle più lievi (richiamo verbale) e arrivando al licenziamento solo nei casi più gravi ed alla luce dei criteri sopra descritti.

Gianluca Contartese

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